Roberto Saviano eliminato. Come fosse un concorrente del Grande Fratello sorpreso a bestemmiare. Annunciato nei palinsesti del Servizio Pubblico lo scorso 7 luglio, ne è già fuori nel giro di 20 giorni. Ad annunciarlo è l’AD Rai Roberto Sergio in un’intervista al Messaggero in cui parla di “scelta aziendale”. Ossia avvalendosi di un pro-forma che non spiega assolutamente nulla. Questo malgrado la realtà dei fatti sia piuttosto evidente: Roberto Saviano si è più volte scagliato contro Matteo Salvini definendolo, tra le altre cose, “Ministro della Malavita”. All’autore di Gomorra erano state affidate quattro puntate di un programma di approfondimento dal titolo “Insider: Faccia a Faccia con il Crimine” su Rai 3. Non lo vedremo mai e, forse, in molti non lo avremmo visto comunque. Detto ciò, impossibile non fare un parallelismo con il recente “caso” Filippo Facci, epurato pure lui per un commento francamente irricevibile sulla ragazza che ha accusato di stupro Leonardo Apache, figlio di Ignazio La Russa. Nè Facci né Saviano sono, per ragioni diverse, due personaggi “simpatici”, dal punto di vista del percepito della pubblica opinione. Poi ci sono le preferenze politiche a entrare nel calderone, ma le lasceremmo fuori in questo caso. Per una semplice ragione: la Rai che falcia programmi ancor prima della messa in onda è il reality dell’estate. Chi riuscirà a restare in palinsesto? Meglio di Temptation Island.
Roberto Saviano, la decisione di Roberto Sergio come fosse Antani
Roberto Saviano fatto fuori dalla Rai tramite supercazzola con scappellamento (a destra) come fosse Antani. O, almeno, questo emerge dalle parole che utilizza l’AD Roberto Sergio nell’intervista a Il Messaggero in cui annuncia l’epurazione. Il nostro parla di una “scelta aziendale, non politica”. E poi parte ad autoincensare la Rai per motivi che nulla c’entrano con la questione in esame: “Siamo un’azienda, mai come questa volta, equilibrata e pluralista. E dico di più, abbiamo anche invertito le proporzioni di genere con una presenza femminile di qualità, che è del 60% per quanto riguarda i vicedirettori”. Meno Roberto Saviano, più quote rosa. Evviva! E quindi? Non si sa, ma fa sempre un bell’effetto dirlo. Effetto risibile, invece, genera la precisazione sulla scelta “non politica”. Se vivessimo a Narnia, potremmo credere che non ci sia più di una connessione tra le stoccate di Saviano a Matteo Salvini e la sua improvvisa epurazione dai palinsesti Rai. Anche se il non più conduttore del Servizio Pubblico è una vita che prosegue a scagliarsi contro il leghista più feroce del web. In particolare, la definizione “Ministro della Malavita” gli è uscita, per la prima volta, nel 2018. E poi l’ha ribadita senza posa in svariate interviste su testate più o meno prestigiose. Dritto dritto verso l’immancabile querela. Sergio avrebbe potuto pensarci prima? Forse sì. Ma siamo in un reality, le bagarre pretestuose per fare share sono linfa vitale di questo gioco. Ringraziando, ce ne abbeveriamo.
Roberto Saviano deve abbandonare la Rai, chi sarà il prossimo?
Partano le nomination. Dopo Filippo Facci e Roberto Saviano, chi verrà eliminato dal grande reality dei palinsesti Rai? Forse un po’ brutale il fatto che non sia il pubblico a decidere. Certo però che l’effetto sorpresa ripaga dell’affronto. Inoltre, le grandi bagarre che queste scelte sollevano infuocano i social, rendendo ognuno di noi piccolo grande Avenger del proprio regno idealista. Bello, sì. E ancor più bello per la Rai che, tutto sommato, intrattiene senza perderci nulla: quattro puntate di Saviano sul terzo canale, senza entrare nel merito dei contenuti, sarebbero passate in sordina più del meteo delle 6 (prima che il cambiamento climatico cominciasse a mettersi in mezzo). Lo stesso discorso vale per Filippo Facci e la sua fascia quotidiana di minuti cinque. Che non andrà più in onda, va bene. Ma non è che la rete, anche qui, stia rinunciando al Festival di Sanremo. Si tratta di formattucoli che si potevano evitare. E che sono stati evitati. Che notizia deflagrante, che scoop, signora mia! Insomma, chi grida alla censura è, come spesso accade riguardo alle querelle da piccolo schermo, soltanto uno che grida. Nel deserto. Nel deserto di una tv che, intanto, sogghigna sorniona, seguitando a farsi gli affari propri. Se chi di dovere mettesse lo stesso brio a intrattenerci così anche durante il periodo di garanzia, Netflix e compagnia sarebbero spacciati.