Alla vigilia della giornata mondiale contro l’omolesbobitransfobia, il Comune di Milano ha approvato l’istituzione di un registro di genere per le persone trans. Una soluzione pensata per tutelarne i diritti di cui discutiamo direttamente con Monica J. Romano, attivista per i diritti LGBTQ+ e consigliera comunale che ha presentato la proposta.
Qual è la situazione delle persone trans in Italia oggi?
Oggi le persone transessuali, transgender e gender non conforming sono considerate dalla legge 164 dell’82, una normativa vecchia e obsoleta. Per poter accedere ai documenti rettificati – che corrispondono quindi all’identità alla persona – sono necessari anni in cui tali persone vanno incontro a molti problemi pratici. Perdono oltre a molto tempo migliaia di euro. In Italia è previsto ancora un percorso che include psichiatria, tribunali e una lunga burocrazia per un diritto che dovrebbe essere riconosciuto più facilmente dalle istituzioni.
Bisogna infatti considerare che nel 2018 l’OMS ha dichiarato che essere trans non è un malattia mentale. Inoltre dal 1° gennaio 2022 l’ ICD-11 (cioè la Classificazione internazionale delle malattie) ha indicato l’essere trans come incongruenza di genere, non come patologia mentale. Sono messaggi importanti che spingono a trattare queste cittadine e cittadini come tali e non come persone malate.
Cosa si aspettava quando ha proposto di istituire un registro di genere a Milano?
Quando ho proposto e presentato questa mozione al comune di Milano, l’ho fatto anche per dare un segnale. Non possiamo cambiare la legge, ma possiamo fare un passo importante: riconoscere i documenti relativi al comune con il nome che rispecchia l’identità delle persone. Ad esempio ora la tessera ATM e i badge per i dipendenti comunali avranno tutti il nome d’elezione. Già si fa in alcune università e aziende, ma ora si potrà anche nei servizi comunali.
Come funziona il registro? Come ci si iscrive?
Basta semplicemente recarsi da un ufficiale di stato civile e dichiarare il proprio nome di elezione. Questa dichiarazione viene poi inserita nel registro di genere e si procede con il cambio dei documenti relativi ai servizi comunali o all’emissione di nuovi. È una procedura che richiama ciò che già avviene nel nord Europa.
Quali conseguenze immagina con l’istituzione del registro?
È un segnale che noi diamo alla politica nazionale affinché si agisca in relazione alla legge che regola la vita delle persone trans e che è vecchia. È necessario agire per tutelare davvero le persone trans, che secondo l’Istituto superiore di sanità sono circa 400 mila.
Il comune di Milano si sta muovendo anche in altre direzioni per tutelare la comunità LGBTQ+?
Insieme alla mozione presentata da me ne è stata approvata un’altra, che dichiara Milano una città libera per le persone LGBT. È una proposta sorta in contrapposizione alle città di Stati esteri, come la Polonia, che sono state dichiarate invece “LGBT free”, cioè inaccessibili per la comunità.
In parallelo sto ricevendo richieste da consiglieri comunali di varie città, che desiderano il testo della mozione per poterlo presentare nei loro comuni. Questo significa che il messaggio che abbiamo inviato da Milano alla politica nazionale – affinché venga approvata una nuova legge che riconosca i diritti delle persone transgender – si farà sempre più forte.