Perché leggere questo articolo? Mercoledì 20 settembre la Camera ha approvato all’unanimità il disegno di legge di riforma costituzionale per inserire la tutela dello sport in Costituzione. Il nostro paese è in strana compagnia. A riconoscere lo sport nella suprema carta in Europa ci sono solo Spagna e otto paesi dell’Est.
“La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Questo è il comma che sancisce l’ingresso dello sport in Costituzione, nell’anno del 75° anniversario della Suprema Carta. Mercoledì 20 settembre la Camera ha approvato in via definitiva e all’unanimità il disegno di legge di riforma. La riforma costituzionale fa entrare l’Italia in un club esclusivo e abbastanza sui generis.
Noi e gli altri nove paesi con lo sport in costituzione
I paesi Ue che promuovono lo sport nelle proprie costituzioni sono infatti nove su ventisette. Come noi ci sono Spagna, Bulgaria, Croazia, Grecia, Lituania, Polonia, Portogallo, Romania e Ungheria. Si tratta di stati relativamente giovani, per la recente formazione e quindi adozione del testo costituzionale. Non è da escludere anche il fatto che a influenzare la sensibilità sportiva di questi paese possa essere stata la recente eredita di un regime totalitario. L’Italia nel 1945 e la Spagna nel 1975 hanno da poco messo alle spalle una dittatura fascista; mentre fino a solo trent’anni fa i paesi dell’Est Europa erano nell’0rbita del blocco comunista sovietico.
Andando a vedere i singoli richiami costituzionali dello sporto, emerge come a volte si tratta di un vero e proprio diritto allo sport (in Portogallo). Spesso di un’attività di promozione da parte dei pubblici poteri (Bulgaria, Croazia, Lituania, Polonia, Romania, Spagna, Ungheria), o considerata, come nel caso della Grecia, una missione fondamentale dello Stato. A volte si salda alla tutela della salute (Bulgaria, Polonia, Spagna), in altre si riconnette a una tutela dei giovani (Romania, in parte la Polonia).
Tutelare non significa garantire lo sport
Come spiega un dossier della Camera, la specificazione «in tutte le sue forme» è stata aggiunta durante i lavori in Commissione Affari costituzionali del Senato per «dare un’accezione quanto più possibile ampia al concetto di attività sportiva». L’articolo 33 è tra quelli che tutelano i diritti sociali dei cittadini ed è dedicato in particolare alla scienza, alla cultura e all’educazione.
Come ha notato Antonella Bellutti, già olimpionica del ciclismo e candidata alla presidenza del CONI, nella sua rubrica “Il sesto cerchio” su The Sport Light: «Chi attende da tempo, troppo, un cambio di sensibilità nello sviluppo delle potenzialità del fenomeno sportivo inteso come diritto di cittadinanza, sente che quel “riconosce” da solo non basta. Se è vero che ogni parola non entra a caso nella Costituzione, il fatto che dopo “riconosce” non vi sia anche “garantisce” ecco, fa sentire quella speranza piuttosto mal riposta». Per far sì che diventi un impegno, e che la modifica non possa essere considerata solo una battaglia di retroguardia, occorrerebbe in effetti agire a livello istituzionale rivoluzionando un paradigma che oggi vede troppo frequentemente lo sport come un lusso per diverse famiglie e, soprattutto, non utilizza la scuola come volano per un cambio di abitudini e quale primo motore della pratica ludica di base.
Lo sport in costituzione varrebbe 23 milioni allo Stato
C’è poi anche chi ha voluto notare un elemento venale nella modifica del testo costituzionale. Con l’entrata dello sport in Costituzione dovrebbero essere modificati anche tutti gli Statuti delle associazioni sportive. Questo porterebbe, secondo alcuni, a un grosso gettito di entrare per lo Stato. Ogni società sportiva di qualsiasi sport, dovrebbe modificare il proprio statuto e registrarlo all’agenzia delle entrate con un bollo di circa 200 euro. Nel 2020 le asd erano circa 115mila, per cui lo Stato con queste modifiche potrebbe riuscire a incamerare circa 23 milioni euro.