Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? Le divisioni all’interno della maggioranza sul terzo mandato sono logoranti. Ma nemmeno Salvini potrebbe sperare in un risultato negativo di Truzzu in Sardegna. La sfida con Todde viene raccontata come aperta. Ma le speranze di Pd e M5S poggiano su una serie di circostanze difficili da pesare a priori
E alla fine eccoli lì tutti insieme. Abbracciati e sorridenti. Uniti. Giorgia Meloni, Matteo Salvini ed Antonio Tajani lanciano nella giornata di mercoledì 21 febbraio la volata finale del candidato governatore sardo del centrodestra Paolo Truzzu dal palco della fiera di Cagliari. Non facciamo gli ingenui. Le frizioni delle scorse settimane, tra tutte quella sul terzo mandato, non sono evaporate nel nulla. E molte restano le cose sulle quali dovranno in particolare chiarirsi Meloni e Salvini. A maggior ragione dopo che, nel pomeriggio di giovedì 22 febbraio, la commissione Affari costituzionali ha respinto l’emendamento della Lega al dl elezioni sul terzo mandato per i governatori delle regioni. Anche con il voto di Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Il centrodestra non vuole sacrificare la Sardegna sull’altare della riforma
I malumori sono forti. Ma appare altrettanto evidente che nessuno dei leader del centrodestra troverebbe ragionevole sacrificare sull’altare della Riforma la vittoria alle regionali sarde. Anzi, una eventuale sconfitta non farebbe che esacerbare il conflitto. Con esiti ai quali forse nessuno vuole realmente arrivare. E quindi avanti uniti. Perchè la politica è anche realismo. E quindi anche esternare comunione di intenti pure se magari ci si vorrebbe mandare a quel paese: “Questo governo durerà cinque anni. Lo vedete voi stasera. Noi non stiamo insieme per costrizione, siamo insieme da trent’anni”, ha dichiarato Meloni. “In Giorgia non ho trovato un’alleata o un’ottima presidente del Consiglio ma un’amica e questo in politica fa la differenza. Andremo avanti per cinque anni“, ha ribadito Salvini.
La sfida sarda ed il rasoio d’Occam
E poi c’è la partita sarda da giocare. Che alcuni – specie dalla parte avversaria – hanno cercato di trasformare in un redde rationem nazionale per il centrodestra, paventando anche possibili ricadute sulla stabilità del Governo. I fatti parlano di una regione in cui c’è una amministrazione uscente di centrodestra (Solinas), un candidato unitario del centrodestra (Truzzu) e due candidati dell’altro fronte: Alessandra Todde, pentastellata sulla quale anche il Pd ha fatto convergenza per una riproposizione dell’esperimento del campo largo. E Renato Soru, già governatore della Sardegna con il centrosinistra ma oggi alla guida di un progetto civico che ammicca a tutti gli elettori di centrosinistra che non si riconoscono nella Todde.
Se si dovesse applicare il rasoio d’Occam, in una elezione che per di più non prevede ballottaggio, parrebbe facile scommettere sulla vittoria “divide et impera” di Truzzu. Invece la partita viene raccontata come molto contendibile. Con sondaggi-fantasma che danno la Todde molto vicina a Truzzu. Uno spauracchio che ha di fatto avuto come effetto un rinsaldamento delle fila nel centrodestra per il rush finale. Le chance della candidata di Pd e Cinque Stelle si basano in realtà sul verificarsi di due circostanze piuttosto difficile da pesare a priori: un forte astensionismo ed un ricorso massiccio da parte della Lega al voto disgiunto in chiave anti Truzzu (e quindi anti Meloni).
Sardegna: ecco come dovrebbe andare a finire
Tutto può accadere. Ma lo scenario più probabile pare rimanere quello di una vittoria, magari non larghissima, di Truzzu. Un esito attorno al quale tutti i contendenti potrebbero costruire facilmente una propria narrazione. Se non vincente, almeno auto-assolutoria. Soru, da terzo incomodo, potrebbe rivendicare ogni singolo voto ottenuto evidenziando la fallimentare scelta di Todde. Il Pd potrebbe dire che la colpa è della candidata pentastellata. I Cinque stelle potrebbero dare viceversa la colpa allo scarso supporto dato dagli alleati dem. Forza Italia si potrebbe comunque intestare una vittoria, a prescindere dal risultato di partito. La Lega idem, fugando i sospetti di aver cercato di sabotare Truzzu. E poi ovviamente Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni è quella che più di tutti ci ha messo la faccia imponendo la candidatura del sindaco di Cagliari. Se una eventuale sconfitta di Truzzu ricadrebbe soprattutto sulle sue spalle, la conquista della Sardegna apparirà invece pienamente una sua vittoria personale.