Perchè leggere questo articolo? I Popolari vincono ancora. La maggioranza Ursula è salva. Neppure lo tsunami di destra che ha travolto l’Europa sembra sconvolgerla. Ma la von der Leyen rischia di vedersi sfumare il bis alla presidenza della Commissione europea. Ecco chi potrebbe insidiare l’attuale Presidente
Il terremoto politico che ha spostato l’Europa verso destra, travolgendo soprattutto Francia, Germania e Belgio, non sembra scuotere la cosiddetta “maggioranza Ursula”. Che si assicura 402 seggi su 720. Un fronte, quello innalzato dalla von der Leyen a Bruxelles, che resta stabile anche dopo questa tornata elettorale, con il Partito popolare europeo che si conferma leader. Nella prossima legislatura, dunque, il Parlamento continuerà ad essere controllato dalla maggioranza uscente, formata da PPE, i socialisti di S&D e i liberali di Renew. La triplice alleanza dovrebbe bastare a tenere fuori le destre, vere vincitrici di queste Europee.
Rispetto alla legislatura uscente però i tre partiti insieme avranno circa una ventina di seggi in meno. Una perdita che potrebbe essere determinante per il voto della presidenza della Commissione Europea. Il Partito popolare europeo difficilmente vorrà rinunciarci. Ma la “Donna che agisce”, questo l’appellativo per descrivere la von der Leyen e la sua risolutezza, potrebbe non vedere confermato il secondo mandato. E a Bruxelles già circolano speculazioni sulle possibili alternative come prossimo capo dell’esecutivo dell’UE.
Tra franchi tiratori e critici esterni, tutte le insidie di Ursula
Per essere rieletta, Ursula von der Leyen ha bisogno di ottenere un discreto numero di consensi da parte degli eurodeputati. Ma la sua leadership ha perso forza dopo il “Piepergate” (ovvero l’incarico concesso e poi revocato a Markus Pieper) e per i tentennamenti su come gestire la crisi in Medio Oriente. Il bis della “Commissione Ursula” sembrerebbe essere insidiato sia da critici esterni, che da franchi tiratori interni. Un quinto dei delegati del Ppe che hanno effettivamente espresso il voto (99 su 499) ha infatti votato contro von der Leyen o ha annullato la scheda. Tra questi anche i Républicains francesi, gli unici ad aver pubblicamente annunciato la loro contrarietà alla riconferma della presidente uscente. Il titolo della von der Leyen è dunque a rischio, considerando anche che nel 2019 era stata eletta per soli 9 voti e nessuno avrebbe scommesso su di lei. Ursula potrebbe però cercare di allargare la maggioranza ad altre forze politiche. E sembrerebbe puntare tutto sui Verdi, i cui 53 seggi le farebbero molto comodo.
Le “magnifiche sette” alternative a von der Leyen
A Bruxelles circolano già nomi di chi potrebbe essere scelto come prossimo presidente della Commissione europea. Tra questi spicca l’italiano Mario Draghi. L’ex primo ministro italiano e presidente della Banca centrale europea sta al momento lavorando su un piano ufficiale di Bruxelles per rendere il blocco più competitivo, commissionato dalla stessa von der Leyen. L’intervento di Draghi al forum sociale di alto livello di La Hulpe, lo scorso aprile, è stato considerato dalla stampa internazionale come una candidatura alla massima carica esecutiva europea. Il 76enne viene percepito come estremamente competente e al di sopra delle logiche di partito. Ma forse proprio per la sua non chiara appartenenza politica il Ppe difficilmente gli cederà l’incarico per il prossimo mandato.
Una possibile candidata donna, invece, potrebbe essere Roberta Metsola, l’attuale presidente del Parlamento europeo. Metsola ha dimostrato leadership in politica estera, diventando il primo politico dell’UE a visitare Kiev dopo l’invasione russa. Ma l’atteggiamento conservatore in materia di aborto della politica originaria di Malta potrebbe giocare a suo sfavore, tenendo anche conto della sua mancanza di esperienza esecutiva.
Altra candidata in lizza è Cristina Lagarde. L’ex ministro delle Finanze di Nicolas Sarkozy e attuale presidente della Banca centrale europea ha dalla sua tutto il bagaglio di esperienza dirigenziale, l’essere donna e francese. In realtà l’origine d’oltralpe potrebbe costituire un’arma a doppio taglio. Inoltre, non è certo che Lagarde sia disposta a lasciare la BCE prima della fine del suo mandato di otto anni.
Ad aggiudicarsi la prossima presidenza potrebbe essere anche il francese Thierry Breton. L’anno scorso il Commissario Europeo all’Industria, fautore della politica delle aggregazioni tra campioni europei ed ex ministro delle Finanze di Francia ha dichiarato di essere stato un candidato del “Piano B” per diventare presidente della Commissione Europea nel 2019, e di essere disponibile a diventarlo di nuovo. La sua esperienza come dirigente di alto livello fa intuire che il francese dovrebbe guidare un esecutivo dell’UE molto competitivo. Ma Breton non fa parte del Ppe, né attira molte simpatie tra i suoi colleghi.
Esponente del Ppe è invece il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis che, secondo il leader del partito Manfred Weber, ne rappresenterebbe al meglio la leadership. Essendo ben visto anche nel resto dell’Ue, Mitsotakis potrebbe rappresentare una buona scelta per la presidenza del Consiglio europeo nel caso in cui la von der Leyen dovesse saltare.
Probabile successore di Ursula è Klaus Iohannis, appartenente alla stessa famiglia politica del PPE. Il presidente della Romania è molto apprezzato dai leader europei per essere riuscito a rispettare con rigore le regole del mercato unico dell’Ue, senza imporre restrizioni sul grano ucraino dopo l’invasione russa del 2022. Se prendesse effettivamente il posto della von der Leyen, sarebbe il primo europeo dell’Est a guidare l’UE. Ma il suo tentativo dell’ultimo minuto di candidarsi come prossimo leader della NATO, contendendo il titolo all’olandese Mark Rutte, non è stato particolarmente gradito.
Altro esponente del Ppe possibile candidato ai vertici della Commissione è il primo ministro croato Andrej Plenković. Il politico vanta un’esperienza di lunga data come capo di governo e proviene dal più recente Stato membro dell’UE, un fattore che potrebbe giocare molto a suo favore. Molto dipenderà anche dalle logiche del Consiglio Europeo, per la cui presidenza i socialisti, che controllano due dei quattro governi di testa dell’Ue, Spagna e Germania, prenotano un loro candidato. Probabilmente l’ex premier portoghese Antonio Costa o Enrico Letta. Dagli equilibri tra Paesi uscirà con ogni probabilità un ticket: un popolare e un socialista che debbano essere graditi anche ai liberali di Macron e non scontentare il quarto incomodo, Giorgia Meloni, dato che l’Italia è comunque nel trio di testa dell’Europa. Sarà un’estate di lunghe negoziazioni. E chi come Ursula von der Leyen si presenta da Papa in carica ha non poche possibilità di uscire cardinale. Nulla è ancora deciso.