Solo poco più di un italiano su dieci non celebra come data fondativa della Repubblica il 25 Aprile. Sono i dati emersi nell’ultimo sondaggio di Termometro Politico, realizzato tra il 25 e il 27 aprile.
Il 25 Aprile? Unisce quasi tutti. Ma con sfumature
Solo l’11,8% degli italiani non si riconosce, secondo Termometro Politico, nella Resistenza e nei suoi valori. Dati che non sembrano lasciar pensare a un generale “ritorno” di qualsiasi forma di fascismo. L’86,8% degli intervistati riconosce la celebrazione della festa nazionale che celebra la Resistenza. Ma non mancano sfumature.
Il 30,4% del campione ritiene che il 25 Aprile abbia valore ma non debba essere considerato come una festa di parte. In altre parole, non deve essere la Sinistra politica ad averne il monopolio. Una posizione che sembra molto afferente alle parole del presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella sua prima Festa della Liberazione.
Per il 12% il 25 Aprile va attualizzato e ha valore solo se lo si celebra ricordando e sostenendo tutte le lotte per la libertà contro le dittature e le occupazioni presenti nel mondo oggi. Una posizione che richiama da vicino quella di coloro che identificano, ad esempio, la resistenza dell’Ucraina alla Russia come una forma di Resistenza nel XXI secolo.
La maggioranza relativa, il 44,4%, ritiene invece che la Resistenza sia un valore da celebrare trasversalmente e come momento fondativo della moderna Repubblica.
I Liberatori? Più gli Alleati dei Partigiani
Questa domanda va di pari passo con il giudizio, più contrastato, su chi abbia dato il massimo contributo alla Liberazione. E qui la maggioranza relativa va agli Alleati angloamericani, che sconfissero sul campo in Italia le armate della Germania nazista.
Per il 43,4% il merito maggiore della Liberazione è degli angloamericani mentre per il 35,1% della lotta partigiana e della Resistenza. C’è poi un 19,2% secondo cui dal 25 Aprile siamo stati occupati militarmente e siamo diventati di fatto una colonia americana. Un dato superiore a chi non riconosce il 25 Aprile come una festa. Segno che c’è anche chi onora i valori della Resistenza e della Liberazione ma li ritiene disapplicati dall’attuale situazione geopolitica del Paese.
Una giornata che unisce. E ora serve una religione civile
Per gli analisti dell’Osservatorio Globalizzazione il 25 Aprile è come il 2 Giugno e le altre feste che costituiscono l’opportunità di discutere della religione civile e della prospettiva storica del Paese. Serve una serie di ricorrenze che uniscano, e non dividano in nome dell’unità nazionale.
Giornate che devono essere l’occasioneper riflettere sulla storia d’Italia e sui suoi momenti più salienti. Sulla necessità di riscoprire una patria forte, vitale e coesa, somma degli ideali civici e repubblicani che la Costituzione interpreta e che i cittadini e il governo hanno il dovere di preservare. Perno di una Repubblica plurale, indivisibile, che sia lo spazio d’espressione per le qualità dei suoi laboriosi cittadini e promuova un’appartenenza che troppo spesso è vista antitetica rispetto ai localismi, al frazionismo politico, regionalista o socio-economico.
Per approfondire: In cerca di una patria – Osservatorio Globalizzazione
True Data
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