di Fabio Massa
I conti non si regolano in consiglio federale. Prima regola, dai tempi di Umberto Bossi, poi reiterata con Roberto Maroni e adesso con Matteo Salvini. Qualunque leghista di lungo corso lo sa. E’ una regola non scritta, violata – forse – una sola volta da Rosi Mauro, ai tempi del cerchio magico. Quindi attendersi un regolamento di conti dal consiglio federale sarebbe stato sciocco, o quantomeno ignorante delle dinamiche interne.
Chi sono i giorgettiani?
Che sono anche dinamiche numeriche: i famosi “giorgettiani” sono in effetti cinque, di cui tre ministri e due sottosegretari. Non c’è abbastanza peso specifico numerico, né la volontà. Se il segretario dovrà essere messo in discussione, non sarà in via Bellerio. E non davanti a una carrettata di pizze, come quelle che sono state fatte entrare nella stanza e sulle quale gli astanti si sono avventati affamati.
I numeri parlano
Più che altro c’è stato un ragionamento sui numeri. Con qualche accenno polemico a Fratelli d’Italia, che “si dicono tanto vincenti qui e tanto vincenti là”, e a Catanzaro – dove Fdi è andata da sola con Wanda Ferro – il centrodestra è in testa e rischia di vincere anche senza ballottaggio. E poi, stesso discorso a Verona, dove comunque il ballottaggio dovrebbe farlo Sboarina. E poi Parma, con Vignali che dovrebbe andare allo spareggio lasciando fuori Priamo Bocchi di Fdi.
Insomma, dove va da sola la Meloni balla poco. Questa la tesi che discutono gli uomini del Carroccio nei corridoi della sede leghista. Mormorii? Pochi, quasi nessuno. Stasera nessuno ammetterà di aver perso, e archiviata la batosta del referendum ci sarà la conta sui territori tra Lega e Fdi.