Perché leggere questo articolo? La Russia fa dietrofront sui confini sul Baltico: niente modifiche unilaterali. Ma sul fronte nucleare e confische la situazione resta seria.
Dietrofront, a parole, della Russia sui confini. Al Cremlino si sono messi a giocare a Risiko, provando a ridisegnare i confini marittimi con Finlandia e Lituania. Adesso arriva la smentita. “La Russia non ha alcuna intenzione di rivedere i confini sul Baltico“. Lo sottolinea una nota delle agenzie di stampa Tass e RIA Novosti, spiegando che “la proposta per il cambiamento delle coordinate geografiche usate come base per misurare l’ampiezza delle acque territoriali russe nel Baltico, non ha motivazione politica“.
Cos’è questa storia dei confini che la Russia vuole cambiare?
In mattinata era circolata una voce secondo cui le autorità di Mosca avrebbero deciso – unilateralmente – di modificare i confini marittimi della Russia con la Lituania e la Finlandia nel Mar Baltico. Secondo un progetto di decreto governativo pubblicato ieri sera online dal Cremlino. Il Ministero della Difesa russo avrebbe proposto di approvare un elenco di coordinate geografiche che definiscono la larghezza della costa continentale, del mare territoriale russo e delle isole del Baltico che altereranno il confine nella regione-exclave occidentale di Kaliningrad.
Il progetto di modifica dei confini della Russia si baserebbe sul fatto che le precedenti coordinate geografiche risalirebbero a mappa di navigazione delle marine del secolo scorso. “Non corrispondono pienamente alla situazione geografica attuale. E non consentono di determinare il confine esterno delle acque interne del nostro Paese“. Queste le motivazioni espresse dai vertici militari russi. Nel pomeriggio è arrivata una parziale smentita del portavoce di Putin, Dimitri Peskov. “Anche se il quadro politico è gravemente cambiato, qui non c’è nulla di politico. Vi rendete conto dell’escalation di tensioni, di quale sia il livello di confronto, in modo particolare nel Baltico”.
Sulle armi tattiche nucleari si fa sul serio
Sui confini la Russia a scherzato, sulle armi nucleari invece non sembra esserci nulla da ridere. Ieri il Cremlino ha annunciato di aver avviato alcune simulazioni dell’uso di armi nucleari cosiddette “tattiche” vicino al confine con l’Ucraina. Si tratta di dispositivi con una potenza e una gittata inferiori rispetto alle bombe nucleari tradizionali – quelle di Hiroshima e Nagasaki, per intenderci. Ma sempre di armi nucleari si tratta. Continuano i segnali preoccupanti di una escalation del conflitto.
La Russia preme per spingere in avanti i confini del fronte. Dopo l’avanzata delle settimane scorse su tutta la linea, da qualche giorno la situazione sembra essersi cristallizzata. Il nuovo sfoggio dell’arsenale di Putin, però, rischia di far segnare un punto di non ritorno. Per il momento, quella del presidente russo suona più come un’intimidazione confronti dei paesi occidentali e quella che ritiene una loro crescente partecipazione alla guerra in corso in Ucraina.
Confini, nucleare e confische: le pressione della Russia all’Occidente
Le esercitazioni ai confini tra Russia e Ucraina erano state ordinate da Putin lo scorso 6 maggio, all’indomani delle dichiarazioni del presidente francese Macron sul possibile invio di truppe al fianco dell’Ucraina. Dura è stata le reazione del Cremlino alla notizia del via libera dell’Unione europea alla confisca degli asset russi da destinare all’Ucraina. Il portavoce di Putin, Peskov, parla di “esproprio” e di “violazione delle regole”. La banca centrale russa ha così ben presto confermato come in Occidente sono stati congelati beni russi per un valore di circa 300 miliardi di dollari, pari alla metà del totale delle proprie riserve di valuta estera. Il Cremlino a risposto confiscando beni a banche – come i 463 milioni di beni a Unicredit – o aziende – come la nostrana Ariston. L’uscita dalla Russia è costata alle imprese straniere almeno 107 miliardi di dollari. La guerra continua, con continui colpi di scena.