Home Politics Togliatti primo “rossobruno” d’Italia? Cazzullo ne spara di tutti i colori

Togliatti primo “rossobruno” d’Italia? Cazzullo ne spara di tutti i colori

TOGLIATTI CAZZULLO

Perché leggere questo articolo? Togliatti rossobruno? Per Aldo Cazzullo l’opzione non è da escludere. Vediamo le teorie storiografiche della prestigiosa firma di Via Solferino. E tutti i loro limiti…

Aldo Cazzullo collega Palmiro Togliatti e Marco Rizzo, Giovanni Gentile e Gianni Alemanno: dietro i comunisti e i fascisti di ieri c’è il rossobruno di oggi? L’editorialista del Corriere della Sera, nel rispondere a un lettore nelle consueta rubrica “Lettere di Via Solferino”, nella giornata di venerdì 17 novembre ha di fatto etichettato lo storico segretario del Partito Comunista Italiano come antenato del rossobruno tipo di oggi.

Rossobruni di ieri, rossobruni di oggi: che c’entra Togliatti?

Il motivo? Cazzullo ricorda che Togliatti produsse un appello ai “fratelli in camicia nera” del 1936 in cui il leader, in esilio a Mosca presso la corte di Iosif Stalin, provò a incunearsi in un regime fascista dal granitico consenso dopo la conquista dell’Abissinia contrapponendo il programma fascista del 1919 a quello realizzato dopo la Marcia su Roma del 1922 nel trittico di categorie di grandi capitalisti, industriali, finanzieri e agrari, che traevano profitto dal governo di Benito Mussolini ai tempi dell’avventura coloniale africana. Al contempo, Cazzullo ricorda che Gentile, nel Manifesto degli intellettuali fascisti del 1929 indica nel “demosocialismo” formato dall’asse tra movimenti liberali, sinistre e un generico gruppo di “plutocrati” la principale minaccia al futuro dell’Italia.

Per Cazzullo questo è sufficiente a ricordare che “il fenomeno dei rossobruni in Italia” ha “radici antiche” e che dunque ieri, in sostanza, fascisti e comunisti non si combattessero in forma così estesa. Ma arrivavano quasi ad ammiccarsi. Del resto, nota Cazzullo, “comunisti nell’Italia del 1919 non ce n’erano” e nell’ottobre 1922 “non v’era alcun pericolo di una rivoluzione bolscevica”. Il sottotesto è che, in sostanza, i due movimenti siano da interpretare come parte delle origini di un comune fronte rossobruno avente oggigiorno l’obiettivo di unire estrema destra e estrema sinistra contro i “nemici comuni”, dal capitalismo a Israele, passando per gli Usa.

La storiografia semplificatoria di Cazzullo

L’editorialista 57enne del Corriere si dichiara poi uno studioso che non ha “il mito dei documenti” prima di giustificarsi per la doppia citazione Gentile-Togliatti addotta alla base della sua tesi sul rossobrunismo compagno di strada dell’Italia di ieri e di oggi. Ci chiediamo perché allora, se Cazzullo ha uno scarso amore per i documenti, si ostini a scrivere di storia. Dal 1996 a oggi, Cazzullo ha pubblicato oltre trenta libri. Molti riguardano la storia, grande e piccola, del Paese. Dall’Antica Roma all’Unità d’Italia, da Dante alla Resistenza, per arrivare al libro intervista dell’ex partigiano e poi aspirante golpista Edgardo Sogno, “Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al golpe bianco”, Cazzullo ha, con profusione, scritto di una quantità ampissima di argomenti.

Ma che senso ha scrivere di storia se si negano le valenze di fondo del metodo centrato sulla ricerca d’archivio e l’unione dei puntini del passato? Si rischia di incorrere nell’errore di leggere con le lenti di oggi la storia di ieri. Cosa che Cazzullo, a ben guardare, sembra fare. Ostinandosi nel dividere tra buoni e cattivi, tra una storia accettabile e una destinata al dimenticatoio. Di Togliatti, uomo che con tutti i suoi limiti fu protagonista della Resistenza e assieme a Alcide De Gasperi del trapasso democratico nel nostro Paese, Cazzullo scrisse in passato che ci sono “troppe vie” in Italia che portano il suo nome.

Cazzullo “spiega” l’impero romano

Al contempo, il nostro non si fa remore nell’intitolare il suo più recente libro, dedicato alla storia di Roma, Quando eravamo i padroni del mondo. Un richiamo molto “boomer” alla retorica che vede gli italiani – e solo loro – eredi diretti della romanità. Tesi che, diciamo tra il serio e il faceto, non dispiaceva a molti protagonisti dell’Italia del primo secolo postunitario, da Giovanni Pascoli allo stesso Mussolini.

Viaggiare per archivi avrebbe aiutato Cazzullo a migliorare la sua visione storiografica, che è quella di chi propone tesi facendole passare per l’opinione di un dotto divulgatore. In riferimento al suo ultimo libro, nota Valigia Blu, “se Roma, come viene ribadito nel libro, ha ispirato tutti i sistemi politici successivi, perché solo noi italiani dovremmo considerarci in qualche modo gli eredi diretti dei Romani? È un interrogativo che non viene chiarito, anche se fra le righe si dovrebbe capire che gli eredi sono in realtà “gli occidentali” in generale, fra i quali vengono inseriti anche i russi della Terza Roma. Ma Cazzullo non esplicita mai questo passaggio: e c’è da capirlo, sia mai che qualche lettore italico lo capisca e si senta defraudato dell’idea di essere l’erede diretto ed esclusivo di Giulio Cesare”.

Storia à la carte

Un esempio di quella storia à la carte che nel caso del Togliatti “rossobruno” ha il suo acme: per colpire i rossobruni di oggi, si va a cercare i loro antenati nei “rossi”, e en passant nei neri, di ieri. Un’operazione che la consultazione di qualche documento avrebbe permesso di capire essere destinata a rivelarsi pretenziosa e, in definitiva, senza sbocchi sostenibili.