C’è l’ombra della ‘Ndrangheta nel caso di Dania Mondini, la giornalista del Tg1 che era stata messa in una stanza con un collega poco attento all’igiene personale e che non riusciva a trattenere flatulenze e rutti.
Finora, però, si conosce il nome della vittima, il reato (stalking) sul quale sta indagando la Procura generale (che ha avocato a sé la richiesta di archiviazione della Procura di Roma che ipotizzava il solo reato di mobbing, di competenza del tribunale civile), i nomi degli indagati (Filippo Gaudenzi, Marco Betello, Piero Damosso, Andrea Montanari e Costanza Crescimbeni, iscritti nel registro degli indagati per atti persecutori), ma non l’identità del “colpevole” che aveva reso la vita impossibile alla giornalista antimafia.
Le intercettazioni tra il giornalista e l’avvocato della ‘Ndrangheta
A lui, però, si può facilmente risalire, andando a scavare negli archivi dei giornali locali calabresi. I fatti verificatisi in Rai risalgono al 2018. Proprio in quell’anno il giornale online Il dispaccio pubblica le intercettazioni del “Giornalista Rai che chiede la raccomandazione a Paolo Romeo”. Ex deputato, Romeo, è stato condannato in via definitiva nel 2004 per concorso esterno in associazione mafiosa e lo scorso anno condannato in primo grado a 25 anni di reclusione nel processo “Gotha”, relativo agli intrecci tra i vertici delle cosche reggine e la massoneria.
L’avvocato ha gestito anche la latitanza di Franco Freda
Scriveva Alessia Candito su Repubblica del 28 marzo 2021: «Dopo averlo negato per quasi quarant’anni, l’avvocato Paolo Romeo, ex deputato del Psdi, già condannato per concorso esterno e oggi imputato come uno dei massimi vertici della ‘ndrangheta conosciuta, lo ha ammesso: è stato lui a gestire la latitanza del terrorista nero Franco Freda. E non da solo. “Quando io e il senatore Meduri (ex Msi ndr) abbiamo acconsentito a una richiesta di questo genere ci rendevamo conto di compiere una forzatura, una illegalità” ha detto in aula, al processo che lo vede imputato come elemento della direzione strategica della ‘Ndrangheta. Per Romeo, coprire la fuga del leader dell’eversione nera, all’epoca già imputato per la strage di piazza Fontana e sospettato di aver firmato attentati in tutta Italia, era “un gesto politico”. L’idea – ha detto in aula al processo Gotha – era “che Freda volesse sottrarsi ad un giudizio di un sistema che lo perseguitava».
L’identikit del petomane
Il giornalista, di cui indicheremo solo le iniziali, F. V., classe 1960, è in Rai dal 1990. Ha cominciato la carriera come redattore al TGR Calabria. Giornalista professionista, nonostante viva e lavori a Roma, è ancora iscritto all’Ordine professionale della sua regione di origine.
Al telefono con lo ‘ndranghetista per farsi raccomandare
Nel 2011 F. V. è al telefono con Paolo Romeo, scrive Claudio Cordova, il bravo e coraggioso direttore del Dispaccio, che pubblica ampi stralci delle intercettazioni della Dia, «al quale si rivolge in quanto lamenta una scarsa considerazione all’interno della redazione del TG2 dove presta servizio.
L’amicizia tra lo ‘ndraghestista e il componente del Cda Rai
V. va sul sicuro con il Romeo in quanto è a conoscenza della sua amicizia con Guglielmo Rositani, politico italiano componente del consiglio di amministrazione della RAI ed all’epoca dei fatti – siamo nel 2011 – Sindaco del comune di Varapodio, attraverso il quale V. spera di ottenere qualche “chance” in più, una promozione raccontando al Romeo le varie dinamiche all’interno delle testate giornalistiche della RAI».
Diverse e lunghe le conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate tra V. e l’avvocato Romeo che rendono l’idea della fiducia nutrita dal giornalista sulle possibili intercessioni da parte del Romeo per il prosieguo della sua attività lavorativa all’interno delle testate giornalistiche Rai.