Perché leggere questo articolo? Alberto Cirio sembra sfuggire al caos del centrodestra sulle Regionali. Vediamo perché un equilibrio situazionista tutela il presidente piemontese eletto nel 2019.
Mentre il centrodestra nazionale si spacca e Lega e Fratelli d’Italia litigano sui candidati alle Regionali, l’imperturbabile Alberto Cirio spera di poter veleggiare verso una convergenza dei partiti sul suo nome. Il presidente di Regione Piemonte, in vista delle elezioni di giugno parallele alle Europee, spera che la sua appartenenza a Forza Italia e la prospettiva di affrontare un campo progressista unito sull’asse Pd-M5S spinga Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani a confermarlo come candidato.
Cirio stabile in un mare agitato
Passano gli anni e Cirio resta. Il 2019 fu l’anno in cui il centrodestra alle Regionali fece cappotto. Strappò al Partito Democratico Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Umbria e, appunto, Piemonte. Erano i mesi in cui Matteo Salvini era “il Capitano”, il governo gialloverde sembrava destinato a durare a lungo sulla scia dell’onda populista (“governeremo vent’anni”, sentenziava Alberto Bagnai), la Lega toccava il 34,8% alle Europee e ricongiunta agli alleati di centrodestra esondava nelle Regionali. Trascinando a vittorie storiche la coalizione conservatrice.
Altri tempi, altri nomi. Oggi Salvini guida un “cespuglio” a fianco dell’albero principale del governo Meloni, Fratelli d’Italia. Partito che chiede spazio in forma crescente. Partendo proprio dagli eletti del 2019. In Abruzzo vuole puntellare Marco Marsilio, in Sardegna sostituire il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu al leghista-sardista Christian Solinas, in prospettiva sogna di imporre il nome per il dopo-Zaia in Veneto. E poi c’è Cirio. C’è il moderato che il dominus piemontese di Fdi, Guido Crosetto, ha blindato: “compatti per Cirio”, ha detto a settembre il Ministro della Difesa. Intento a un confronto politico attivo con Cirio che passa anche per i temi di sua competenza: Torino e il Piemonte ospitano hub come un importante distretto aerospaziale, le fabbriche di Leonardo, il nascente centro italiano per l’intelligenza artificiale.
La rete di Cirio per consolidarsi al centro
A novembre Fdi e Forza Italia hanno acconsentito all’apertura di una Lista Cirio per le Regionali 2024, un segno del fatto che il presidente uscente conta sul sostegno della società civile vicina al centrodestra per le elezioni. Mentre i partiti più a destra della coalizione litigano altrove, in Piemonte il via libera alla corsa al Cirio-bis appare frenato nell’ufficializzazione solo dalle turbolenze che avvengono altrove.
Cirio nel frattempo strizza l’occhio alla nuova cordata centrista di Forza Italia che fa capo alla rientrante Letizia Moratti; sigla accordi coi Moderati di Giacomo Portas, forza centrista non secondaria nel panorama politico di Torino; tramite l’ex senatore Massimo Berruti vuole essere della partita in sostegno a Cirio anche Noi Moderati di Maurizio Lupi che, come ha riportato Lo Spiffero, vuole presentare il suo simbolo alle regionali.
“Lo schema”, nota la testata diretta da Bruno Babando, “sarebbe già in fase avanzata con da una parte la formazione lupesca presente con una propria lista in tutte le province senza neppure dover passare dalle forche caudine della raccolta firme e, soprattutto, dall’altra un posto nel listino del presidente prenotato proprio per Berutti”, per il quale si prefigura il ritorno a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale. Lo Spiffero ricorda che “un accordo di massima ci sarebbe già tra Lupi e Cirio, con quest’ultimo che vede ampliare l’offerta centrista oltre la sua lista civica”.
Nomine e sfida progressista: così Cirio torna centrale
Mosse necessarie per espandere il campo politico e evitare il ritorno di fiamma del campo progressista qualora PD e M5S trovassero la quadra su un candidato comune. Nel 2019 il centrodestra meloniano inizia a difendere il bottino di Regioni conquistate nell’era dell’egemonia leghista, partendo proprio dai frutti dell’anno d’oro del fu Capitano. E il Piemonte è il più prezioso degli obiettivi. Spaccare qui la coalizione vorrebbe dire aprire a un movimento tellurico capace di ripercuotersi ovunque. Aprendo a una corsa separata dei partiti, dunque a potenziali riscosse di dem e pentastellati. La conseguenza? Un indebolimento del centrodestra e del governo.
Aggiungiamo, poi, che il Piemonte oggigiorno sarà chiave in quanto uno degli epicentri della partita delle nomine sull’asse delle Fondazioni e di Cassa Depositi e Prestiti. Il presidente della torinese Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo, è in uscita dall’Associazione delle Casse di Risparmio Italiane e mira alla guida della Cassa per antonomasia. Piemontese è anche Fabrizio Palenzona, presidente di Fondazione Crt, che ha ambizioni forti sull’Acri. Il prossimo presidente della Compagnia di San Paolo sarà scelto principalmente su iniziativa del dem Stefano Lo Russo, sindaco di Torino. Ma un gradimento regionale è sicuramente richiesto come avvallo alla convergenza tra poteri che richiama quello in atto a Milano attorno a mondi come Fondazione Cariplo.
Anche per questo il centrodestra ha bisogno di un presidente nel pieno delle sue funzioni per non riconsegnare alla sinistra il Piemonte. E Cirio, per una consolidata tendenza alla mediazione e la mancanza di alternative, complice la sua appartenenza a Forza Italia, sempre più perno della coalizione, gode di un equilibrio situazionista. Che può proiettarlo verso la corsa alla rielezione.