Perché leggere questo articolo? Donald Trump avrebbe ottenuto un boom di donazioni dopo aver postato la sua foto segnaletica. A un anno dalle Presidenziali 2024, ecco come funziona il finanziamento del candidato e del partito in corsa per la Casa Bianca.
He’s back. Dopo più di due anni di silenzio, Donald Trump è tornato sul suo social preferito. Il 25 agosto, l’ex presidente ora di nuovo in corso per la Casa Bianca è tornato a twittare. Il quasi sicuro sfidante di Biden per le Presidenziali del 5 novembre 2024 ha postato su X (ex Twitter) la sua storica foto segnaletica, scattata in una prigione di Atlanta al momento della sua consegna per una quarta incriminazione. Come già accaduto dopo l’arresto (temporaneo) dello scorso aprile, Trump e il Partito repubblicano hanno ottenuto un boom di donazioni. Secondo Politico, in questo weekend la sua campagna presidenziale avrebbe ottenuto oltre 7 milioni di dollari, con un picco di più di 4 milioni proprio nella giornata del 25 agosto. Ma come funziona il sistema di finanziamento della campagna elettorale per le presidenziali?
In politica il denaro conta
“Ci sono due cose importanti in politica. Una è il denaro e l’altra non ricordo quale sia“. Questa frase di Mark Hanna, senatore dell’Ohio di fine ‘800 la dice lunga sulla storia e sulla politica degli Stati Uniti. L’America è il paese per antonomasia dove il denaro conta. Anche in politica: basti pensare che quattro anni fa le elezioni costarono complessivamente qualcosa come 14 miliardi di dollari.
La campagna elettorale più costosa della storia potrebbe venire superata in queste presidenziali 2024, rispettando un trend di continuo rigonfiamento dei costi, iniziato a fine anni Novanta. I candidati (non solo i due competitor finali, ma anche le decine di partecipanti o aspiranti alle primarie) mettono insieme comitati che assomigliano ad autentiche imprese di venture capitalist. Tra slogan, strategy di marketing, gadget ed eventi, il fundraising è un aspetto decisivo delle presidenziali. Ecco come si muove la macchina dei finanziamenti.
Come si finanziano le presidenziali
Per prima cosa va sfatato un mito. In teoria, anche negli Usa esiste il finanziamento diretto alle campagna elettorali. Ogni cittadino può donare una parte delle sue tasse fino ad un massimo di 3 dollari. Fino a un massimo di 300 milioni. La realtà da anni è però diversa. In quanto i candidati scelgono di rinunciare ai fondi pubblici stanziabili, optando per quelli privati, dato che non è consentito potersi avvalere contemporaneamente di entrambi.
Negli Stati Uniti qualunque tipo di attività politica, incluso il finanziamento a campagne presidenziali, rientra nell’ombrello del Primo Emendamento, che tutela la libertà di parola. E questo fa sì che di fatto non gli si possano porre limiti. Una sentenza della Corte Suprema del 2010 ha spazzato via le già poche limitazioni che c’erano, consentendo anche a società e sindacati di contribuire, anche se in modo indiretto, alle campagne elettorali.
I Pac decidono i fondi delle Presidenziali
La sentenza ha dato il là a una crescita esponenziale delle donazioni e soprattutto alla nascita dei cosiddetti Super Pac. I Il primo Comitato di Azione Politica nacque nel 1943 per finanziare la campagna presidenziale di Roosevelt. Oggi sono migliaia e servono a raccogliere fondi per le campagne elettorali. Col tempo sono nati i Super Pac, una versione riveduta e corretta: non hanno limite di donazione e di spesa, non sono tenute a rivelare i nomi dei loro donatori.
Per giunta, non hanno legami diretti con le campagne e con i candidati, ma sono, più genericamente, gruppi di influenza, che possono finanziare campagne autonome a sostegno di questo o quel candidato. Lo stesso vale per le organizzazioni no profit, come il Marble freedom trust, gruppo ultra conservatore che, pochi mesi fa, ha incassato la più grande donazione privata di tutti i tempi. Un miliardo e seicento mila dollari dal magnate dell’elettronica Barre Seid.
Quanto hanno ricevuto Biden e Trump per le presidenziali
Una montagna di soldi, che a uno dei due candidati alle presidenziali potrebbe non bastare. Nel 2020 da soli Biden e Trump spesero oltre 3 miliardi di dollari. A cui vanno aggiunte le spese dei candidati per il Senato e dei governatori, per un totale di oltre 14 miliardi di dollari, nonostante la campagna si fosse tenuta in pieno lockdown. Il doppio delle spese per le presidenziali del 2012 (Obama-Romney) e del 2016 (Clinton-Trump). Il confronto coi 3-4 milioni (non miliardi) di euro spesi da Fratelli d’Italia o i 16 milioni di Macron nel 2022 fa sorridere.
Basti pensare che nel secondo trimestre del 2023, a più di un anno dal voto, Biden ha dichiarato di aver ottenuto 72 milioni di dollari di fondi. Una cifra che permette al Presidente in carica di doppiare le donazioni ricevute nello stesso periodo da Trump, che ha raccolto “solo” 35 milioni; e dal principale – anche se molto staccato – sfidante alle Primarie repubblicane, Ron DeSantis (20 milioni). Una cifra importante, anche se ben lontana dagli a 86 milioni di dollari raccolti nel secondo trimestre del 2011 da Barack Obama.
Chi paga le campagne
Il sito Fec, Federal electoral commission, pubblica i dati di tutte le donazioni dei grandi donatori (versamenti sopra i 2500 dollari). Il sito no profit Open Secret li aggrega in modo chiaro e leggibile. Nel 2020 la principale donazione fu fatta a Trump da Gary Sheldon, proprietario del Venetian di Las Vegas: 215 milioni di dollari. Al momento l’assegno più importante per le Presidenziali 2024 è stato staccato da George Soros: 178 milioni nel 2022 in favore di Biden. Cifre astronomiche che possono condizionare le campagne elettorali, ma solo fino a un certo punto. Non è detto che il candidato vinca o che traduca il finanziamento in favori concreti. Quello che è certo è che molti settori di peso dell’economia americano hanno scelto il proprio candidato alle Presidenziali, sostenendolo lautamente. Open Secret mostra che il comparto sanitario sta sostenendo Biden, quello immobiliare e dei casinò Trump. Che tradizionalmente può contare sul supporto dell’industria delle armi e petrolifera; mentre il Big Tech guarda ai Democratici.