Il DDL Zan è pronto per tornare in aula, ma riemergono anche le perplessità sul suo livello di inclusività. Dopo i sei mesi di stallo dovuti alla bocciatura in Senato, il disegno di legge contro omolesbobitransfobia, misoginia e abilismo può essere nuovamente discusso. Il disegno di legge verrà ripresentato a breve, ma per essere discusso avrà bisogno della calendarizzazione.
Il mondo della politica e dell’attivismo torna a chiedersi come il ritorno in aula possa essere più inclusivo ed efficace. Sulla sua capacità di rispondere ai bisogni delle categorie marginalizzate, si sono espresse la senatrice Monica Cirinnà e il progetto Rete lettera A.
Monica Cirinnà: “DDL Zan è molto chiaro nel colpire discorsi e crimini d’odio”
Su questo aspetto si è espressa anche la senatrice Monica Cirinnà, tra le sostenitrici del disegno di legge: “Il DDL Zan è molto chiaro nel colpire discorsi e crimini d’odio fondati, tra l’altro, su orientamento sessuale e identità di genere. Si tratta di una formulazione neutra finalizzata a garantire il massimo tasso di inclusività (ogni orientamento sessuale, ogni espressione dell’identità di genere).
Sono a conoscenza dei timori e delle critiche della comunità aspec [asessuale e aromantica, n.d.r.], ma mi sento di poterla rassicurare: è vero che la definizione di orientamento sessuale di cui all’articolo 1 del DDL può sembrare poco inclusiva, ma non dobbiamo dimenticare che le definizioni hanno l’esclusivo scopo di fornire al giudice un criterio di orientamento e mai avrebbero potuto includere tutte le manifestazioni dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere (e d’altra parte: come potrebbe una legge definire esaustivamente tutte le espressioni della dignità e della libertà delle persone?). Non sono dunque state scritte per escludere qualcuno, ma per aiutare i giudici a interpretare la legge: escludo che da eventuali limiti della definizione possano derivare vuoti di tutela. Sarebbe d’altra parte assurdo, trattandosi di una legge che punta ad ampliare spazi di libertà e di eguaglianza”.
Quale inclusività? Rete lettera A
Gran parte delle persone asessuali e aromantiche, però, non si trovano d’accordo. A questo proposito il progetto Rete lettera A sostiene che “anche le mobilitazioni di persone LGBTQIA+ e disabili a sostegno di questa legge hanno spesso sottolineato che il DDL Zan era “il minimo sindacale” e che un impianto maggiormente preventivo, più che punitivo, e una tutela maggiore dei percorsi di educazione nelle scuole sarebbero stati fondamentali. L’articolo 1, poi, pone un vero e proprio problema di inclusività. Le definizioni di un testo di legge non possono certo catturare ogni specificità LGBTQIA+, ma devono essere sufficientemente ampie da includerle in potenza.
Dove fallisce il DDL Zan
Il DDL Zan fallisce proprio in questo: la definizione di orientamento sessuale (“attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi”) cancella esplicitamente le persone aspec. In Italia, Paese tra i peggiori in Europa per discriminazioni verso le persone LGBTQIA+, possiamo davvero dare per scontato che questo non porrà limiti alle nostre tutele?”.
L’approvazione dell’attuale DDL è considerata da molte persone un traguardo già difficile da raggiungere. Concentrare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’asessualità e l’aromanticismo non ha però lo scopo di allungare l’iter della legge. Molte persone della comunità aspec hanno partecipato alle mobilitazioni a sostegno del DDL. Eppure il ritorno del disegno di legge in aula, conservando il testo originale, ha suscitato notevole dissenso. Spiega Rete lettera A che questa scelta mostra “la volontà di ignorare le voci delle persone aspec e della comunità disabile e LGBTQIA+ in generale, facendo compromessi e prendendo decisioni sulle nostre vite, lasciandoci, per l’ennesima volta, al di fuori del dibattito mentre l’iter legislativo ricomincia da capo”.