Di Andrea Bonessa*
L’efficientamento energetico del patrimonio di edilizia residenziale che, grazie al super bonus 110%, sia Metropolitana Milanese sia Aler stanno approntando, dimostra in modo semplice e immediato il collegamento diretto tra giustizia ambientale e giustizia sociale.
Un collegamento che non sempre è facile spiegare e di cui molti continuano a non rendersi conto.
Le spese per il riscaldamento incidono fino al 70% di quanto un affittuario di casa popolare deve pagare.
La loro riduzione è quindi un atto di equità sociale che favorisce chi è già in difficoltà oltre a rappresentare un notevole vantaggio per l’amministrazione pubblica che si vedrà ridotta la quota di morosità relative a spese già sostenute.
Ai vantaggi economici si sommano quindi quelli sociali, diretti e tangibili, in una logica di economia ambientale di riduzione dello spreco di risorse.
Economia ed ecologia non hanno solo la stessa radice ma sono le facce della medesima medaglia quando sono rivolte alla medesima finalità: ottimizzare l’uso delle risorse disponibili. Perché fare economia significa fare ecologia in una logica che tenda al raggiungimento di un equilibrio tra energia consumata e risultati ottenuti, con una riduzione della quantità di lavoro necessaria al raggiungimento del benessere sperato.
È questa la direzione che dovrebbero seguire tutti i nostri interventi e le nostre azioni. I fondi che saranno a disposizione per superare l’attuale crisi dovranno essere indirizzati a quegli interventi che, direttamente o indirettamente, perseguano la riduzione degli sprechi di risorse.
Di tutte le risorse: suolo, aria, acqua, tempo, lavoro, energia e così via.
Super Bonus 110%, meno burocrazia per l’edilizia pubblica
E non si capisce perché la complessa procedura del Super Bonus 110%, accettabile per gli interventi sul patrimonio privato, debba essere richiesta anche agli operatori pubblici. Si tratta di risorse economiche dirette a favore del patrimonio pubblico da parte del pubblico, in un passaggio dalla tasca destra a quella sinistra, che potrebbe e dovrebbe essere facilitato e diretto, senza una burocrazia inutile e, anche questa, dispendiosa di energie indirizzabili altrove.
L’intervento incisivo sull’edilizia residenziale pubblica, il suo efficientamento e la sua ottimizzazione libererebbe una quantità di risorse in grado di moltiplicare l’offerta immobiliare non speculativa mitigando le logiche di un mercato che, soprattutto in Italia, è drogato e fuori controllo.
È necessario passare dal principio di possesso a quello di utilizzo dei beni. La condivisione, secondo i bisogni e le necessità di un bene, rappresenta un ulteriore passaggio ecologicamente indifferibile.
Dobbiamo superare l’ideologico adagio “la casa è un diritto” e considerare l’abitazione come un “servizio”, di cui beneficiare secondo i bisogni e le necessità contingenti, seguendo una indicazione su cui anche l’attuale assessore alle politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti è più volte tornato.
Non si tratta di conquistare un alloggio, soprattutto di edilizia pubblica, da non mollare mai e addirittura tramandare alle generazioni successive.
Il pubblico deve garantire un servizio, quello dell’abitare, conformato alle nostre esigenze, necessità, possibilità del momento.
Un’ulteriore ottimizzazione dell’uso delle risorse, un’ulteriore economia, in grado di liberare beni, spazi, possibilità a favore di un sempre maggiore numero di cittadini.
La casa come servizio disponibile e accessibile universalmente.
Questo il cammino che dovrà intraprendere la prossima amministrazione milanese, con una forte azione e una forte presenza dell’indirizzo pubblico nella risposta alle richieste dei cittadini.
E quella dell’abitare non passa attraverso l’Housing Sociale, grande bacino della speculazione privata, che tende a cristallizzare la proprietà immobiliare ammanettando spesso i cittadini a un mutuo che dura una vita intera, ma si risolve con la condivisione di beni pubblici.
* Portavoce dei Verdi di Milano