Perché leggere questo articolo? Le proteste nei college Usa ricordano il Sessantotto. E preoccupano il Partito democratico. La Palestina può essere la tomba di Biden?
L’America sente nell’aria un nuovo Sessantotto. A temerlo è soprattutto il Partito democratico, visti i precedenti. Nel Sessantotto “originale” c’era la guerra del Vietnam; oggi c’è Gaza. Alla Columbia University di New York per la prima volta le autorità accademiche hanno chiamato la polizia nel campus, in occasione di proteste filo-palestinesi. Ci sono stati cento arresti. Anche Yale e Harvard, atenei di élite, sono in situazioni simili.
Perché le proteste Usa pro-Palestina preoccupano Biden
Il paragone con il Sessantotto, di recente scomodato da Federico Rampini sul Corriere, si focalizza su quel che potrebbe accadere in agosto a Chicago. La città di Barack Obama sarà la sede della convention democratica che proietterà Joe Biden verso la volata finale della campagna elettorale. Le organizzazioni pro-Hamas si organizzano fin d’ora per stringere d’assedio la convention: accusano Biden di appoggiare un genocidio fornendo aiuti militari a Israele.
“Il Presidente degli Stati Uniti appoggia il genocidio del popolo palestinese. Il popolo americano non ci sta. Ce lo ricorderemo nel 2024“. Così ha twittato l’unica parlamentare di origine palestinese nel Congresso Usa. Il problema per Joe Biden è che Rashida Tlaib è una deputata Democratica. Il 2024 è dietro l’angolo, manca un anno esatto alle elezioni su cui il conflitto israelo-palestinese potrebbe incidere. E non è decisamente una buona notizia per Joe Biden.
Il voto arabo e israeliano alle elezioni Usa
Storicamente è difficile che la politica estera risulti decisiva nelle elezioni americane. Agli elettori americani importava poco del resto del mondo già durante la Guerra Fredda, figurarsi in tempi attuali di ripiegamento globale della superpotenza Usa. I recenti sconvolgimenti in Medio oriente stanno però avendo delle importanti ricadute in America. La riesplosione della guerra tra Israele e Palestina sta agitando le comunità ebraica e araba americane.
Gli Usa ospitano la seconda comunità ebraica più grande del mondo dopo Israele. Il censimento 2012 stima tra i 5,5 e gli 8 milioni – a seconda dell’autoidentificazione o meno nel concetto di “ebreo” – gli ebrei americani. All’incirca il 2% della popolazione Usa. Gli arabi americani sono invece circa 1 milione e 600 mila. Di questi gli americani di origine palestinese sono circa 90mila. on parliamo di corpi elettorali enormi – anche in virtù dell’enorme astensionismo che condiziona il voto Usa da tempo – ma affiatati e distribuiti sul territorio in un modo che potrebbe incidere pesantemente sul risultato finale del voto.
Gli arabi Usa hanno voltato le spalle a Biden
Tradizionalmente sia arabi che ebrei americani propendono nettamente per il Partito democratico Usa. Alle Presidenziali del 2020, il 76% della comunità ebraica ha votato il candidato dem Joe Biden, così come accade da tempo. L’ultima volta che gli ebrei americani hanno votato in maggioranza un democratico è stato nel 1980, quando prevalse Ronald Reagan su Jimmy Carter. Curiosamente è proprio lo spettro di Carter – l’unico presidente democratico a perdere una rielezione – ad aleggiare su Biden.
Quattro anni fa anche gli arabi-americani stavano con Biden. Una rilevazione dell’Arab American Institute ha mostrato come nel 2020 il 59% degli arabi negli Usa votò l’attuale inquilino della Casa Bianca. Le cose, però, dal 7 ottobre scorso sono cambiate. Il sostegno a Joe Biden tra gli arabi-americani sarebbe infatti precipitato al 17% dall’inizio della nuova guerra in Medio Oriente. Il primo timore di Biden è un’astensione di massa che lo porti a essere in difficoltà negli Stati chiave come successo a Hillary Clinton nel 2016. Ma c’è di più: molti arabo-americani starebbero infatti con il Partito Repubblicano che, ironia della sorte, è invece uno strenuo campione del sostegno a Israele.
Le proteste degli studenti privilegiati Usa
Un’altra analogia con il Sessantotto chiama in causa Pier Paolo Pasolini. Lui compose una celebre poesia, in occasione degli scontri di Valle Giulia a Roma: si schierò con i poliziotti, figli di proletari, contro gli studenti figli di borghesi che li attaccavano. In America oggi «rivive Pasolini». L’epicentro della contestazione si trova in atenei da settantamila dollari di retta annua. Fra gli studenti fermati dalla polizia, e subito rilasciati, si distinguono figli di celebrity, rampolli di politici e di banchieri. Le star di Hollywood portano solidarietà agli studenti. Chi indossa la divisa invece non ha studiato a Harvard, e probabilmente voterà per Trump anche se è black o figlio di immigrati latinos.