A lanciare l’allarme sono state alcune associazioni umanitarie che si occupano di bambini: nella migrazione dalla Ucraina al confine polacco sono scomparsi alcuni minori che potrebbero essere finiti nella rete dei trafficanti di esseri umani. Il rischio tratta è molto forte anche in Italia, dove secondo i dati del Viminale, sono arrivati, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, oltre 250 minori non accompagnati. Una piccola goccia nell’oceano della disperazione se si considera che a lasciare il paese invaso dai russi sono stati un milione e mezzo di bambini, molti dei quali partiti non accompagnati da un adulto e spesso provenienti da uno dei numerosi orfanotrofi ucraini.
Il traffico in Italia
La tratta di esseri umani in Italia è sempre stato appannaggio di mafie non allogene, quella nigeriana in primis, e ha sempre avuto come vittime i connazionali di chi gestisce il traffico di esseri umani. Nella nuova situazione, però, potrebbe inserirsi anche la criminalità organizzata italiana, che ha da sempre rapporti con gruppi criminali dell’est, Romania in primis, paese che è il principale “snodo” di smistamento verso occidente per chi fugge dalla guerra.
Secondo una recente analisi condotta dall’Unicef e dall’Inter-Agency Coordination Group against Trafficking (ICAT), il 28% delle vittime identificate della tratta a livello globale sono bambini. Nel contesto dell’Ucraina, gli esperti ritengono che i bambini rappresentino probabilmente una percentuale ancora maggiore delle potenziali vittime di tratta, dato che i bambini e le donne rappresentano quasi tutti i rifugiati che sono fuggiti dal paese finora.
“La guerra in Ucraina sta portando a massicci spostamenti e flussi di rifugiati – condizioni che potrebbero portare a un aumento significativo della tratta di esseri umani e a un’acuta crisi di protezione dei bambini”, ha dichiarato Afshan Khan, Direttore regionale dell’Unicef per l’Europa e l’Asia centrale. “I bambini sfollati sono estremamente vulnerabili alla separazione dalle loro famiglie, allo sfruttamento e alla tratta. Hanno bisogno che i governi della regione si facciano avanti e mettano in atto misure per tenerli al sicuro”.
I dati del Viminale
Esattamente un anno fa, nel marzo 2021, il Servizio di Analisi Criminale del Dipartimento della pubblica Sicurezza presso il ministero dell’Interno pubblicava un focus sulla tratta degli esseri umani in Italia. Un fenomeno presente nel nostro paese, ma del quale non si parla mai abbastanza, e sul quale la nuova situazione potrebbe imprimere una luce ancora più inquietante. Basta partire dai dati: “nel 2020 – si legge nel report – i denunciati e/o arrestati risultano, ancora, principalmente di nazionalità nigeriana (con un totale di 144 segnalazioni, comunque in diminuzione rispetto alle 214 dell’anno 2019), seguiti dai romeni (37 nell’anno 2020 a fronte di 33 nel 2019), gli italiani (32 rispetto a 39) e gli albanesi (10 a fronte di 5). Meno ricorrenti, invece, appaiono le segnalazioni a carico di elementi bulgari (4 nell’anno appena terminato, 5 nel precedente 2019), bangladesi (4 a fronte di nessuna) e serbi (3 rispetto a nessuna).
Più nel dettaglio, nel quadriennio 2016-2019, tra i segnalati per il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù (art. 600 C.P.), i nigeriani prevalgono sulle altre etnie (sono seguiti dai romeni, dagli italiani, dagli albanesi e dai bulgari). Nell’anno 2020, invece, i denunciati e/o arrestati per la riduzione o mantenimento in schiavitù appaiono principalmente italiani (30 le segnalazioni, in aumento rispetto alle 23 del 2019) e romeni (28 a fronte di 21), precedendo i nigeriani (23 rispetto a 56) e gli albanesi (8 a fronte di 4)”.
Diversi tipi di traffici
Viene poi spiegato: “A livello internazionale, viene effettuata una distinzione fra “smuggling”, ovvero l’introduzione illegale di migranti nel territorio di uno Stato e il “trafficking”, ossia lo sfruttamento sessuale o economico in condizioni analoghe alla schiavitù. Spesso i due fenomeni sono strettamente correlati anche se le vittime della tratta degli esseri umani non necessariamente coincidono con i migranti illegali. I traffici evidenziano una spiccata vocazione transnazionale (con organizzazioni criminali che spesso hanno i propri vertici e/o referenti nelle loro nazioni di origine o, comunque, all’estero).
Non sempre è facile distinguere il migrante illegale dalla vittime di tratta in quanto le strutture organizzative dei sodalizi criminali, sono spesso articolate su livelli operativi integrati. I mercati più remunerativi dove le vittime di tratta (spesso anche minori di età) sono sfruttate, risultano quello sessuale, quello del lavoro (per lo più nei settori agricolo, edile, manifatturiero e della ristorazione), dell’accattonaggio e spesso in attività illegali (come ad esempio lo spaccio di stupefacenti, i furti e la ricettazione)”.
Chi gestisce la tratta di esseri umani?
“Le strutture organizzative dei sodalizi criminali dediti ai predetti traffici sono spesso articolate su livelli operativi integrati”, chiariscono dal Viminale, “e, pertanto, non sempre è facile distinguere. In primis troviamo le organizzazioni etniche (che pianificano e gestiscono lo spostamento dal Paese di origine a quelli di destinazione), poi ci sono le strutture che nelle zone di confine, tra i diversi Paesi interessati dal viaggio, si occupano (su mandato delle prime) di fornire i documenti falsi, scegliere le rotte e le modalità di trasferimento. Alle stesse, inoltre, è affidato il compito di concentrare i clandestini, in attesa dello spostamento, in luoghi “sicuri”. Il livello più in basso è costituito dai soggetti stanziati in Italia che accolgono i migranti per sistemarli definitivamente, trasferirli (verso il nord-Europa) oppure consegnarli agli emissari finali che, nel solo caso del “trafficking”, costituiscono un ulteriore livello, quello che beneficerà dell’asservimento e dello sfruttamento della vittima”.
La tratta, dopo il reclutamento delle persone da sfruttare e il loro trasferimento, qualora necessario, in un altro Paese, si perfeziona con l’isolamento e la coercizione (fisica o psicologica) delle vittime e il relativo sfruttamento nella località prescelte. Le vittime spesso sono assoggettate attraverso la persuasione, l’asservimento, la sottrazione dei documenti, la minaccia di ritorsioni e di violenze (talvolta dirette anche ai familiari) nonché pestaggi, sevizie, torture e violenze sessuali. Va precisato come non sempre la vittima di tratta entri da subito in contatto con i propri trafficanti, è possibile che ciò si verifichi nelle fasi del percorso migratorio.
L’alta mobilità, il supporto logistico-organizzativo ad hoc e il severo controllo delle vittime (che prevede anche l’accompagnamento nei luoghi di impiego), sono le tecniche comunemente adottate dalle organizzazioni criminali.
I numeri dall’Ucraina
Secondo l’Unicef, i bambini che fuggono dalla guerra in Ucraina sono esposti a un rischio maggiore di tratta e sfruttamento. I responsabili di tratta spesso cercano di sfruttare il caos dei grandi movimenti di popolazione, e con più di 1,5 milioni di bambini che sono fuggiti dall’Ucraina come rifugiati dal 24 febbraio, e innumerevoli altri sfollati a causa delle violenze all’interno del paese, la minaccia per i bambini è reale e crescente.
Più di 500 bambini non accompagnati sono stati identificati mentre transitavano dall’Ucraina alla Romania dal 24 febbraio al 17 marzo. Il vero numero di bambini separati che sono fuggiti dall’Ucraina verso i paesi vicini è probabilmente molto più alto.
“Il rischio della tratta di esseri umani è notevole, poiché i profughi, stremati e privati di ogni comodità di base, sono, ogni giorno in viaggio e sempre più vulnerabili”, ha denunciato Monika Molnárová della Caritas slovacca. “Riteniamo che i trafficanti e i reclutatori stiano probabilmente prendendo di mira sia le donne che viaggiano da sole sia quelle che viaggiano con bambini”, ha aggiunto. Un sospetto confermato a “Vatican News” anche da don Cesare Lodeserto, che da quindici anni opera come vicario episcopale a Chisinau in Moldavia: “I trafficanti di esseri umani si aggirano già intorno alle dogane in cerca di donne sole e bambini. Abbiamo creato una struttura per le figure più fragili, femminili, per i minori, per le giovanissime con figli piccoli. Dobbiamo essere attenti a questo fenomeno per non rendere l’accoglienza sommaria e casuale. Serve un’accoglienza mirata”.