Home Politics Schlein: passata la festa, iniziano gli scontri per i capigruppo

Schlein: passata la festa, iniziano gli scontri per i capigruppo

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Perché può interessarti questo articolo? Con l’insediamento ufficiale di Elly Schlein, inizia il nuovo corso del Partito democratico. Ma ci sono già le prime grane da risolvere con l’assegnazione degli incarichi. L’attenzione è in particolare focalizzate su capigruppo di Camera e Senato.

Un Pd che si ritrova punto e daccapo. Con una nuova leadership omaggiata nel giorno dell’insediamento. Eppure con i dirigenti già attenti a pensare alla distribuzione degli incarichi. Mentre Elly Schlein dal palco, allestito nella Nuvola di Fuksas a Roma, scaldava i sostenitori elencando i temi politici da affrontare, una buona parte della platea pensava a chi occuperà i ruoli. Finiti i battimani a favore di telecamere e terminate le votazioni in calendario, i discorsi erano in gran parte orientati su una domanda. Come sarà la mappa del potere interno al Partito democratico? Le prime caselle sono state sistemate, con la presidenza assegnata allo sconfitto del congresso, Stefano Bonaccini. Che si è garantito una postazione di visibilità niente male.

Schlein, le fedelissime: Gribaudo e Capone

Anche se, come annunciato, non vuole fare da contraltare alla segretaria, ma tenderle una mano per rilanciare il consenso di una forza politica uscita male dagli ultimi mesi. Ai suoi fianchi, comunque, sono piazzate due fedelissime di Schlein: la deputata Chiara Gribaudo e la presidente del consiglio regionale in Puglia, Loredana Capone, con una millimetrica distribuzione non solo per genere, ma anche geografica. Un emiliano alla presidenza, con due vice: una del nord, piemontese di Cuneo, e l’altra meridionale, con la roccaforte elettorale nel Salento. Nulla è stato lasciato al caso.

I nomi del Pd di Schlein

Così, via via, si è composta la direzione nazionale con le Sardine Mattia Santori e Jasmine Cristallo che hanno completato il percorso di avvicinamento ai dem, seppellendo la presunta lontananza partitica del movimento. E poi una sequenza di nomi più o meno noti, che mettono in bacheca un posticino buono da inserire nel curriculum.  Ma la vera partita si sposta su un altro terreno e porta direttamente in Parlamento. “La decisione dei capigruppo è il vero banco di prova per capire come vuole muoversi Schlein”, spiega una fonte del Pd che ha sostenuto Bonaccini al congresso, dando per scontate ormai le mancate riconferme di Debora Serracchiani e Simona Malpezzi.

 

La segreteria è poco più di un ornamento, è un organismo che conta sempre di meno ed è buon per accontentare la vanità di qualcuno”, è il ragionamento molto pratico che viene consegnato a True-news. L’obiettivo, insomma, non è la sistemazione a Largo del Nazareno. Per questo sulla guida dei gruppi di Camera e Senato si sta consumando il primo vero scontro. Su più livelli. Prima di tutto fra le diverse anime del partito. Il blocco sinistra della maggioranza, che fa riferimento alla segretaria, i riformisti, gli ex renziani di Base riformista e l’ala dei popolari, finora rimasta alla finestra nonostante l’addio di Beppe Fioroni.

I fedelissimi di Schlein si dividono tra chi preferisce prendersi tutto e tirare dritto. E chi, invece, punta a un confronto anche con chi ha scelto un’altra mozione. E la questione non è di poco conto, perché gli incarichi sono due, non proprio una montagna. Al momento, però, i rumors raccontano una preferenza ad assegnare l’incarico di capogruppo a Montecitorio a un rappresentante della mozione Bonaccini.

Pd: chi saranno i capigruppo di Camera e Senato?

Il nome più caldo è quello dell’ex eurodeputata, Simona Bonafè, che si è mostrata molto dialogante nei confronti della leader, appena acquisito il risultato. “Tra l’altro alla Camera c’è Elly in prima persona, che può monitorare il comportamento del gruppo», sussurra un esponente della sua area.

Al Senato, invece, si punta alla blindatura totale: per questo Schlein vuole consegnare il dossier a Francesco Boccia, che l’ha sostenuta per tutto il congresso e che ha l’esperienza, da parlamentare di lungo corso ed ex ministro, per gestire i senatori. Gli ex renziani di Base riformista vorrebbero però il “loro” Alessandro Alfieri. Chiuso questo capitolo, non senza qualche tensione, la questione-segreteria diventa appunto marginale. In quel caso, da quanto trapela, la nuova leader non si vuole certo impuntare su un nome o su un altro. Perché non è certo un organismo centrale.