Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il reddito di cittadinanza potrebbe aver contribuito a placare i problemi di sicurezza nelle periferie più disagiate del nostro Paese. Il rischio è che, con lo stop alla misura approvata oramai quattro anni fa, l’apparente “pax sociale” nei quartieri più poveri potrebbe essere messa in discussione.
Borgo Nuovo è uno dei quartieri più difficili di Palermo. Costruito negli anni del boom edilizio successivo alla seconda guerra mondiale, in quest’area, dove il capoluogo siciliano si è ingrandito uscendo fuori dai suoi tradizionali confini, hanno trovato rifugio e case molte famiglie che abitavano nel centro storico. Così come molti provenienti dai paesi della provincia. Con il tempo Borgo Nuovo si è trasformato in un quartiere popolare, dove non mancano problematiche legate al degrado e alla mancanza di lavoro.
Le dinamiche interne a questo piccolo cosmo palermitano potrebbero spiegare ansie e timori a livello nazionale riguardo il reddito di cittadinanza. O, per meglio dire, riguardo la fine del reddito di cittadinanza. Il perché lo ha spiegato un poliziotto che ben conosce il contesto di Palermo: “In tanti in questi anni – ha dichiarato – sono rimasti quieti perché temevano di perdere il reddito. Adesso, non so cosa potrà accadere. Alcuni ammettono candidamente che, senza reddito, potrebbero tornare a rubare”.
Il reddito garanzia della “pax sociale” nei quartieri più difficili
L’agente, che ha voluto mantenere l’anonimato, ha parlato della percezione della micro criminalità in questi anni in Sicilia. “A Borgo Nuovo rispetto a due decenni fa la situazione è migliorata – dichiara – c’è indubbiamente una maggiore sicurezza. Ma ci sono anche alcune sacche di degrado e questo ha reso difficile estirpare completamente la criminalità”.
Ci sono così famiglie povere, con all’interno soggetti dediti a reati minori e in grado di incidere sulla percezione della sicurezza. Furti di rame, furti in appartamento, ricettazione e altri reati tipici di una criminalità sì spicciola ma comunque sempre allarmante. “Conosciamo ovviamente i soggetti sospettati per questi reati – ha sottolineato il poliziotto – o che in passato hanno avuto piccoli precedenti. In questi anni molti di loro sono stati attenti a non commettere azioni illegali. Credo proprio che la spettro di una sospensione del reddito di cittadinanza in caso di reati abbia giocato un ruolo importante”.
È come se molti hanno preferito usare una “strategia conservativa”: meglio conservare l’introito certo garantito dal reddito di cittadinanza piuttosto che tenere vecchi comportamenti illeciti. Un ragionamento sia economico che di mera opportunità. E che dimostra, tra le altre cose, che in migliaia eviterebbero di vivere di espedienti se avessero entrate diverse da quelle illecite.
Ad ogni modo, molte periferie come quelle di Borgo Nuovo sono rimaste più tranquille. “Almeno – ha proseguito il poliziotto – è questa la nostra percezione. In molti rioni abbiamo assistito a una sorta di tacito patto sociale tra Stato e famiglie meno abbienti: soldi in cambio di tranquillità e comportamenti meno pericolosi per la sicurezza”.
I dati sulla criminalità negli ultimi anni
Borgo Nuovo, come detto, è solo un esempio. Situazioni simili sono riscontrabili e rintracciabili anche in altri quartieri di periferia di Palermo, della Sicilia e dell’intera penisola. La domanda in tal senso sorge spontanea: quella indicata dal poliziotto è solo una percezione oppure corrisponde a una situazione reale? Per davvero cioè il reddito di cittadinanza potrebbe aver tenuto a freno la criminalità nelle periferie?
I dati sembrano confermare parzialmente la ricostruzione dell’agente. Il reddito di cittadinanza è entrato in vigore nel 2019, quando è stato approvato dal governo Conte I. Quello cioè formato dall’alleanza tra Movimento Cinque Stelle e Lega. I numeri dell’Istat rivelano un costante calo di reati nel nostro Paese. In particolare, si è passati dai 2.429.795 reati rilevati nel nostro Paese nel 2017, ai 2.104.114 del 2021. In mezzo anche una discesa sotto i due milioni registrata nel 2020, anno però dove i lockdown generati dall’emergenza Covid sono i veri responsabili della diminuzione degli illeciti.
Il più generale ridimensionamento del numero dei reati in Italia è comunque figlio di una tendenza a lungo termine, iniziata almeno più di un decennio fa. Così come sottolineato in un articolo del dicembre 2019 del Sole24Ore, i reati risultano costantemente in calo lungo tutta la penisola a partire dal 2007. Dunque, in poche parole, l’incidenza del reddito di cittadinanza è tutta da verificare. La misura approvata quattro anni fa potrebbe aver contribuito forse a dar manforte a una tendenza già da tempo in atto.
I timori per le periferie
Nel sud Italia, macroarea del nostro Paese che dal 2019 ha usufruito in maniera maggiore del reddito di cittadinanza, il numero di reati è calato dai 479.964 del 2018 ai 436.363 del 2021. Nelle isole si è passati invece dai 215.003 del 2018 ai 194.152 del 2021. Rimanendo nel mezzogiorno, interessante il dato della Campania, dove dal 2018 al 2021 si contano almeno 15.000 illeciti in meno.
Le cifre sopra indicate non contribuiscono a sciogliere i dubbi sulla reale incidenza del reddito di cittadinanza nel calo di reati, ma sembrano ad ogni modo confermare un pur parziale contributo in tal senso. E dunque la testimonianza del poliziotto di Palermo appare molto attuale. Con il reddito, in particolare, in tanti hanno preferito aderire a quel tacito contratto sociale che ha impedito la proliferazione di reati. Lo spauracchio adesso è rappresentato dalla possibilità che, finita l’erogazione della misura varata nel 2019, le periferie potrebbero vivere una fase di importante instabilità.
Cosa potrebbe accadere adesso
I timori non riguardano solo le aree più degradate del nostro Paese. Lo stop al reddito di cittadinanza potrebbe infatti aumentare un più generale malcontento. L’Italia del resto è alle prese con una forte ondata inflazionaria, il potere d’acquisto delle famiglie della fascia media è sempre più assottigliato, i prezzi dei beni di consumo e di prima necessità rispetto al 2021 sono molto più alti.
Gli scontri di Napoli dei giorni scorsi, dove alcuni ex percettori del reddito hanno manifestato contro la volontà del governo di chiudere con la misura dell’esecutivo gialloverde, potrebbero rappresentare un segnale da non sottovalutare. La fine del reddito cioè, andrebbe a incidere e a pesare ulteriormente sulle spalle di un Paese dove si fa sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese.
Tuttavia non tutti sono d’accordo con una visione così cupa. Nei giorni scorsi il ministro del Lavoro e per le Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone, ha dichiarato di non avere segnalazioni relative a una possibile “bomba sociale”. “Ho chiesto alla Camera di non soffiare sul fuoco ma di aiutarci – ha dichiarato in un’intervista rilasciata a Rtl 102.5 – Il Reddito di cittadinanza finisce ma dal primo settembre partono altre misure per il supporto alla formazione e al lavoro. Io non ho segnalazioni di una bomba sociale, né dal mio ministero né dagli Interni o dai Prefetti. I numeri sono assolutamente gestibili”.