Perché leggere questo articolo? La mini-fronda dei generali preoccupa Crosetto più della maretta a destra. E il caso Vannacci può aprire una prima crepa tra Ministro e Esercito.
Guido Crosetto si trova a gestire una crescente serie di critiche e scetticismi sulla gestione che il Ministero della Difesa ha fatto dell’affaire aperto dalla pubblicazione del discusso libro del generale Roberto Vannacci. E se, da uomo con le spalle larghe qual è, l’esponente di Fratelli d’Italia che ha la responsabilità delle forze armate nel governo Meloni ha dribblato con stile gli attacchi provenienti dalla destra della coalizione di governo, più delicata è la questione della “mini-fronda” tra gli alti papaveri militari.
L’affondo del generale Laporta su Crosetto
Il tema scivoloso della libertà d’espressione dei militari, dei rapporti tra politica ed Esercito e della possibile messa alla berlina di comandanti esposti alla mediaticità eccessiva hanno scatenato una serie di critiche verso la gestione del caso da parte di Crosetto. La più dura delle quali è arrivata dall’ex generale dello Stato Maggiore Piero Laporta, che ha pubblicato sul suo blog una missiva a Giorgia Meloni in cui difende Vannacci e ha definito “inetto” Crosetto sia come ministro che come politico in un post di LinkedIn. Suscitando la dura risposta di Crosetto, che lo ha definito un “ridicolo ignorante”.
“Il problema oggi non è il contenuto del libro – incondivisibile o meno che sia – ma la legalità attraverso la quale s’afferma la disciplina militare”, ha scritto Laporta sul suo blog. “Atteso che la legge prevede che ogni militare è libero di esprimere il proprio pensiero, purché non tratti argomenti “di carattere militare riservato o di servizio”, è altrettanto evidente che il ministro della Difesa ha il più completo diritto di eccepire sui contenuti del libro”. Una lettura esclusiva dell’Articolo 1472 del Codice Militare che cozza, certamente, con i doveri situazionali legati all’onorabilità della divisa da parte di un generale così alto in carica.
I malumori sul caso Vannacci
Esistono doveri situazionali per un militare con un prestigio come quello di Vannacci alle spalle che possono gettare eccessiva pressione mediatica su corpi come la Folgore, da lui a lungo rappresentata con importanti risultati sul campo. La destituzione di Vannacci dall’Istituto Geografico Militare è parso, in quest’ottica, un precedente che rischia di inficiare i rapporti tra politica ed esercito.
Concorde, sul tema, anche uno dei maggiori sindacati delle forze armate, l’Osservatorio Militare. “Ancora una volta un ministro che si fida troppo dei vertici, ancora una volta un ministro che preferisce la poltrona al confronto ed al dibattito, ancora una volta un ministro che ritiene prioritari gli equilibri politici all’esame obiettivo della realtà”, ha dichiarato a Repubblica il presidente dell’Osservatorio, Domenico Leggiero. ” “A noi militari interessano solo verità e correttezza nella comunicazione. Qualità che in questo libro certo non mancano”, gli ha fatto eco da Formiche un generale di peso come Mario Arpino.
Una prima, piccola crepa per Crosetto?
Cosa segnalano questi fatti? L’esistenza di un attrito tra il titolare della Difesa, vicinissimo al Quirinale e allo stato profondo pre-centrodestra, e gli alti ranghi militari. Che forse si aspettavano un maggior sdoganamento dall’esecutivo conservatore e hanno visto invece Crosetto agire da felpato continuatore dell’amico e collega Lorenzo Guerini, suo predecessore. Il caso Vannacci ha aperto il Vaso di Pandora. Ma le indiscrezioni raccolte da True News in ambienti che hanno valida conoscenza delle questioni militari ricordano che Crosetto, dall’ottobre scorso, è un ministro sicuramente rispettato ma le cui logiche sono considerate da non pochi militari d’alto rango distanti dalle sue.
Il “più democristiano” dei membri di Fdi è infatti un uomo con un’ottima conoscenza dei meccanismi dell’industria della Difesa e delle dinamiche politiche sottendenti il suo sviluppo. Non è – come del resto non erano molti suoi predecessori – un uomo legato alle linee di comando operative. E in una fase in cui sulla scia di corposi investimenti, proiezione geopolitica del Paese e dinamiche globali legate al sostegno all’Ucraina le forze armate sono in una fase di alta visibilità questo iato appare in tutta la sua ampiezza.
Politica e forze armate: l’Esercito si vede secondario?
Quando la scure di Crosetto si è abbattuta su Vannacci, prototipo dell’ufficiale operativo per struttura e capacità, questa divisione si è aperta in tutta la sua ampiezza. Intendiamoci: larga parte dei ranghi militari o sta con Crosetto o ha per senso di disciplina accettato senza rimostranze la sua scelta. Ma una singola presa di posizione in un corpo che deve fare dell’unità la sua forza appare clamorosa. Figurarsi quando tali uscite iniziano a moltiplicarsi.
Governo politico delle forze armate contro indipendenza dello spazio di autonomia che molti militari con le stellette ritengono di essersi conquistati: questo sarà il feuiletton degli anni a venire. A maggior ragione valido per l’Esercito che riceverà investimenti strategici in misura relativamente inferiore nei prossimi esercizi di bilancio rispetto a Marina e Aeronautica, premiate con i nuovi piani per navi e sottomarini e gli F-35 e il piano Tempest rispettivamente.
Le forze terrestri, invece, dovranno subire una profonda riorganizzazione che andrà nella direzione dell’unificazione di comandi e dell’eliminazione di strutture duali ritenute ridondanti. La cui ottimizzazione, da un uomo attento al tema dell’innovazione d’arma e di processo come Crosetto, è ritenuta prioritaria per mettere in campo nel migliore dei modi la corsa della spesa militare al 2% del Pil.
La prevista riforma di Crosetto susciterà nuovi malumori?
Crosetto a gennaio, del resto, ha dichiarato di voler procedere nel suo mandato a “una profonda evoluzione in chiave interforze dello strumento militare sul piano ordinativo, logistico, tecnologico e normativo. Sono molte le iniziative da avviare per una simile condizione, a partire da una revisione delle strutture di vertice, che elimini le duplicazioni non dettate da esigenze di ridondanze operative e che consenta il miglioramento della qualità e del contenimento dei tempi nei processi di lavoro”. Aggiungendo poi che “occorre poi unificare i settori e i servizi comuni alle diverse forze armate”.
Parole che puntano nella direzione di una ristrutturazione del rapporto tra vertici della Difesa e alti vertici militari. Da cui più di un alto ufficiale potrebbe essere, nei tempi a venire, scontentato. E non è detto che in futuro il principio di malumore visto sul caso Vannacci non possa diventare più consistente.