Ha molto a cuore i diritti civili. Ma non il luogo prediletto dove difenderli: il Parlamento. È la parabola di Tommaso Cerno, senatore Pd – poi gruppo misto, poi di nuovo Pd – eletto il 4 marzo 2018 per una poltrona a Palazzo Madama. Poltrona che almeno a giudicare dalle presenze non deve essere troppo bollente: 410 presenze su su 6.950 votazioni. Il 5,9% del totale. Che salgono al 28% se si considerano anche le missioni autorizzate dalla Presidenza del Senato o i congedi (1.516). Quasi un record per l’ex condirettore di Repubblica eletto a Milano prima di litigare ferocemente con i dem locali Cerno, ovvero come insultare il Pd, non pagare, ed essere riaccolti. L’ex giornalista dell’Espresso e il Partito Democratico, tra uscite e azioni legali (e la fiducia al governo Conte), battuto solamente dal senatore Riccardo Merlo che ha il 5,73% delle presenze alle votazioni elettroniche di Palazzo Madama ed è costantemente in missione per conto della Repubblica Italiana (99,5%).
Ma i numeri non dicono tutto. Il confronto con i suoi colleghi lombardi? È impietoso. Solo a guardare fra i dem il senatore Alessandro Alfieri è stato presente a 6648 votazioni (95%). Franco Mirabelli a 6.600 (94,9%). Tommaso Nannicini 5648 (81,2%). A destra? L’acerrimo nemico di Cerno, Simone Pillon, è stato presente a 6762 presenze, oltre il 97% del totale. Daniela Santanché – che è la “peggiore” dentro Fratelli d’Italia – ha comunque partecipato a 4545 votazioni elettroniche con il 65,4% delle presenze. Se qualcuno si sta domandando come mai il Ddl Zan non passa e i decreti Sicurezza di Matteo Salvini invece sì, ecco plasticamente spiegati alcuni dei motivi.
Ma non finisce qui: il senatore friulano ed ex giornalista, paladino di diritti che vanno dalla cannabis legale, all’eutaniasia fino alla battaglia contro il sovraffollamento delle carceri, quelle poche volte che è presente a Roma non brilla per l’iniziativa parlamentare. Interventi su Ddl? Due di numero. Entrambi nella stessa giornata: il pomeriggio del 3 dicembre 2018 nella Commissione Permanente Affari Costituzionali, dove curiosamente Cerno si è esposto con il suo nome sul Disegno di Legge per “la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”. Tanta roba.
Tommaso Cerno e l’opposizione alla Tav
Attività di relatore? Tre occasioni. Attività non legislativa? Altre due, che passeranno alla storia: il 7 agosto 2019 per una Mozione sulla Tav in Val Susa – tema sul quale si è consumata la sua spaccatura con il Partito democratico (prima di rientrare) – e il 2 novembre 2020 per “comunicazioni urgenti della Presidenza del Consiglio sulla situazione epidemiologica e sulle misure per fronteggiare l’emergenza Covid-19”.
L’assenza dai palazzi che contano non ha tuttavia spento la verve creativa del già direttore del Messaggero Veneto e de L’Espresso. Nei documenti che attestano la sua situazione patrimoniale e reddituale per l’anno 2021 Cerno ha segnalato a chiare lettere la collaborazione “Mondadori Libri spa – diritti d’autore”. Chissà che sorprese attendono i lettori del Bel Paese dopo “Inferno. La Commedia del potere” (2013) e “A Noi! Cosa ci resta del fascismo nell’epoca di Berlusconi, Grillo e Renzi” (2015), entrambi pubblicati dalla casa editrice della famiglia Berlusconi.
Le proposte di legge di Cerno? Sui meccanismi per entrare al Senato
Per non parlare delle proposte di legge a sua prima firma occorse a quasi quattro anni dalle elezioni. Ben cinque, in linea con quanto fatto da numerosi colleghi. I contenuti? L’ultima in ordine cronologico tocca un tema a lui caro: come entrare nel Senato della Repubblica. “Modifiche all’articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato attivo per l’elezione del Senato”. Una legge – identica ad un’altra presentata in contemporanea da Roberto Calderoli e ad un’altra ancora già depositata alla Camera dei Deputati – per permettere il suffragio universale nel voto Palazzo Madama, oggi limitato agli over 25. Testo della proposta? Cambiare l’articolo 58 della Carta repubblicana con la seguente frase: “Il Senato della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto”. Breve ma intenso.
Tommaso Cerno e le modifiche della Costituzione
Del resto quando il senatore ha cominciato ad occuparsi di norme, poche settimane dopo essersi insediato, ha voluto iniziare col botto: cambiare la Costituzione. “Modifiche alla parte seconda della Costituzione per assicurare il pieno sviluppo della vita democratica e la governabilità del Paese” è il frontespizio del primo Ddl che porta la firma di Cerno. Come si assicura la “piena vita democratica” dell’Italia? Lo illustra lo stesso Cerno ai colleghi. Il suo Ddl per dare un “coerente impianto presidenzialista” al Paese e per “fare uscire la democrazia italiana dal pantano attuale” prevede di riprendere “integralmente i contenuti della proposta di legge costituzionale presentata alla Camera dei deputati nella XVI legislatura il 3 luglio 2012”. Tradotto: è una riforma depositata a Montecitorio sei anni prima da altri.
Il sostegno al commercio della cannabis
Che dire invece dell’ambizioso Ddl per regolamentare la “produzione, consumo e commercio della cannabis e suoi derivati”? Un passo di civiltà. Se non fosse che, dice ancora una volta il senatore presentando ai colleghi la norma, “questo disegno di legge riprende, nelle linee generali, il testo di un disegno di legge di iniziativa popolare presentato alla Camera dei deputati nella XVII legislatura (atto Camera n. 4145)”. Come a dire: il popolo ha parlato.
Riforma dell’eutanasia
È andata meglio con il testo di riforma sull’eutanasia e il rifiuto dei trattamenti sanitari, redatto insieme al senatore Pittella. “Proponiamo poche regole chiare” dice Cerno per non smentirisi quanto a lungaggini burocratiche e legislative. In effetti si tratta di quattro articoli e 10 commi di legge, tutti molto “chiari”. Altrettanto chiara è la proposta presentata a gennaio 2020 per la “Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile con finalità sociali” con cui Cerno vuole finalmente “affrontare il problema strutturale delle carceri italiane”. Anche quell’anno il “saldo” dei penitenziari è andato crescendo: più 1.500 detenuti rispetto al 2019. Le pene alternative al carcere stentano a decollare. Il sovraffollamento – con tanto di condanne europee per l’Italia – aumenta. La proposta del senatore dem? “Servirebbe un altro indirizzo di governo” per favorire “le alternative alla detenzione”. Già sentito ma giusto. E quindi? Il Ddl di Cerno “ricalca per grandi linee le proposte presentate nelle legislature precedenti” prevedendo “la concessione di un’amnistia sociale condizionata e di un indulto sociale revocabile per le pene detentive”.
Una domanda: a grandi linee, che cosa ci fa Cerno in Parlamento?