In molti a Piombino, una delle due città indicate dal governo Draghi per l’installazione di rigassificatori (insieme a Ravenna), non ne fanno solo una questione di sicurezza ambientale.
Temono che avere la nave rigassificatrice Golar Tundra (lunga 300 metri per 40 di larghezza) nella banchina est della darsena nord del porto, a soli duecento metri dalle abitazioni, sia un azzardo sulla pelle dei cittadini, nella cui memoria è ancora vivido il ricordo della strage ferroviaria della vicina Viareggio.
Il no al rigassificatore non ha colore politico
Per questo, nella cittadina in provincia di Livorno, un tempo secondo polo della siderurgia italiana, che ha dovuto reinventarsi dopo lo spegnimento dell’ultimo altoforno nel 2014, e dove oggi le principali attività economiche sono l’itticoltura e il porto turistico-commerciale dove ci si imbarca per l’isola d’Elba e e le altre isole dell’Arcipelago Toscano, l’opposizione al rigassificatore non ha colore politico.
A guidare la protesta c’è in prima fila il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, esponente di Fratelli d’Italia, ma contro il rigassificatore sono nati quattro comitati di cittadini di diversa estrazione politica (Comitato salute Pubblica Piombino val di Cornia, La Piazza, Comitato Liberi Insieme per la Salute, Gazebo 8 Giugno contro il rigassificatore). E contrari al rigassificatore sono molti esponenti dem locali, che si ritrovano come controparte il governatore toscano Eugenio Giani, del loro stesso partito, che il governo ha nominato commissario straordinario per l’impianto.
Sul rigassificatore anche i dem contro il governatore Pd
Perfino il consigliere regionale del Pd ed ex sindaco di Piombino, Gianni Anselmi, non ha risparmiato aspre critiche: “Ho sentito Draghi apostrofare in Parlamento chi avanza dubbi o contrarietà sull’installazione del rigassificatore a Piombino. Mi sarebbe piaciuto che avesse fatto la stessa cosa, e con la medesima durezza, con i ministri del suo governo che in questi anni per Piombino non hanno mosso un dito”.
ll rigassificatore nella città toscana, nei piani del presidente del Consiglio Mario Draghi e del ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani dovrebbe essere operativo a marzo, anche grazie all’introduzione nel decreto Aiuti di un procedimento autorizzativo accelerato di 120 giorni – aperto il 20 luglio e da chiudersi quindi il 20 novembre – e tolto l’obbligo di effettuare una Valutazione di impatto ambientale (Via).
Rigassificatore, perché il governo accelera
A Palazzo Chigi c’è il timore che che l’installazione non si riesca a completare nei tempi previsti da Snam, con il paradosso che il governo ha in questi mesi notevolmente aumentato l’acquisto di gas naturale liquefatto (Gnl), ma senza un nuovo rigassificatore operativo non potrebbe sfruttarlo.
Snam (Società nazionale metanodotti del gruppo Eni) ha comprato due grandi navi rigassificatrici: quella da installare in porto a Piombino è capace di soddisfare fino al 6,5% della domanda nazionale di gas, la seconda, quella di Ravenna, non sarà operativa prima del 2024.
La nave rigassificatrice a Piombino sarà nel porto
Il progetto, presentato da Snam prevede il posizionamento della nave rigassificatrice per un massimo di tre anni (inizialmente erano 25) nella banchina nord del porto di Piombino.
In parallelo verrà realizzato un metanodotto sotterraneo lungo 8 chilometri per collegare la nave alla rete nazionale dei metanodotti. L’operazione insisterà su zone in attesa di bonifica ambientale da anni. Successivamente la nave sarà spostata su una piattaforma offshore fuori dalle coste toscane, dove in teoria dovrebbe rimanere in attività fino a un massimo di 22 anni.
Il funzionamento del rigassificatore
La Golar Tundra è stata comprata nei mesi scorsi da Snam, per 330 milioni di euro. La nave è utilizzabile sia come metaniera adibita al trasporto di gas liquefatto sia come impianto di rigassificazione da collocare in un porto per la sua trasformazione. La sua capacità di stoccaggio è di 170.000 metri cubi di Gnl, mentre la capacità di rigassificazione è stimata in 5 miliardi di metri cubi all’anno. Dopo l’installazione la nave da sola potrebbe soddisfare il 6,5% del fabbisogno nazionale di gas.
La rigassificazione, una delle fasi della filiera del gas naturale, consiste nel riscaldare il Gnl liquido fino al punto in cui ritorna allo stato gassoso e può dunque essere utilizzato.
Quando le metaniere giungono all’impianto il gas naturale liquefatto viene scaricato dalle navi e stoccato alla temperatura di -162 C a pressione atmosferica in appositi serbatoi. Una volta inviato alla nave rigassificatrice viene riconvertito allo stato gassoso tramite un processo di riscaldamento controllato.
Al termine di questa fase che provoca una naturale espansione del suo volume, il gas viene trasferito dalla nave nella rete nazionale del gas.
Cinquanta chili di cloro nel mare dopo ogni carico
La Golar Tundra, dotata di un sistema a ciclo aperto, aspirerà l’acqua marina per riscaldare il gas e successivamente la riscaricherà, con l’aggiunta di 50 chilogrammi di cloro nel mare.
Sul sito della Regione Toscana è stato pubblicato il 27 luglio l’avviso con l’elenco delle aree interessate da imposizioni di servitù, occupazione temporanea e terreni soggetti a esproprio per la realizzazione del tubo che collegherà il rigassificatore nel porto di Piombino con la rete nazionale.
Entro 30 giorni, si spiega, “chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e di tutta la documentazione trasmessa, e presentare in forma scritta le proprie osservazioni”.
Il governatore della Toscana e commissario straordinario: “Sta andando tutto bene”
L’ottimismo di Giani smontato da un medico
Alessandro Dervishi, oltre a essere l’animatore di uno dei quattro comitati che guidano la rivolta al rigassificatore, è un medico che in passato è stato direttore del Comitato di Sicurezza Pubblica della Val di Cornia. Per una pubblicazione rivolta agli italiani d’America, Primo Magazine, ha ricostruito puntualmente la vicenda, smentendo l’ottimismo di Giani.
“Piombino”, scrive Dervishi, “era un tempo un importante centro industriale nella lavorazione dell’acciaio, fino a quando le dinamiche di mercato non hanno interrotto la produzione di prodotti più scadenti, ma più economici, in altri Paesi. La città costiera toscana dava lavoro a circa 12.000 operai. Dopo la chiusura degli stabilimenti, migliaia di operai hanno perso il lavoro, senza alcuna indicazione chiara sul loro futuro“.
A Piombino c’è già un allarme ambientale
“La centrale Enel abbandonata di Piombino ricorda il passato, quando la fabbrica era praticamente adiacente alla spiaggia, con tanto di inquinamento e torri visibili da lontano“, prosegue il suo racconto Dervishi. “Nelle vicinanze si trovano i capannoni di quello che era lo stabilimento Dalmine, dove oggi vengono lavorati prodotti pericolosi e nocivi. È visibile l’ex discarica di Rimateria. Una montagna di rifiuti urbani alta circa 36 metri, dove le sostanze scartate rimangono sconosciute, anche dopo diverse indagini. Certo, un tempo le acciaierie erano l’orgoglio della città. Tuttavia, oggi sono obsolete. Un tempo fornivano lavoro e benessere ai residenti per molti anni, senza contare l’importante materiale strutturale per l’Italia. Ma dobbiamo anche ricordare che sono state la principale fonte di inquinamento ambientale e di numerose malattie“.
“Col rigassificatore grave rischio di incidenti”
Quindi Dervishi va al cuore del problema: “Nel porto di Piombino si trova l’impianto di rigassificazione (una nave lunga 300 metri (984 piedi) e larga 40 metri (131 piedi)) da ormeggiare. Questo molo era stato originariamente progettato per ospitare lo smantellamento della nave da crociera Costa Concordia; che, alla fine, non è stato nemmeno condotto qui. Ogni anno circa 3 milioni di persone visitano Piombino via mare, senza contare le 120 traversate giornaliere dalla terraferma alle isole d’Elba e Sardegna. I traghetti fanno la spola con il terminale di rigassificazione. Non si può ignorare il grave rischio di incidenti, in cui centinaia, se non migliaia, di turisti potrebbero rimanere feriti o perdere la vita“.
“Esiste già un gassificatore nella vicina Livorno, a circa 22 chilometri dalla costa, circondato da un’area di interdizione marina totale di tre o quattro miglia nautiche. Nessuno può entrare, sostare o pescare all’interno di questa zona delimitata. Se volessimo applicare questo regolamento a Piombino, la città dovrebbe essere interamente evacuata almeno una volta alla settimana, quando l’impianto di rigassificazione viene rifornito da un’altra nave gasiera di dimensioni simili che entra in porto”.
Nessun presidio dei vigili del fuoco nelle vicinanze del porto
“La cosa più allarmante”, denuncia il medico, “è che non ci sono stazioni dei vigili del fuoco o navi per spegnere gli incendi nelle vicinanze del porto. Perché, dunque, è stata scelta Piombino per questo progetto? La ragione di tutto ciò è che Snam S.p.A., una società con sede a Milano che realizza infrastrutture energetiche, è stata incaricata di recuperare l’area per un impianto di rigassificazione. Il governo, guidato dall’ex presidente del Consiglio dei ministri italiano, Mario Draghi, ha escluso tutto ciò che, in base alla normativa vigente, avrebbe certamente impedito il progetto successivo. Né il presidente della Regione Toscana né gli abitanti di Piombino sono stati informati fino all’ultimo momento. Ora sappiamo che il cloro da utilizzare per raffreddare il GNL (gas naturale liquefatto) deve inevitabilmente essere sversato in mare, a poca distanza dai prestigiosi allevamenti ittici di Piombino!”.
“In sintesi”, conclude il suo articolo Dervishi, “Piombino è stata per anni sfruttata per il bene nazionale e poi abbandonata a se stessa. Nonostante tutti gli sforzi da parte del governo italiano, la città ha cercato di trovare una via d’uscita da questa crisi senza fine. Piombino torna alla ribalta nazionale come la scelta principale per ospitare un terminale di rigassificazione potenzialmente dannoso e come terra popolata da abitanti locali egoisti e stolti, almeno stando alle dichiarazioni di politici e giornalisti che poco sanno”.