Le indagini sulla cooperativa della moglie di Aboubakar Soumahoro continuano a far emergere dettagli contrastanti con le battaglie intraprese dal parlamentare, eletto con l’alleanza Verdi-Sinistra. Tra tutte, quella contro il caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori nei campi. Nel giorno del giuramento al Parlamento, Soumahoro si era presentato con i tipici stivali antifango da bracciante. Un paladino dei diritti dei lavoratori, finito ora nella bufera politica e mediatica. In attesa che la macchina della giustizia faccia il suo corso, ironia della sorte, proprio oggi Flai Cgil presenta un report che conferma una tendenza preoccupante: il caporalato non accenna ad arrestarsi. Sono 230 mila i lavoratori, occupati nei campi, irregolari. Pagati a nero e sfruttati. I dati emergono dal VI Rapporto agromafie e caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil.
Lotta al caporalato, dove è finita la Consulta voluta da Lamorgese?
Per contrastare il fenomeno dilagante, il 20 ottobre 2021 l’ex ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, aveva presentato al Viminale “La Consulta Consulta per l’attuazione del Protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e del caporalato”. L’Organismo, che era presieduto dal compianto Roberto Maroni, aveva il compito di dare impulso alle iniziative contro il caporalato previste, prevalentemente a livello locale, nell’ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura.
Al di là di chi sostituità Maroni alla presidenza, c’è da capire se il nuovo governo ha intenzione di mantenere attivo questo organo. O comunque quali siano le azioni previste per arginare il fenomeno. Stefano Patuanelli, rieletto senatore nelle fila dei Cinque Stelle e membro della Consulta assieme all’ex ministro del lavoro, Andrea Orlando, contattato da true-news.it spiega che “la Consulta, nei primi mesi di lavoro, ha incontrato le varie prefetture delle aree dove il caporalato è dilagante. Poi le attività, in concomitanza con la malattia di Maroni, sono calate. Ora spetta al nuovo ministro degli Interni nominare un sostituto e riprendere le azioni per il contrasto al caporalato“.
La testimonianza di un lavoratore originario del Mali
Una piaga che vede protagonisti non solo “capi” italiani: “La regola è che gli africani lavorano con i caporali africani e i lavoratori marocchini con i caporali marocchini, e così per i romeni o i bulgari. E non è detto che un caporale di un’altra nazionalità sia più severo o minaccioso oppure piu’ violento di quello della tua comunità”. Non ci sono differenze etniche o di nazionalità quando si parla di sfruttamento dei lavoratori. Le parole di M.A, originario del Mali, sono eloquenti. La sua storia è una delle tante testimonianze raccolte nell’indagine della Flai-Cgil. “Nella mia esperienza – racconta – spesso i caporali di altre nazionalità tendono ad essere piu’ attenti perchè hanno anche più timore, a volte anche paura, perche’ non conoscono le reazioni che si possono scatenare tra gruppi di nazionalità diversa. Ma c’e’ una costante che caratterizza i rapporti con il caporale, le condizioni di lavoro e le modalità di pagamento. Il caporale ti chiama in genere la sera prima e chiede se sei libero per il giorno dopo o per una settimana o un mese”.
Situazioni che si ripetono da Borgo Mezzanone, la baraccopoli nei pressi di Foggia, fino ai campi della Padania. E contro cui si aspetta il ritorno in attività della Consulta mentre Souhamoro, paladino dei diritti dei braccianti, ha altre beghe di cui occuparsi.