Il turismo è una risorsa per l’Italia del 2021? Una domanda la cui risposta sembra scontata. Eppure, se per i politici il turismo è il “petrolio” del Belpaese, come da narrazione comune, e quindi alla base dello sviluppo economico, molti esperti sono sempre più convinti che questo sia contestabile. La prova del nove? Sarebbe arrivata con lo scoppio della pandemia.
“Dire che il turismo è una risorsa è sbagliato – dice a True News Sarah Gainsforth, autrice del libro Oltre il turismo e Airbnb città merce. Testo, quest’ultimo, che rivela quanto e come il colosso digitale degli affitti brevi abbia trasformato le principali città del mondo in parchi a tema per turisti e in resort per ricchi, causando conseguenze devastanti per lo spazio urbano e, di conseguenza, per i cittadini. “Perché in realtà le risorse sono i territori, le città, l’ambiente”– dice Gainsforth.
“Il turismo è uno strumento che deve estrarre il valore da quelle risorse”, sostiene la studiosa della materia specificando che, proprio questo errore concettuale, c’è la spiegazione stilizzata dello sbagliato modello turistico italiano. Ad iniziare dalla gestione del modello. Proviamo a pensare al turismo come a un grande meccanismo composto da piccoli ingranaggi: questi ingranaggi corrispondono ai settori, quelle realtà che, se ben funzionanti, fanno in modo che il meccanismo turistico esista e quindi funzioni.
Nella penisola questa gestione è centralizzata con margini da favore di pochi oligopolisti. Un esempio? La cultura. “Prendiamo la gestione dei musei” spiega Sarah Gainsforth “lo Stato affida a pochi grandi gruppi privati i cosiddetti servizi aggiuntivi, come le biglietterie o i bar, i quali sarebbero una proficua fonte di guadagno.” Come accaduto nel 2018, quando i servizi aggiuntivi hanno generato 62 milioni di euro, ma di questi, solo 7 sono ritornati alla collettività.
Turismo 2021 in Italia: un fantasma
Una forte perdita economica è causata anche dalle piattaforme digitali come Airbnb, che da quando nel 2016 si sono affermate, hanno fatto sì che gli affitti brevi turistici aumentassero del 50% a discapito del settore alberghiero.
Un processo fuori controllo, di cui però i politici sembrano non preoccuparsi se non con adeguamenti che fanno sorridere come l’emendamento proposto dal Pd al Milleproroghe nel 2020 per normare gli affitti turistici, ritirato dopo due ore su pressione di Italia Viva. Eppure, come spiega Gainsforth, proprio a questo settore è destinata la metà della spesa turistica. Non solo.
In Italia c’è una consistente presenza di strutture extralberghiere sprovviste del titolo abilitativo, che evadono cronicamente il versamento della tassa di soggiorno, pagata dal turista al momento dell’ingresso nella struttura.
“L’anno scorso, poco prima dello scoppio della pandemia, un rapporto su Roma ha stimato che la città, a causa del boom delle case vacanze, ha registrato 13milioni di presenze fantasma, cioè di turisti non rilevati”. Una quantità non indifferente in effetti, dato che questi 13milioni equivalgono al 30% delle presenze complessive.
Si parla quindi del 30% di tassa di soggiorno in meno, considerando anche le spese che ogni realtà comunale sostiene per i servizi pubblici locali usufruiti dai turisti come rifiuti, trasporti, sanità, sicurezza e quant’altro.
Il turismo del lavoro in Italia
Eppure i visitatori non mancano. Grazie infatti a queste piattaforme che sono alla base di un modello turistico low cost, è aumentato il flusso di viaggiatori stranieri. Se la quota del mercato turistico mondiale dell’Italia si è dimezzata dagli anni Ottante, la spesa turistica è tornata ad aumentare dal 2010, trainata dalle vacanze culturali nelle città d’arte.
Il numero di turisti è aumentato ma la durata media del viaggio è diminuita: i turisti vengono in Italia solo per una “toccata e fuga”. Una dinamica svantaggiosa che la politica propone di risolvere promuovendo un turismo di qualità, ovvero per una fascia di turisti più ricchi, una proposta di fatto classista. Il problema però è che bisogna leggere le dinamiche del turismo in connessione con tutti gli altri settori dell’economia.
Se lo facciamo, ci accorgiamo che l’Italia ha perso il turismo più ricco proprio perché l’economia nazionale non si può reggere solo sul turismo. Parlo di un altro importantissimo fenomeno: il calo del business tourism, la componente a più alto valore aggiunto della spesa per viaggi, passata dal 24% del totale nel 2011 al 13% nel 2019, per la frenata dell’economia nazionale.
È un circolo vizioso. I cosiddetti viaggi d’affari infatti, possono essere un forte indotto economico, in quanto coinvolgono top spender. Tuttavia, sotto tale aspetto, l’Italia è piuttosto indietro rispetto ad altre città. Forse sarebbe il caso di pensare meno al turismo come motore di crescita economica e più ai servizi alla base delle economie locali e nazionali. Poi ben venga il turismo.
“Ma il problema degli investimenti” – afferma Sarah Gainsforth – “è che seguono la logica dell’attrattività e quindi vengono fatti solo dove sono remunerativi e non dove servirebbero”. Il nostro paese infatti presenta un turismo a “macchia di leopardo”, caratterizzato da un forte afflusso solo in quelle città d’arte, come Venezia, Firenze e Roma, attrezzate per il turismo. Ma questo disequilibrio ha causato un overtourism, ovvero un’eccessiva pressione contrastante col minor numero di abitanti o con la minore estensione territoriale.
Un contesto che è causa di un forte disagio per i residenti, i quali vedono i loro centri storici diventare dei “turistifici” pensati principalmente per i visitatori stranieri. Sono infatti proprio questi i quartieri che, dopo essersi letteralmente svuotati durante il lockdown dovuto alla situazione pandemica, stanno faticando a riprendersi.
Il turismo in Italia deve essere addomesticato
È quindi il turismo fonte di ricchezza per in nostro paese? No o quanto meno questo assioma va discusso. Potrebbe diventarlo – certo. L’Italia vanta infatti un tesoro culturale, artistico, storico e paesaggistico di tutto rispetto.
Tuttavia, molte località minori scarseggiano di quei servizi che contribuirebbero a spalmare l’affluenza turistica rendendola meno “famelica” ed “estrattiva”. Certo andrebbe però ridiscussa la gestione di questo patrimonio, a partire dalle condizioni di lavoro dei lavoratori, perché la ricchezza prodotta toni davvero sui territori.
La dinamica da privilegiare? L’esatto opposto dei Grandi Eventi come Olimpiadi, o Esposizioni universali che concentrano milioni di persone in spazi piccoli per lassi di tempo ristretti ma democraticizzando il turismo. Ecco perché è necessario studiarne le evoluzioni, monitorarlo per poter attuare periodicamente vere strategie di pianificazione del turismo su tutto il territorio. “Se il turismo non viene gestito, col tempo può diventare un meccanismo distruttivo, un meccanismo letale per le risorse e le identità locali su cui si basa”.
di Eugenia Greco