Più passano i giorni e più i riflettori sono puntati sulla Cina. Il conflitto scoppiato in Ucraina chiama inevitabilmente in causa anche il gigante asiatico, chiamato a mediare dalla comunità internazionale, o quanto meno a convincere la Russia ad abbassare i toni. L’enigma più grande riguarda tuttavia il ruolo che vorrà giocare Pechino (e anche il se, il come e il quando vorrà giocarlo). Se, infatti, da un lato Xi Jinping non ha alcuna intenzione di assistere allo sgretolamento della globalizzazione e alla devastazione economica di intere regioni – molte delle quali, tra l’altro, connesse alla Belt and Road Initiative – dall’altro il presidente cinese non può che essere soddisfatto nell’osservare, a distanza di sicurezza, il suo omologo russo Vladimir Putin prendere a picconate l’ordine occidentale a trazione statunitense.
Questo poteva valere per i primi giorni della crisi. Il discorso è cambiato quando, probabilmente anche agli occhi della Cina, è apparso evidente come il Cremlino ambisse a ben altro che non una semplice scappatella in territorio ucraino. Alle dichiarazioni su Donbass e Crimea di Mosca, poi, si sono aggiunte minacce, più o meno velate, all’indirizzo dell’Unione europea, uno dei partner commerciali maggiormente corteggiati dal Dragone. Troppo perfino per la Cina che, pur confermando la solida amicizia (“dura come roccia”, dalle parole del ministro degli Esteri cinese Wang Yi) sino-russa, ha iniziato a parlare di necessità di mediare. Il ministro Wang ha detto che la Cina è pronta ad avere un “ruolo costruttivo” nella crisi in Ucraina e a favore di una “necessaria mediazione” tra Russia e Ucraina. In ogni caso, Pechino non ha condannato le operazioni militari in Ucraina da parte delle truppe di Mosca – che non considera un’invasione – e che ribadisce i propri legami con la Russia, pur deplorando lo scoppio del conflitto.
È interessante analizzare il colloquio telefonico avvenuto tra il signor Wang – attivissimo in questi giorni – e Antony Blinken, Segretario di Stato Usa. I media cinesi hanno parlato del dialogo come se fosse incentrato sulle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Cina, e non solo ed esclusivamente sulla crisi in Ucraina. Questo, in altre parole, significa che la Cina considera la crisi ucraina una sorta di appendice di un contesto più ampio e approfondito collegato con l’intero Occidente. In particolare, Wang ha spiegato all’interlocutore che quanto avvenuto in Ucraina non fa certo piacere alla Cina ma che l’origine di tutto sarebbe da ricercare nell’espansione della Nato verso Oriente. Per questo, e per evitare scenari geopolitici simili, l’Europa dovrebbe adottare una non meglio specificato meccanismo di sicurezza europeo. Dulcis in fundo, il gigante asiatico sostiene sovranità e integrità territoriale e ritiene che il dialogo diretto tra Ucraina e Russia sia l’unico modo per fermare i combattimenti.
Quasi nelle stesse ore, dalla Cina è arrivato un altro tipo di messaggio. Il premier Li Keqiang ha affermato che il budget cinese per la difesa aumenterà, nel corso del 2022, del +7,1%, fino a toccare quota 237 miliardi di dollari. Rispetto a un anno fa stiamo parlando di un incremento di tre decimali. Come se non bastasse, il premier Li ha chiesto uno sviluppo della “prontezza al combattimento”. Sempre per quanto riguarda le spese, balza all’occhio anche l’aumento del budget per il corpo diplomatico. Nel bilancio pubblicato dal Ministero delle Finanze, la spesa diplomatica aumenterà, sempre nel corso del 2022, del +2,4%, fino a poco meno di 8 miliardi di dollari. Altri due indizi emblematici: Li Keqiang ha sottolineato che Pechino sta per affrontare rischi crescenti, tanto all’interno che all’esterno del Paese, e, a differenza del recente passato, non ha menzionato accordi commerciali con Stati Uniti, Unione europea, Giappone e Corea del Sud (ovvero Paesi che si sono schierati contro la Russia).
La sensazione è che la Cina sia interessata per lo più alla non espansione della Nato verso Oriente. Soltanto in quel caso, se l’ipotesi dovesse essere messa sul tavolo, allora Pechino potrebbe fare pressioni su Putin richiamandolo all’ordine. Difficilmente, invece, Pechino collaborerà con gli Stati Uniti, ormai giudicati non più affidabili nonché all’origine della guerra in Ucraina. Diciamo che nella crisi ucraina tutti hanno da perdere qualcosa, Cina compresa. Per il momento, tuttavia, Xi Jinping monitora la situazione in attesa di capire quali pieghe prenderà la crisi. Non sia mai che l’amico Putin possa mettere in cattiva luce la Cina.