Ci sono riusciti i “tecnici” e le forze della larga, larghissima, maggioranza a consegnare un capitale politico immenso in mano a Fratelli d’Italia, unica forza di opposizione. Il Recovery Plan che ha preso definitivamente forma fra venerdì e domenica – con una mezza dozzina di bozze differenti circolate fra addetti ai lavori e redazioni (ma non doveva essere tenuto segreto? Con Draghi, Colao e Cingolani a lavorarci in piena notte?) – regala al partito di Giorgia Meloni una straordinaria opportunità. Il Piano di ripresa italiano che il 30 aprile approda a Bruxelles è uno strano animale infatti: a metà fra un “libro dei sogni” ambientalista-digitale e un prontuario della “grandi opere”, alcune delle quali nell’agenda politica da 30 anni senza mai essere realizzate.
Di cose che interessano alle persone normali (la famosa “gente” con tante “g”, che susciterà pure il fastidio di qualcuno ma a votare ci va e a lavorare pure, quando può) non c’è quasi niente. Poco o nulla sul lavoro. Con la discussione sul salario minimo che viene rimandata a data da destinarsi, dentro al capitolo “riforme da realizzare non dentro al Piano ma come accompagnamento del Piano”. Quali? Il salario minimo – appunto; la riforma dell’Irpef e magari anche quella fiscale tout court; quota 100 e una nuova riforma delle pensioni; il welfare e gli ammortizzatori sociali universali. E via dicendo. “Vaste programme” direbbe qualcuno mutuando dal francese.
Recovery plan, se il lavoro è trascurato la sanità ancora di più
La sanità? Meglio non parlarne. È il capitolo più sottofinanziato delle sei missioni contenute nel Recovery Plan italiano. Non male dopo una pandemia. Il confronto con gli altri Paesi, che pure prenderanno – forse – molti meno soldi della penisola, è impetuoso. Certo, il governo Draghi già spiega che anche costruire una ferrovia al posto di un’autostrada aiuta a respirare aria più pulita e stare meglio a livello di salute. Può essere. Ma intanto nel Recovery ci sono sia ferrovie che autostrade, ma soprattutto quello che sarebbe stato interessante capire è quante terapie intensive avremo in più fra cinque anni e quanti infermieri assunti con la funzione di svolgere la prima assistenza a domicilio.
Del resto anche il ministro Roberto Cingolani ha una ricetta per “vivere meglio” senza sporcare il pianeta e quindi ammalarsi: intervistato da Corrado Formigli giovedì scorso su La7, ha spiegato agli ascoltatori che non bisogna inviare gli allegati pdf via mail perchè inquinano di più dei link.
Recovery plan, nessuna risposta su “casa” e politiche abitative
Cambiando capitolo: il piano italiano per come è stato scritto non prevede nulla per la “casa” e le politiche abitative, come raccontato da True-News. Il consiglio dei ministri ha quindi deciso che alcune domande non meritano una risposta. Per esempio: perché un 30enne che lavora non può comprare casa con le proprie forze e deve appoggiarsi, nel caso, a patrimoni e redditi della famiglia di provenienza anche solo per accendere un mutuo? Perché a Milano, a Bologna o a Firenze chi vive in affitto spende il 40-50% del suo reddito per un monolocale? Perché 50mila famiglie e 150mila persone l’anno subiscono una sentenza di sfratto che, per fortuna, non viene eseguita quasi mai, in modo tale che l’inefficienza italiana diventi di fatto una forma di Stato sociale? Con 220 miliardi di euro si poteva provare a dare una risposta. Non è stato fatto. E nemmeno una voce tra i politici di maggioranza si sta levando in questi giorni in Parlamento. Né nella Lega, né dai Cinque Stelle, né tantomeno in Leu o Sinistra Italiana.
Chi ha preso invece la parola? Fratelli d’Italia. Attaccando forte. E riuscendo nell’impresa di essere allo stesso tempo a favore degli sfrattati e dei più poveri, ma anche dei proprietari di seconde-terze-quarte case che nel corso della pandemia hanno subito il blocco degli sfratti rimettendoci soldi di tasca loro. “Ancora una volta si dimostra che il tema della casa, in tutte le sue sfaccettature, non è minimamente considerato da questo governo, nemmeno nel Pnrr” dice a True-News l’onorevole Marco Osnato, deputato lombardo di Fratelli d’Italia e responsabile nazionale delle politiche per la Casa nel partito di Giorgia Meloni. “Di circa 200 miliardi di euro poco meno di 500 milioni sono dedicati al tema della casa, viene ridotto il superbonus e ancora non c’è un piano organico di ampliamento dell’edilizia sociale e popolare” dichiara.
Recovery Plan, Fratelli d’Italia all’attacco
“Non sappiamo nemmeno se il governo deciderà di togliere l’Imu agli alloggi di edilizia sociale che grava pesantemente sui bilanci degli enti gestori” commenta l’onorevole facendo riferimento alla norma, al limite del demenziale, per cui le case popolari pagano l’Imu ai Comuni. Cosa che accade in un Paese dove per anni è stata una battaglia politica largamente condivisa l’abolizione dell’Ici su prime (e anche seconde) case. “Temiamo che le centinaia di migliaia di famiglie che ancora sono presenti nelle liste di attesa delle assegnazioni dei comuni italiani non avranno le risposte che meritano” continua il deputato di FdI.
Quindi è favorevole a mantenere il blocco degli sfratti? “No. Perché ‘Fratelli d’Italia crede che la proprietà edilizia non sia un reato, ma è un vantaggio per la comunità. Arrivano attacchi continui alla proprietà immobiliare dall’Europa con tassazioni inique nei confronti del mattone. La proprietà edilizia ha permesso all’Italia di restare in piedi in tanti momenti di difficoltà e questo forse dà fastidio ad ambienti finanziari ed economici nazionali e internazionali. La proprietà immobiliare va difesa. Il blocco degli sfratti è stata un’emergenza nel periodo della pandemia, ma non può diventare la normalità. Oggi va terminato. Se c’è una necessità di welfare le istituzioni debbono avere strumenti diversi da utilizzare beni privati che debbono produrre un legittimo reddito”. Per esempio quali? “Il mio partito s’impegnerà ancora una volta affinché la casa, anche come edilizia popolare, sia al centro delle politiche di Welfare del governo”.
In politica quasi tutti dicono che è “più facile stare all’opposizione” come fa Fratelli d’Italia. Forse è vero – anche se mancano poltrone e prebende all’opposizione. È ancora più facile per Giorgia Meloni e compagni con le praterie che gli lasciano le altre forze parlamentari.