Perchè questo articolo potrebbe interessarti? La tragedia di Ischia ha riaperto il sempreverde dibattito sui condoni nel nostro paese. Una storia italiana che – con nomi a volte diversi – continua a proseguire. Negli ultimi dieci anni lo stato ha condonato circa 52 miliardi di euro di microcrediti. Quasi il doppio del valore della manovra che il governo è in procinto di licenziare. Tasse, multe e bolli auto mai pagati; contributi previdenziali mai versati e altri crediti insoluti depennati. Più di cinquanta miliardi in dieci anni è il costo della Repubblica dei condoni.
L’Italia è una Repubblica fondata sui condoni. Potrebbe recitare così la nostra Costituzione, anche se a ben guardare le sanatorie andavano per la maggiore anche ai tempi della Monarchia. Dal 1861, anno di nascita del Regno, in Italia c’è stato in media un condono ogni due anni. Nella storia il nostro paese ne conta ben 82. Dal conte di Cavour a Mario Draghi, e ora anche Giorgia Meloni. Anche in epoca recente gli annullamenti non mancano, basta non chiamarli condoni.
Non solo condoni edilizi
Negli ultimi dieci anni lo stato ha condonato 52 miliardi di euro. In questi giorni si è fatto un gran discutere – anche a livello linguistico – del provvedimento del 2018. Il primo governo Conte è intervenuto anche nelle zone colpite che di recente sono state colpite da alluvione.
L’ex premier ha difeso il suo operato, dicendo che nel 2018 non approvò un condono a Ischia; bensì “una procedura per velocizzare, alla luce della legislazione già vigente, le risposte alle richieste di condono presentate in passato”. Con buona pace della dicitura del Decreto Genova in cui “Definizione delle procedure di condono”. Evidentemente, anche la lingua italiana può essere condonata.
I condoni fiscali vanno per la maggiore
In tempi recenti però sono andati per la maggiore i condoni di natura fiscale. Nella maggior parte dei casi senza neanche una valutazione preliminare dei debitori. Spesso la politica ha accordato l’annullamento unilaterale. Il problema è nella riscossione. I crediti pubblici non spontaneamente versati sono difficili da riscuotere; tanto da rendere una quota rilevante dei ruoli ormai inesigibile.
Uno studio del Sole 24 Ore mostra come dal 2000 al 2020, è stato recuperato solo il 13,1% del magazzino complessivo di crediti. Si tratta di 139,5 miliardi di euro su 1.068 miliardi. La maggior parte sono delle agenzie fiscali, quali le Entrate e le Dogane, ma lo stock riguarda anche enti statali e previdenziali (Inps e Inail), casse professionali ed enti locali, che quindi hanno dovuto rivedere al ribasso i rispettivi bilanci con l’annullamento dei crediti.
Tre annullamenti dal 2012
Dal 2012 tre diversi Governi hanno disposto “l’annullamento automatico” dei debiti pendenti. Senza che i debitori avessero dovuto avviare alcuna pratica. Dieci anni fa fu Mario Monti a varare uno stralcio con la legge di stabilità 2013. Prevedeva l’annullamento automatico dei crediti fino a 2mila euro; ma si trattava esclusivamente di quelli iscritti nei ruoli resi esecutivi fino a dicembre 1999.
Nel 2018 è stata la volta del Governo M5S-Lega di Giuseppe Conte. Il decreto fiscale della Legge di Bilancio 2019 ha annullato i debiti fino a 1.000 euro; dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. Un’operazione su 12,5 milioni di contribuenti, che ha tagliato circa 32 miliardi di debiti. Anche Mario Draghi non ha impedito i condoni. Il Decreto Sostegni ha annullato d’ufficio i carichi fino a 5mila euro nel periodo 2000-2010; limitatamente alle persone fisiche con reddito imponibile nel 2019 fino a 30mila euro. Una cancellazione stimata sui 20 miliardi.
Cosa farà Meloni?
Il nuovo governo di Giorgia Meloni, in carica da neanche cento giorni, è stretto in una corsa contro il tempo per approvare la Manovra. Eppure lo spazio per un condono si è trovato, anche grosso. Il governo prevede di intervenire su uno stock di crediti fino a 1.000 euro, degli anni 2000-2015. Pari a 55 miliardi. L’allarme lanciato dall’Anci sul rischio tenuta dei bilanci comunali, porterà a un correttivo di quello che sarà il quarto provvedimento in dieci anni. La Relazione tecnica della Corte dei Conti prevede minori entrate tra il 2023 e il 2032 per 1,6 miliardi. Che si aggiungono ai più di cinquanta non raccolti in dieci anni dalla Repubblica dei condoni.