I Verdi di Milano corrono verso Beppe Sala dopo aver subito il diktat dal partito nazionale e dal gruppo europeo. E fanno una figuraccia incoerente
di Francesco Floris
Qualcuno che ci vede lungo nel Pd milanese lo mormora a mezza bocca da mesi: “Tanto casino per nulla, vogliono solo un assessorato”. Ma riavvolgiamo il nastro del film: Beppe Sala prima li ha sfottuti: “Ho sentito accuse e richieste di mie scuse da parte dei rappresentanti dei Verdi: penso che siano loro a doversi scusare con gli italiani perché sono riusciti a raccogliere il 2 per cento a malapena del consenso, mentre in altri Paesi d’Europa sono arrivati anche al 15. Un ambientalismo che è solo del no” dice il sindaco. Non due glaciazioni fa, ma a gennaio. Loro, essendo Verdi, amano il bastone (di puro legno) e la carota (rigorosamente bio). Quindi all’inizio hanno reagito stizziti: alle elezioni amministrative del 2021 andiamo da soli, con un nostro candidato, guardiamo a una coalizione di sinistra – dicono a fine settembre. Perché? “È arrivato il giorno in cui gli ecologisti d’Italia devono crescere e smetterla di essere la stampella altrui” annuncia la portavoce nazionale, Elena Grandi, vicepresidente del Municipio 1 di Milano, brandendo contro la giunta Sala tutte le più importanti partite dell’ultimo quinquennio, dagli scali ferroviari al nuovo stadio di Milan e Inter. La coalizione di sinistra ecologista sembra cosa fatta. Fino a sette giorni fa i Verdi di Milano sono impegnati su due fronti: trovare un candidato sindaco insieme ad alcune forze come Rifondazione Comunista del segretario cittadino Matteo Prencipe, Possibile, Milano in Comune dell’avvocato Alessandro Brambilla Pisoni e di Basilio Rizzo per una coalizione di sinistra con la speranza di portare un drappello di uomini in consiglio comunale a dare battaglia. Il nome su cui confluire c’è. Bisogna solo testare la disponibilità a candidarsi. È quello di una donna con questo profilo: attivista politica sul fronte dei cambiamenti climatici e delle migrazioni. Ha lavorato in passato a numerosi dossier nello staff di un europarlamentare
Sembra cosa fatta ma arriva il dietro-front. Sala ufficializza la propria ricandidatura a Sant’Ambrogio e per gli ambientalisti meneghini d’improvviso cambia tutto. “Critiche magari non capite”, dice la stessa Elena Grandi a Radio Popolare il 10 dicembre, “abbiamo lavorato in collaborazione”, “situazione in fieri”. Parla di “accordi”, “dialogo”, “unità” perché a Milano “c’è una base molto attiva”, “siamo molto aperti in questo momento nell’ottica di una futura città green” e l’ultima dichiarazione di Sala, per i Verdi, è “innovativa rispetto alla visione della città”. La dichiarazione “innovativa” del sindaco sarebbe questa: “Mi ricandido non per completare il lavoro ma per avviare una nuova fase”. Punto.
Cosa è successo? Un dirigente nazionale del partito ambientalista sintetizza così: “Mi state chiedendo un giudizio sulla mia fidanzata dopo che mi ha messo le corna”.
Beppe Sala si è mangiato i Verdi. Lo ha fatto agendo “localmente” e pensando “globalmente”, come da slogan che piace tanto agli spiriti “green” di tutto il mondo. A Milano Sala si è portato via attivisti, consiglieri di municipio e pezzi da novanta del partito locale che sarebbero numericamente minoranza ma vengono spalleggiata dalla linea nazionale che punta a un ingresso in Parlamento nell’alveo del centrosinistra. A cominciare dal consigliere comunale verde Enrico Fedrighini. Che infatti usa parole di fuoco contro i compagni fautori dell’autonomia politica. Bolla fin da subito come “follia” la scelta di andare da soli e li definisce come dei “grillini di ritorno” le cui parole equivalgono ad “affrontare il vuoto” tanto che per parlare con loro bisognerebbe “addestrarsi alla Nasa”. Ma non solo Fedrighini. Verso il sindaco di Milano iniziano a confluire le simpatie dei vari Pino Rosa, Anna Melone e altri, anime verdi della fu lista “SinistraXMilano” e di Sinistra Italiana come Elena Comelli. Sono coloro che vogliono “cambiare le cose da dentro”. Ancora: l’ex manager di Expo lancia l’idea di una lista di under 35 ecologisti. Iniziano a circolare dei nomi che vengono dal mondo di “Friday for Future”, il movimento nato sulla scorta delle battaglie di Greta Thunberg e che quando si poteva manifestare in libertà pre-Covid ha portato per le strade di Milano decine di migliaia di giovani. Nomi non confermati, e improbabili a onor del vero, visto che si tratta anche di militanti dei centri sociali milanesi come il “Lambretta”. Ma intanto la notizia smuove e la stessa portavoce nazionale dei Verdi inizia a informarsi su chi sarebbero questi giovani con ambizioni politiche a Palazzo Marino nell’ottica di contattarli.
Beppe Sala si muove anche a livello internazionale. Di chi è uno dei primi tweet di congratulazioni per la sua ricandidatura? I “migliori auguri” a nemmeno tre ore dall’annuncio sono arrivati via Twitter da Alexandra Geese: europarlamentare tedesca, che parla perfettamente l’italiano e intrattiene rapporti con il mondo politico e accademico della penisola, pezzo da novanta dei Die Grünen teutonici, i Verdi in Germania. Il suo tweet è un messaggio molto chiaro. E infatti le pressioni, o meglio, il diktat, per accoppiarsi con il centrosinistra a Milano arrivano proprio dalla Federazione europea – che tanto federale, in effetti, non si dimostra. Il motivo? I Verdi in Europa sono ormai una potenza in termini di consenso e di macchina mediatico-propagandistica. Terzo gruppo politico a Bruxelles e Strasburgo dopo le scorse elezioni comunitarie. Diventati il quarto con la Brexit e la fuoriuscita del nutrito gruppo dei britannici. C’è da rimpinguare le truppe. Il nord e la mittel Europa sono, per ora, saturi. Prendono già tanti voti. Le uniche assenti fra le grandi nazioni sono le mediterranee Italia e Spagna. Soluzione? Appoggiare il centrosinistra, anche alle amministrative venture, per poi passare all’incasso in futuro e rafforzarsi. Di più. Che piaccia o non piaccia agli ambientalisti duri e puri, che piaccia o meno lo sviluppo urbanistico di Milano dell’ultimo quinquennio trainato dalla finanza immobiliare, è un fatto che a livello di “sentiment” europeo Beppe Sala venga percepito come uno dei sindaci più progressisti. Alla stregua delle “socialiste” Anne Hidalgo a Parigi o di Ada Colau a Barcellona. In piena pandemia è stato nominato presidente della task force C-40, la rete delle grandi città del mondo con al centro salute pubblica, disuguaglianze e crisi climatica. Così, su pressioni che arrivano da lontano e salvo ribaltoni dell’ultimissima ora, Beppe Sala si è mangiato i Verdi. Ora è in una situazione win-win. Se farà politiche rivoluzionarie ecologiste e ambientaliste a Milano il merito sarà suo e passerà alla storia. Se non le farà il demerito sarà degli altri che gli hanno dato fiducia. “In politica devi essere un problema o un’opportunità – dice il Verde che si sente tradito dalla fidanzata – se non sei nessuna delle due cose, allora sei morto”.