Perché leggere questo articolo? Il Piemonte sarà un laboratorio nazionale. Alberto Cirio difenderà le roccaforti di Forza Italia? Moratti guiderà il centro a destra? Pd e M5S troveranno una quadra per le alleanze? Inizia il countdown per le Regionali di giugno 2023.
Il Piemonte si avvia al voto regionale che avvierà, a giugno e in concomitanza con le Europee, un’intensa stagione di elezioni amministrative in cui i territori conquistati dal centrodestra oggi al governo saranno sottoposti al giudizio degli elettori. Alberto Cirio, eletto con Forza Italia nel 2019, si vuole giocare la riconferma ma i temi politici interni alla sua coalizione e nel fronte avversario sono numerosi. E non sono da escludersi sorprese.
Il Piemonte di Cirio e la prova di compattezza del centrodestra
Negli scorsi giorni non è sfuggito agli osservatori ben informati che il centrodestra piemontese, nelle sue sedi romane, avesse iniziato un tintinnar di sciabole. Guido Crosetto, cuneese doc, ha parlato del suo territorio blindando il governatore uscente. Sottraendo di fatto, per ora, il nazionale di Fratelli d’Italia a una querelle tutta interna al territorio in bilico. Mentre al contempo tra Lega e Forza Italia volavano gli stracci.
Il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari, da Alessandria, ha aperto nei giorni scorsi il fronte politico nella maggioranza parlando di una non contrarietà all’ipotesi di rimpasto del Carroccio. Lo Spiffero, informatissima “Dagospia” di oltre Ticino, ha indicato in Gilberto Pichetto Fratin, piemontese di Veglio (Biella), il bersaglio degli strali di Molinari. Spingere all’uscita dal governo Meloni il ministro dell’Ambiente significherebbe di fatto aprire un fronte nella Forza Italia piemontese. E lasciare gli azzurri di fronte alla necessità di tutelarsi nella prima grande sfida per un posto di comando da loro gestito dopo la morte di Silvio Berlusconi.
La Lega potrebbe riaprire la sfida del Piemonte per mettere il nome del candidato governatore nel “calderone” del totonomine destinato a sdoganarsi nel post-Europee in cui l’Italia dovrà scegliere il nominato per la Commissione e in cui le speranze di rimpasto potrebbero esser maggiormente assecondate da Giorgia Meloni. E alzare la posta qualora fossero proprio i leader di coalizione ad ambire alla poltrona del Grattacielo Regione.
Le speranze di Cirio e il nodo Moratti
Cirio mira a spingere fino in fondo la sua possibilità di rielezione puntando sulla necessità di non disunire il centrodestra in parallelo al voto per le Europee. E a godere del “quieto vivere” che imponga ai partiti di governo di gestire gli equilibri interni di coalizione senza aprire il fronte durante la corsa a Strasburgo.
Certo, le ambizioni di Cirio di essere il prossimo Commissario Europeo per l’Italia e i suoi scivoloni sul blocco agli autoveicolo diesel Euro 5 imposto dall’Unione Europea al Piemonte che, secondo la maggioranza romana, il governatore non avrebbe contrastato con abbastanza polso pesano sul bilancio finale della sua presidenza. Ma in quest’ottica Cirio ha la carta del moderatismo da spendere e sta avendo un assist inatteso da un attore esterno al Piemonte: Letizia Moratti.
L’ex sindaco di Milano si sta muovendo per costruire un nuovo soggetto politico nazionale centrista che guardi al mondo conservatore. E sta attraendo nel suo progetto anche i Moderati piemontesi, formazione centrista che ha sempre guardato al Partito Democratico ma si sta da esso allontanando gradualmente. Moratti ha speso parole a sostegno di Cirio e potrebbe rappresentare l’ago della bilancia per far sì che attorno a un candidato forzista si ripeta, in Piemonte, lo “schema Genova“. Ovvero l’attrazione di forze esterne al perimetro del centrodestra romano di governo nella coalizione, per il quale una lista civica di sostegno a Cirio appare la casa ideale.
I dilemmi dell’opposizione
La forza maggiore del centrodestra ad oggi appare la divisione dell’opposizione. Con Italia Viva che strizza l’occhio a Moratti e potrebbe iniziare ad avvicinarsi al mondo del centrodestra, Azione che brancola nel buio e un mondo radicale praticamente spazzato via dalle elezioni amministrative torinesi del 2021, gli osservati speciali sono Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle.
Dopo una serie di sconfitte (siamo a sei su sei) alle Regionali da alleati, gli ex partner del governo giallorosso non si sono ancora accordati per capire il da farsi nella sfida a Cirio. Nel Pd prevale la visione “civica” dello schema che ha eletto Stefano Lo Russo a Torino: puntare a una figura nota, non divisiva e capace di sfondare in una Regione ampiamente conservatrice nella periferia. Lo sfilarsi del rettore del Politecnico Guido Saracco complica i piani ai dem. Saracco punta alla prestigiosa poltrona di presidente della Compagnia di San Paolo dopo la fine del mandato di Francesco Profumo.
L’opposizione latita anche in Piemonte
In casa dem è partito però in fuga Daniele Valle, 40 anni, nativo di Carmagnola, vicepresidente del Consiglio Regionale attento a creare un campo inclusivo anche a sinistra. E Chiara Appendino, ex sindaco di Torino, ha fatto capire che i temi politici chiave per il dibattito con i dem potrebbero essere più quelli di sinistra che gli argomenti “moderati”: ““A livello nazionale – ha dichiarato il 20 settembre – la collaborazione nella lotta al lavoro povero rappresenta un laboratorio che può facilitare l’incontro delle forze politiche su alcuni temi al centro di un programma condiviso anche in Piemonte”. Ad oggi però il mondo progressista è un cantiere aperto e, formalmente, ancora diviso. Un fattore tempo che gioca a favore del centrodestra, in cui i partiti non hanno questi problemi di scollamento. Anche se Cirio deve temere, innanzitutto, il fuoco amico e le ambizioni romane, europee e non solo dei suoi sostenitori..