Umori agli antipodi per Donald Trump e Joe Biden nella giornata del Super Tuesday. Oggi andranno al voto circa un terzo degli Stati sia alle primarie del Partito Repubblicano sia a quelle del Partito Democratico. Per i partiti americani nell’anno elettorale è la madre di tutte le battaglie. Nel Super Martedì americano The Donald prese il volo nel 2016 e prima Hillary Clinton e poi Joe Biden fecero barrage alle ambizioni presidenziali del democratico socialista Bernie Sanders. Questo solo per limitarci alle ultime tornate.
Trump vuole chiudere la partita
Oggi sarà una grande sfida con sedici Stati e un territorio esterno chiamati alle urne. Alabama, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachussetts, Minnesota, Nord Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont, Virginia andranno al voto per entrambi i partiti, l’Alaska sarà chiamata al voto per eleggere i delegati repubblicani, l’Iowa e il territorio delle Samoa Americane per quelli democratici.
Al Super Tuesday Trump arriva sulla scia del netto successo nelle prime tornate contro Nikki Haley, sua unica sfidante rimasta in corsa. 9-1 il computo delle vittorie, dopo l’ultimo trionfo di The Donald in Nord Dakota. Con l’ex ambasciatrice alle Nazioni Unite che ha perso in casa, in Sud Carolina, ed è riuscita a prevalere solo nel Distretto di Columbia. Ovvero in quello che per i Repubblicani più oltranzisti è la “palude” che il fu comandante in Capo vuole dragare (drain the swamp) e in cui perdere è quasi un puntiglio d’onore. Il morale di Trump è alto anche sulla scia del verdetto favorevole della Corte Suprema, che gli permetterà di candidarsi nonostante i processi.
Biden e i timori della sconfitta
Joe Biden, invece, arriva al Super Tuesday con molti timori. Il “ritiro” dalle urne di molti elettori giovani, progressisti e musulmani in Michigan è un campanello d’allarme. L’amministrazione inizia a subire un’inerzia negativa. E nel Partito Democratico iniziano a apparire lugubri timori di una disfatta a novembre. Il “Trump 2.0” è l’incubo di ogni progressista Usa. E tutti temono che per la senilità palese, la stanchezza e i problemi degli Usa su temi come l’inflazione e le disuguaglianze emerse negli anni passati, oltre che per i contraccolpi della politica estera tra Ucraina e Gaza, lo schema “tutti contro Trump” vittorioso nel 2020 possa non ripetersi.
Verso l’ufficializzazione di due candidature impopolari
La macchina delle primarie è avviata. E con stanca rassegnazione nessuno vuole interromperla. Paradosso dei paradossi: Biden e Trump hanno umori diversi, ma uniscono la maggioranza degli americani, concordi nel ricordare che quella tra i due presidenti più anziani degli Usa al momento della loro elezione sarà una corsa al ribasso.
Come ha detto al The Guardian Frank Luntz , consulente politico e sondaggista, oggigiorno il Super Tuesday però “Non è mai stato così importante”. Per che motivo? Per il fatto che mostrerà le vere debolezze dei due candidati di punta. “La decisione è stata presa. La scelta è chiara. Sapete chi sono i due candidati e il 70% degli americani preferirebbe che non fosse così”, ha detto Luntz.
Le spine di Biden e Trump
Biden dovrà testarsi con l’elettorato giovanile e progressista che l’ha premiato nel 2020. E oggi potrebbe andare uncommitted, verso una stanca astensione. Per Trump la prospettiva è di poter vincere tutte le quindici sfide con Haley. Per un candidato non presidente in carica al momento della candidatura non era mai successo quanto sta accadendo a Trump, che alle primarie ha vinto le prime otto sfide e nove delle prime dieci.
Ma ciononostante sono diversi i grattacapi che The Donald dovrà guardare. Persino se a fine nottata il computo lo darà sul 24-1, con conseguente vittoria aritmetica su Haley, ci saranno elementi da guardare. Ovvero il peso dell’irriducibile fronda interna tra i repubblicani vecchio stampo.
La fronda repubblicana e il suo peso anti-Trump
Rick Wilson , co-fondatore del Lincoln Project, gruppo repubblicano anti-Trump, lo ha ricordato al Guardian, sottolineando che sarà importante far emergere “il fatto che, a seconda dello stato e del giorno, ci sia ancora il 20, 30, 40% di repubblicani che dicono no a Trump e esistono elettori indipendenti non registrati al Partito Repubblicano che escono di casa per votare contro di lui”.
Iò dato per Wilson indicherebbe come erronea “la teoria del Partito Repubblicano unificato secondo cui sarà dovuta a Trump assoluta fedeltà”. Sarà dunque interessante, paradossalmente, più il risultato di Haley di quello di Trump per capire l’entità di questa fronda.
Un dato che, ricorda il Guardian, potrebbe indicare un possibile slittamento di voti da The Donald alle presidenziali. “La settimana scorsa”, nota la testata britannica, un sondaggio di Bloomberg News/Morning Consult ha rilevato che Biden era dietro a Trump in sette stati indecisi – Arizona, Georgia, Pennsylvania, Michigan, Carolina del Nord, Nevada e Wisconsin – quando agli elettori è stato chiesto chi avrebbero sostenuto in un’ipotetica elezione generale. In media, Trump era in vantaggio dal 48% al 43%“. Questo risultato potrebbe essere sostenuto da Trump solo con un Partito Repubblicano compatto alle spalle. Cosa che il Super Tuesday dovrà, ai suoi occhi, confermare.