I social potrebbero diventare lo strumento di controllo per gli evasori fiscali. “Quello che si deve fare ed è quello su cui stiamo lavorando con l’Agenzia delle Entrate, Sogei, è il cosiddetto ‘data scraping‘” considerando quindi anche i dati sul tenore di vita che professionisti e imprenditori pubblicano sui social. Lo ha detto il viceministro dell’Economia Maurizio Leo parlando del concordato preventivo biennale in audizione alla commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria. In linea di principio il data scraping potrebbe essere utile ma è una misura che potrebbe dare il via ad abusi e spettacolarizzazioni? Ne abbiamo parlato con Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni. Ecco cosa ci ha raccontato.
Il viceministro all’Economia Leo vuole utilizzare i social a fini fiscali. Questa misura finirebbe poi per essere una gogna o il grande fratello?
Spero le parole di Leo siano state solo una provocazione per due ragioni. Una è quella che ci devono essere dei limiti a quello che può fare l’amministrazione fiscale e in particolare questi limiti devono essere gli stessi che si applicano a qualunque altro soggetto. Dev’esserci una somiglianza di trattamento tra le parti nel rapporto tra cittadino e Stato. Esattamente come l’utilizzo dei dati personali è fortemente limitato in tutte le altre attività, non si capisce perché lo stesso non debba valere per la condotta dell’amministrazione fiscale. C’è una seconda ragione, forse la più rilevante, l’amministrazione fiscale sa già tutto di noi e in particolare conosce perfettamente tutto quello che possediamo o che possiedono le persone a noi vicine e conosce soprattuto i nostri livelli di spesa. Se dichiaro 10mila euro all’anno come reddito e guido una Ferrari, non è che l’Agenzia delle Entrate ha bisogno di andare a vedere le foto su Facebook perché sa perfettamente quanto spendo e a chi è intestata l’auto.
Qual è il vero problema secondo lei?
Il tema vero mi sembra quello di utilizzare in maniera corretta ed equa tutte le informazioni a cui le Entrate hanno già accesso. È vero che probabilmente questa accelerazione alla lotta all’evasione si sposa anche al fatto che proprio in questi giorni si sono definite le regole del concordato preventivo. A questo proposito è stato consentito l’accesso della fruizione dello strumento a tutti i contribuenti anche a quelli con un basso livello di affidabilità fiscale e forse l’idea del viceministro e quella di compensare le due cose. Mi sembra che il punto di arrivo ragionevole sia quello di concentrare i controlli sui contribuenti che hanno bassa affidabilità fiscale e che non aderiscono al concordato.
In uno Stato di diritto anche l’amministrazione fiscale deve rispettare delle regole?
Ovviamente sì, in uno stato di diritto tutti devono seguire le regole. Il contratto sociale si fonda sul principio per cui accetto di adempiere a dei doveri, pagare le tasse, e in cambio ho dei diritti, ricevere dei servizi, ma lo stesso deve valere da tutte le parti, specialmente dall’amministrazione fiscale. Proprio perché l’amministrazione fiscale ha già di base l’accesso a tantissime informazioni.
Come vede il ruolo del consumatore?
L’equiparazione dei diritti e dei doveri tra contribuenti e stato è sancita nella norma, a mio avviso un po’ ipocrita in quanto spesso non viene rispettata, che è lo statuto del contribuente conosciuta dal viceministro Leo che l’ha sempre difesa. Io credo che le sue parole siano una provocazione. Sul tema privacy quello che si può dire è che si tratterebbe di una forte intrusione nel privato delle persone che non darebbe nulla in più all’amministrazione fiscale.
Secondo lei ci sono ricette alternative a questa misura per diminuire il tasso di evasione fiscale? Quali?
È importante cercare di focalizzare i controlli sulle figure con una maggiore propensione all’evasione o che per caratteristiche soggettive sollevano un maggiore rischio all’evasione. In generale, però, il tema della lotta all’evasione non può essere affrontato unicamente dal punto di vista degli strumenti di contrasto della stessa ma va anche preso per le corna riconoscendo almeno in parte che questo fenomeno è legato al fatto che il nostro sistema fiscale è estremamente complesso ed è quindi possibile che un contribuente in buona fede compia degli errori e un sistema fiscale estremamente esoso proprio perché parte dal pregiudizio che tutti, in particolare gli autonomi siano evasori, e quindi vadano trattati come tali.
Cosa si può fare nello specifico per contrastare il fenomeno?
Innanzitutto per contrastare il fenomeno bisogna rendere più semplice il sistema fiscale, più equo e meno oppressivo. È un aspetto che Leo conosce molto bene. Lui stesso l’ha detto più volte. Semplificare il fisco e ridurre le tasche vuol dire prendere in mano la spesa pubblica ed effettuare dei tagli che richiedano minori prelievi. Io credo che senza passare da qui, qualunque intervento si possa fare sugli accertamenti. Che in parte sono migliorate negli ultimi anni. Ma l’agenzia delle entrate non può fare di più. La pressione fiscale e la qualità del sistema tributario dipendono dalle scelte politiche e del governo.