Perché leggere questo articolo: Da tempo la politica Usa è teatro di gaffe e scivoloni. Scopriamo le uscite più importanti in una corsa bipartisan verso il basso.
Pensate che la politica italiana sia piena di gaffeur? Non avete mai visto quella Usa. Dove, in un contesto polarizzato e competitvio, si è sempre più sdoganato l’estremismo. Lo conferma l’elezione di Mike Johnson alla carica di Speaker della Camera dei Rappresentanti. Il 51enne deputato della Louisiana è stato scelto dal Partito Repubblicano come ponte tra l’ala conservatrice tradizionale, i fedelissimi di Donald Trump e la destra populista. Johnson è stato presentato come il più “trumpiano” dei moderati. Ma alcune sue uscite passate hanno certamente lasciato il tempo che trovano.
Lo speaker della camera e l’omosessualità causa della caduta di Roma
Di questi giorni è la rivelazione di un vecchio intervento del 2008 in cui Johnson, ai tempi attivissimo avvocato repubblicano nel suo Stato nativo, in un’intervista alla radio si espresse sul tema della liberalizzazione dei matrimoni omosessuali. Johnson parlò chiaramente dichiarandosi contrario all’eventualità, ventilando il tema della criminalizzazione dei rapporti tra persone dello stesso sesso come non fuori dal mondo e, soprattutto, dandosi alla storiografia spiccia. Per Johnson, infatti, l’esempio più eclatante per dimostrare il problema dei matrimoni omosessuali sarebbe l’Impero romano, “caduto anche per le abitudini omosessuali” dei suoi cittadini che ne avrebbero fatto perdere lo spirito guerriero.
Ebbene, Johnson oggigiorno è considerato un moderato, un centrista giusto un po’ schierato a destra, in un Partito Repubblicano sempre più contesto tra l’ala che era maggioritaria fino alla fine della seconda presidenza Bush e quella più radicale. Entro cui si segnalano, ad esempio, delle componenti che sembrano voler esplicitamente alimentare l’ammirazione per fasi storiche dell’America oggi assai controverse. Una larga fetta della popolazione, nera ma non solo, rifiuta la narrazione segregazionista del passato? Ecco arrivare Ron DeSantis, governatore della Florida e candidato presidenziale, che poche settimane fa ha dichiarato che i neri “hanno beneficiato” dei secoli di schiavitù. Dimenticando che fu proprio il suo partito, con Abramo Lincoln, a eliminarla.
Gli scivoloni dem su Israele: una questione politica
Noblesse oblige per il Grand Old Party. Ma anche in casa democratica non è certamente ora di abbassare i toni. Rashida Tlaib, politica dem e deputata di sinistra radicale per lo Stato del Michigan, di recente si è aggiunta al coro delle voci più esagitate del mondo istituzionale a stelle e strisce. Di origine palestinese, Tlaib è ovviamente scottata dagli eventi di Gaza delle ultime settimane. E fin qui nulla di strano. Ma c’è di più. Tlaib si è scagliata a senso unico contro la manovra di Israele a Gaza criticando non solo Benjamin Netanyahu ma anche il suo stesso presidente, Joe Biden. “Joe Biden ha sostenuto il genocidio del popolo palestinese”, ha detto Tlaib in un recente video pubblicato sui suoi social, aggiungendo che “il popolo americano non dimenticherà” questa manovra.
Uscite durissime contro il presidente dello stesso partito di Tlaib, che invero su molte cose si può criticare ma non certamente sulla posizione equilibrata su Israele e Palestina. Biden e il segretario di Stato Antony Blinken hanno invitato Israele alla moderazione. Condannando duramente i massacri del 7 ottobre da un lato e sostenendo l’azione anti-Hamas di Tel Aviv da una parte ma chiudendo a ogni manovra di repressione antipalestinese in Cisgiordania. Piaccia o meno Biden, accusarlo di sostegno a un genocidio è quantomeno ingeneroso.
La star della sinistra dem contro i filo-Israele
La compagna della sinistra dem Alexandria Ocasio-Cortez, star della liberal left di New York, è stata parimenti in bilico sul tema israelo-palestinese. Giustificando il voto contrario a una risoluzione sulla guerra, Ocasio alla Camera ha attaccato i deputati, repubblicani e democratici, vicini all’American-Israel Political Action Committee (Aipac).
Ritenuto certamente il centro d’influenza più conservatore del mondo filo-israeliano americano, l’Aipac, a cui fanno riferimento anche molti dem eletti anche nel 2022 alle elezioni di mid-term, è stato travolto dagli attacci di Aoc. La quale ha detto che i suoi membri “non sono amici della democrazia americana. Sono anche uno dei gruppi più razzisti e bigotti del Congresso, che prendono di mira in modo sproporzionato i membri di colore. Sono un’organizzazione estremista che destabilizza la democrazia degli Stati Uniti”. Una reazione politica che mostra quanto impossibile appaia una virtuosa mediazione tra ali diverse del mondo istituzionale a stelle e strisce. Oramai sempre più radicalizzate e chiamate a delegittimarsi a vicenda. Non un buon segnale in vista delle presidenziali 2024.