“La sanità veneta è come una Ferrari a cui è mancata negli anni la manutenzione. E ora non corre“. Vanessa Camani, consigliera regionale dal 2020 e capogruppo del Partito Democratico nel Consiglio regionale del Veneto, rende con questa immagine lo stato della sanità nella Regione governata da Zaia. Un sistema che ha vissuto periodi di eccellenza ma che ora, secondo il parere del Pd regionale, è in fase di decadenza. Mostra tutte le sue crepe.
Lo racconta in questa intervista per True-News.it.
Al netto dei problemi della sanità su scala nazionale, dalla carenza di medici alle risorse economiche, qual è la sua panoramica sullo stato della sanità in Veneto? Cosa non funziona?
C’è il costante e prolungato sottofinanziamento del comparto sanità, speravamo fosse archiviato dopo il Covid, invece questo Governo lo sta riproponendo. Le criticità del Veneto sono tutte particolari. Emergono nonostante la retorica e il racconto comune che la presenta come una sanità regionale di eccellenza. Lo è stato in passato grazie al lavoro del comparto sanitario. Ma poi la fortissima centralizzazione regionale ha dato problemi, spesso sottovalutati. La politica ha ignorato le problematiche che emergevano. Si è proceduto, come tutte le amministrazioni regionali di centrodestra, a un impoverimento della sanità pubblica rispetto alla privata. La sanità veneta è come una Ferrari a cui è mancata negli anni la manutenzione. E ora non corre. Nella seconda fase del Covid, la mancanza di capillarità territoriale della medicina ha creato non pochi disagi. La giunta è più occupata a mostrare ciò che non siamo.
Parliamo di liste d’attesa. In Veneto solo il 31% di chi chiama il Cup riesce a prenotare la prestazione secondi i risultati del sondaggio di Cgil, Cisl e Uil pensionati. In estate la giunta ha stanziato 29 milioni di euro: basteranno?
Il provvedimento è arrivato tardi, sempre poi con fondi nazionali. Non ci sono mai fondi regionali per la sanità.
Il bilancio veneto che non ha alcun tipo di margini di manovra. Lo stanziamento è tardivo e, nel frattempo, le liste d’attesa si sono prolungate. L’emergenza, però, prosegue già da prima del Covid. Perchè, in fase di diagnostica, si è sempre privilegiato il privato accreditato. Valorizzato dall’amministrazione come prima soluzione per sopperire alla carenza di accesso alle prestazioni pubblichi. Su questo tema si è arrivati male.
Vostre idee, proposte?
Il medico può svolgere la sua attività anche intra-moenia, a regime privatistico all’interno della struttura. Chiediamo che le ore intra-moenia, ovvero tempo aggiuntivo, vengano integrate nell’offerta pubblica. Ma non accade. E c’è anche un tema di comunicazione.
Ci spieghi meglio.
Se tu chiamavi per una prestazione, ti mettevano in una modalità di galleggiamento: cioè non eri nella lista d’attesa. Una modalità che riduceva la lunghezza delle liste ma che ha sollevato dubbi sulla veridicità dei dati. Quanti hanno rinunciato all’attesa della prestazione? E’ una domanda che poniamo per avere contezza del fenomeno delle persone costrette a rinunciare alla cura e alla diagnostica perchè troppo lunga o capire quanti cittadini si sono spostati sulla sanità privata. I cittadini che se lo possono permette si rivolgono a strutture private. Prestazioni mediche rilevanti, come quelle del settore oncologico, non hanno capacità di offerta nel privato.
Sui medici, anche il Veneto ha chiesto aiuto agli stranieri…
Il problema ha una rilevanza nazionale. Ma la nostra Regione non ha avuto volontà di investimento. La discussione è sempre stata infarcita di retorica. Quando Zaia fa la battaglia contro il numero chiuso a medicina, sembra non aver compreso il problema. In realtà i numeri dei laureati di medicina sono alti ma il collo di bottigla sta nella disponibilità delle scuole di specializzazione. E l’aumento delle borse di studio è stato elevato solo lo scorso anno. Penso, ad esempio, ai corsi per la medicina di urgenza che va a formare il personale per il pronto soccorso. A questa carenza, si aggiunge, quella tutta regionale, di medici di medicina generale. Particolarmente grave nel nostro territorio. Una mancanza che indebolisce la territorialità del sistema sanitario che scarica la mole di lavoro su ospedali e pronto soccorsi. E’ un sistema che non regge più.
Il Pnrr potrà venire incontro a queste problematiche?
Non abbiamo percezione dell’ingaggio del Veneto del Pnrr. Grazie all’attivismo di alcune realtà locali, molti fondi stanno arrivando. Ma tutte le risorse del Piano per le Case di Comunità sono bloccate. Non sono state attivate: nessuna è partita. Non sono stati messi al bando i lavori di ristrutturazione, di rimessa in moto di strutture già esistenti. Anche il ministro Fitto ci ha dato un segnale non chiaro sui progetti a rischio. Ha fatto sapere che una quota rilevante di finanziamenti mancanti sarà proprio quella legata a Ospedali e Case di Comunità.