Perché questo articolo potrebbe interessarti? Gli alunni rientreranno a breve in classi senza aria condizionata e del tutto inadeguate ad affrontare il grande caldo previsto a settembre. Un ulteriore segnale di una scuola non al passo con i tempi.
Le scuole sono oramai riaperte e mai come quest’anno, con l’approssimarsi dell’autunno, il sistema scolastico è al centro di importanti dibattiti politici. “Ius Scolae”, ad esempio, è uno dei termini più usati a partire dalla seconda metà di agosto. Da quando cioè il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, ha proposto una nuova legge sulla cittadinanza basata sul completamento dei cicli scolastici da parte degli alunni di origine straniera.
Ma italiani o stranieri che siano, siamo sicuri che gli studenti al rientro nelle classi troveranno situazioni confortevoli e sicure sotto il profilo strutturale? La scuola italiana, intesa come istituzione e come insieme di edifici scolastici, è adeguata agli standard minimi richiesti dall’appartenenza all’universo europeo?
Un primo dato certo: in classe fa caldo
Domande più che legittime alla luce anche delle ultime denunce. Una di queste, lo scorso 26 agosto, ha avuto non poca risonanza a livello mediatico. Il Codacons, in particolare, ha sottolineato come soltanto sei classi su cento in Italia abbiano l’aria condizionata. Potrebbe sembrare solo un dettaglio ma, in realtà, il dato fotografa una situazione disarmante.
Lo Stato italiano ha impresso una certa accelerazione nella costruzione di edifici scolastici a partire dai primi anni del ‘900, quando la scuola pubblica ha iniziato definitivamente a sostituire quella degli istituti religiosi e quando l’alfabetizzazione di una popolazione ancora poco istruita è diventata una priorità.
Una delle novità più importante nell’edificazione degli edifici scolastici, all’epoca, è stata rappresentata dalla progettazione di grandi aule dotate di ampie finestre. Un modo per garantire luminosità, ma anche salubrità dell’aria. Un’innovazione in un Paese dove, specialmente al sud, si viveva spesso in edifici antichi e in quartieri non raggiunti da basilari servizi.
L’esigenza era quella di garantire un ricambio dell’aria, evitare la proliferazione di virus in un’epoca dove i ricordi dell’influenza spagnola erano ancora molto recenti. Oggi, facendo un giro in molte città italiane, è possibile accorgersi che molti istituti scolastici hanno sede negli edifici progettati un secolo fa. Quando l’ingresso dei raggi solari non faceva così paura e non era sinonimo di caldo estremo.
In questi edifici soleggiati, l’aria condizionata manca. Non poteva ovviamente essere prevista allora, ma raramente è stata inserita negli ultimi anni. E questo vale anche per gli edifici più moderni e di ultima generazione.
Una scuola non al passo con i tempi
Per buona parte del ‘900, l’anno scolastico è iniziato a metà settembre (ma anche direttamente con l’avvento dell’autunno) per terminare i primi di giugno. Dunque, il caldo non era uno spettro da tenere in considerazione: ci si sedeva per la prima volta in classe quando oramai le città avevano ricevuto le prime dosi di pioggia e si andava in vacanza con il sole non ancora esattamente a mezzogiorno.
Ma adesso si sono dilatati i tempi sia dell’anno scolastico e sia della stagione estiva. In alcune regioni, la prima campanella quest’anno scatterà tra il 2 e il 9 settembre, mentre l’estate probabilmente darà definitivamente tregua a ridosso della fine del mese e, in zone come Sardegna e Sicilia, anche dopo. Al contempo, è possibile prevedere temperature da ombrellone e sdraio in spiaggia già a fine maggio.
In poche parole, per interi periodi dell’anno scolastico sia gli studenti che i docenti dovranno stare in classe in situazioni che, sotto il profilo climatico, un tempo erano relegate unicamente ai mesi di luglio e agosto. Senza aria condizionata, si dovrà patire il grande caldo e le grandi ondate di afa e umidità a cui sarà soggetta la penisola nei prossimi giorni.
Le prospettive per il futuro
Certo, mettere un condizionatore per ogni aula significherebbe andare a incidere enormemente sui costi di gestione degli edifici. Non solo, ma il rischio concreto è quello di aumentare i consumi, circostanza che in un’epoca fatta di ricerca della sostenibilità e di educazione all’ambiente potrebbe apparire un controsenso.
Ma i rimedi esistono, a partire dai progetti di efficientamento energetico degli edifici. Dotare buona parte delle scuole di impianti fotovoltaici, ad esempio, garantirebbe la necessaria autonomia energetica e contribuirebbe ad abbattere i costi. Nel Pnrr, secondo i dati del ministero dell’istruzione, è prevista una spesa di due miliardi di Euro per progetti di ammodernamento infrastrutturale delle scuole.
Soldi che però potrebbero rappresentare una goccia nell’oceano: evitare di sudare in classe non è, come in molti potrebbero a prima vista pensare, un lusso da donare a ragazzi che trascorrono in un determinato istituto qualche ora al giorno. Al contrario, vuol dire rendere efficienti gli edifici, pensare a un’opera di generale ammodernamento infrastrutturale e stare al passo con i cambiamenti di tempo e calendario.
Tutto questo costituirebbe un segnale concreto di uno Stato che torna a interessarsi della situazione, infrastrutturale e non, del suo sistema scolastico. In attesa però di un cambio di passo, per adesso piuttosto lontano a dire il vero, gli studenti entreranno a settembre in classi con mura impregnate di calura estiva e con pochi mezzi per difendersi da un caldo sempre più asfissiante.