C’è un proverbio napoletano che potrebbe giustificare l’agire di Antonio Tajani, dal 2018 vicepresidente di Forza Italia. E’ quello che dice “Cchiù poche simm e cchiù belle parimm”. Traduzione: in meno siamo e più belli sembriamo. Da quando l’ex giornalista ha ricevuto in dono la guida, non pochi sono stati gli esponenti che hanno detto addio a FI. Ultimi, in ordine di tempo i tre ministri della delegazione forzista nel governo Draghi. Mara Carfagna, Maria Stella Gelmini e Renato Brunetta.
Tre ministri in fuga
Prima di loro un’altra pasionaria forzista, Micaela Biancofiore. Passata con Coraggio Italia, aveva sbattuto la porta per poi dedicare all’europarlamentare parole al vetriolo. “Da quando Silvio Berlusconi ha nominato Antonio Tajani suo factotum, Forza Italia vive un’odissea che non conosce limiti. Lo affermo col diritto e il dolore di chi Forza Italia ha contribuito a fondarla dal primo minuto e stenta a riconoscerla”.
“Silvio Berlusconi infatti e Antonio Tajani”, proseguiva la deputata altoatesina, “che oggi gestisce FI invece del Presidente catastroficamente non potrebbero essere più diversi. Si può dire che Tajani è l’antiberlusconi. Tanto l’uno l’ha fondata, arricchita di voti e di persone di spessore umano e professionale; tanto l’altro l’ha affossata rendendola fanalino di coda del centro destra e depauperandola dei migliori. Come uno è solare, così l’altro è ombroso, indisponente naturalmente respingente, voti e persone”.
Tajani? E’ l’antiberlusconi
Parole, quella della Biancofiore, pronunciate dopo il verificarsi del caso di Massimiliano Salini. Eurodeputato forzista, sollevato a metà maggio scorso dall’ambito incarico di coordinatore regionale del movimento in Lombardia per essere sostituito dalla senatrice Licia Ronzulli; che con Tajani e Marta Fascina – la deputata campana compagna di Silvio Berlusconi, un tempo assistente parlamentare della prima – formano il cosiddetto “cerchio magico” che detterebbe l’agenda al Cavaliere. Nel ristrettissimo cerchio di consiglieri anche la presidente dei forzisti al Senato Anna Maria Bernini.
E proprio Tajani, Ronzulli e Bernini sono i nomi dei papabili ministri azzurri se il 25 settembre le urne confermeranno le previsioni di una vittoria del centrodestra. Forza Italia, però, può dimenticare i fasti del passato, anche se la propaganda ha ripescato gli stessi format del 1994, anno del debutto sulla scena politica e dell’exploit elettorale.
Gli ultimi sondaggi attribuiscono a FI un 8,9%, che rende la creatura di Silvio Berlusconi la terza forza della coalizione, dietro Fratelli d’ Italia (24,2%) e Lega (14%).
Il sogno infranto di Tajani
Tajani, in cuor suo, ci sperava. Sperava che alla fine per rassicurare Europa (è lui che ha voluto nel simbolo il richiamo al Ppe) e mercati, la sorpresa potesse essere un suo incarico come presidente del Consiglio. In una intervista al Corriere della Sera del 22 luglio scorso diceva: «Io non ho ambizioni di premierato, non sono candidato, sono a disposizione di Berlusconi e della coalizione per quello che tutti insieme vorremo fare. Sono sempre stato un soldato e non ambisco a nulla se non a essere utile al Paese e al centrodestra».
Ambizione ben celata (Tajani ha fatto del basso profilo la sua forza) stroncata però dalla decisione comune degli alleati di coalizione: premier sarà chi prenderà un voto più degli altri.
Tajani, ex presidente del Parlamento europeo ed ex commissario Ue, vice presidente del Partito popolare europeo, non sarà candidato alle prossime politiche (in Forza Italia sperano che a fare da traino possa essere ancora il nome di Berlusconi, che ha annunciato la sua candidatura al Senato). Ma sarà lui, Tajani, insieme agli altri del “cerchio magico” a indicare i nomi in quota Forza Italia in collegi uninominali e liste proporzionali.
Coordinatore nazionale, una carica non prevista dallo statuto
Sul punto le parole della Biancofiore, dopo il caso Salini, erano state durissime: “Tanto uno era geneticamente rivoluzionario (Berlusconi, ndr) e quindi entusiasmante, tanto l’altro (Tajani, ndr) è un grigio amministratore dello status quo e della mosceria europea, più che della moderazione. Salini è solo l’ennesimo eccellente parlamentare e dirigente, accompagnato alla porta con consueta maleducazione ed arroganza, senza un perché svuotando ancora una volta FI di voti e credibilità. Un’operazione suicida che ha sottratto a Fi una cinquantina di parlamentari e una infinita quantità di dirigenti territoriali, lascia do gli elettori di FI ogni giorno sempre più attoniti. Berlusconi dovrebbe cambiarne uno solo, Tajani appunto che o non sa o peggio finge di non sapere”.
“Io credo – concludeva la parlamentare – che ci sia una precisa strategia in questo repulisti, sconosciuto a Berlusconi, volto a limitare le candidature solo ai pochi lecchini dell’attuale establishment del partito. Ma continuando così, Tajani e i suoi accoliti scriveranno l’epitaffio a Forza Italia, che sarà un boomerang che gli si ritorcerà contro. Mi auguro che qualcuno nel partito oggi tiri fuori il coraggio, a cominciare dall’impugnare lo statuto che non prevede alcun coordinatore nazionale“.
Tajani e Forza Italia, due storie sovrapponibili
Difficile che possa accadere, anche perché Antonio Tajani non è soltanto un unto dall’unto del Signore per guidare Forza Italia, ma la sua storia personale è perfettamente sovrapponibile a quella del partito azzurro.
Il 18 gennaio del 1994, quando in via Santa Maria dell’Anima 31 a Roma, nello studio del Cavaliere, viene istituita l’associazione Forza Italia, ci sono, infatti, Antonio Martino, il generale Luigi Caligaris, l’imprenditore Mario Valducci, il notaio Francesco Colistra e proprio Antonio Tajani, allora capo della redazione politica del Giornale diretto da Indro Montanelli.
Scriverà Camelo Lopapa su Repubblica nel 2017: «E un piccolo “covo” della destra politica è stata anche la redazione romana del Giornale, quando il giovane Tajani vi approda, divenendone capo nel 1991, a 38 anni. E’ in quel periodo che si costruisce un solido rapporto personale con Gianni Letta, punto di riferimento della Fininvest a Roma. Già allora braccio destro di un Berlusconi imprenditore e via via sempre più tentato dall’avventura politica. E sarà il futuro sottosegretario a presentare Tajani al magnate deciso a lanciarsi nell’arena politica e alla ricerca di un giornalista navigato per farsi guidare tra i palazzi che contano della Capitale. Ne diventerà portavoce, l’ombra, nei mesi della cavalcata trionfale dalla discesa in campo del gennaio 1994, dell’Italia è il Paese che amo, al successo alle Politiche di marzo».
Europarlamentare per caso
Tajani si ritroverà invece a Bruxelles per caso. Candidato in un collegio laziale alla Camera, una irregolarità formale nella presentazione della lista ne determina l’esclusione. Berlusconi prova a consolarlo con la candidatura alle Europee. Eletto a all’Europarlamento in patria Tajani si consola con la nomina a coordinatore laziale di Forza Italia e affianca Cesare Previti, nominato dal capo coordinatore nazionale.
L’Italia proprio non porta bene a Tajani. Nel 1996 prova a essere eletto di nuovo alla Camera, ma viene sconfitto in un collegio maggioritario da un sindaco Pd. Nel 2001 è il candidato del centrodestra per la poltrona di sindaco di Roma, ma viene sconfitto da Walter Veltroni.
Attingiamo ancora dal ritratto di Lopapa su Repubblica: «Abile, astuto, ha fatto della “moderazione” un vessillo personale, filo Merkel sotto traccia anche negli anni più critici della premiership di Berlusconi, anni in cui Tajani si inabissa, scompare, si defila, tenendosi lontano dalle guerre politiche e giudiziarie condotte in Italia dal suo leader. Fervente anti leghista e acerrimo nemico di Salvini (a Bruxelles si salutano a stento). L’ultima sfida con Gianni Pittella, amico e avversario di una vita. In fondo l’altro italiano che come lui non è mai stato profeta in patria».
L’avvicinamento alla Lega
I tempi cambiano e oggi Tajani sembra aver recuperato il feeling con il leader della Lega: insieme hanno deciso di affossare il governo Draghi, cogliendo la palla al balzo dei capricci del Movimento Cinque Stelle. Solo pochi mesi prima Tajani, parlando con i giornalisti, prefigurava per l’esecutivo guidato dall’ex banchiere centrale, una durata fino al 2023, scadenza naturale della legislatura.
Un Tajani di lotta (oggi) e di governo (allora). Quando addirittura si era fatta strada la fantasiosa ipotesi di vederlo succedere a Mattarella come presidente della Repubblica.
Per lui, figlio di un ufficiale dell’esercito e di una docente di latino e greco originaria di un paese del Frusinate, studi liceali nella capitale e frequenza all’università sempre a Roma (è laureato in Giurisprudenza), servizio militare prestato nell’Areonautica come ufficiale di complemento, sarebbe stata l’occasione di mettere finalmente una pietra sul suo passato giovanile nel partito monarchico.
Viva Berlusconi e viva il re!
A riportare a galla il passato savoiardo di Tajani, è il deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che interpellato da Repubblica sul fatto che il “Ppe considera Giorgia Meloni troppo di destra e sta lavorando per Tajani a Palazzo Chigi“, risponde: “Mi sembra strano, il presidente Tajani era addirittura monarchico“.
A un post dell’indignatissimo Emanuele Filiberto di Savoia per le sue parole, Rampelli risponde sarcastico: “Se il Ppe, che non ha alcun titolo a interferire nelle scelte del popolo italiano, vuole proprio cercare un capo di governo alternativo a Giorgia Meloni e meno di destra, cercasse meglio. Questo era il senso”. Manca solo che umili l’erede dei Savoia facendogli dei disegnini.
Ma è un’altra volta che Tajani (sposato, con due figli) fa davvero arrabbiare tanti. E’ quando, presentando le iniziative di Forza Italia per la Festa della mamma, in conferenza stampa dice: “La famiglia è per noi il nucleo fondamentale della società e va difesa, ma senza figli non esiste”. Poi sottolinea: “la donna non è una fattrice, si realizza pienamente con la maternità” e “essere mamme è un modo per realizzarsi”.
La polemica sulla famiglia
Ad indignarsi per le sue parole non sono solo Cinque Stelle e Partito democratico. Ma anche il suo collega di partito Luigi Vitali; che in una nota sottolinea il fatto che si sia trattato di “un parere personale che, per quanto mi riguarda non condivido ed è fuori dai principi liberali di Forza Italia. Credo che debba chiarire o scusarsi per l’improvvida affermazione”.
E c’è anche l’ex fidanzata del Cavaliere, Francesca Pascale, che attacca il coordinatore nazionale di FI. “Ecco perché non voto più Forza Italia”, scrive in una storia Instagram nella quale vengono riportate le parole di Tajani.
Un anno dopo Francesca Pascale sposerà Paola Turci, a poca distanza di tempo dalle nozze-non nozze del Cavaliere con Marta Fascina. Tajani, ça va sans dire, sarà solo tra il ristretto gruppo di invitati del secondo.