Adolfo Urso ha ricevuto dal premier Giorgia Meloni le deleghe per le politiche dello spazio. Una nomina importante che porta in capo al Ministero delle Imprese e il Made in Italy un settore chiave. Il Pnrr darà allo spazio 1,3 miliardi di euro alla European Space Agency e 880 milioni all’Agenzia Spaziale Italiana per attuare i programmi spaziali. Su cui il cluster lombardo, centrato su Varese, ha messo gli occhi.
Il cluster dello spazio lombardo traina il settore
Attorno a Varese si struttura infatti il Lombardia Aerospace Cluster, che rappresenta oggi il sistema aerospaziale regionale da 220 imprese, 5,8 miliardi di euro di fatturato e un miliardo di export. Centrato sulla filiera di Leonardo ma che sul fronte delle industrie spaziali sta acquisendo vitalità autonoma. Un miliardo e trecento milioni di euro di valore aggiunto sono generati nella sola provincia di Varese. Territorio i cui esponenti non vedono l’ora di mettere le mani su progetti di vario peso.
L’Italia, ad oggi, è una grande potenza dello spazio. Si posiziona al settimo posto mondiale per quota di spesa pubblica destinata allo spazio in relazione al Pil, e al secondo, dopo la Francia e prima degli Usa, per la percentuale della spesa governativa indirizzata alla promozione della ricerca e all’esplorazione spaziale.
L’agenda Urso per lo spazio
Urso avrà, come il suo collega di governo Giancarlo Giorgetti (varesino doc) prima di lui, la delega per gestire le politiche dello spazio italiane. Che comporteranno investimenti moltiplicati dai fondi del Pnrr: il Mimi di Urso dovrà sviluppare la space economy e spendere per realizzare infrastrutture e servizi e per progetti legati al settore strategico dell’in-Orbit Service. Il sostegno, in altre parole, alle attività commerciali e di gestione dati operate dai satelliti. A cui si aggiungerà lo sviluppo di telescopi innovativi per l’osservazione planetaria con l’obiettivo di realizzare, in accordo con il Ministero della Difesa, nuovi asset spaziali per il nostro Paese.
Il modello deve essere quello della filiera. Governo e attori pubblici in testa, a gestire la strategia dello spazio. Grandi imprese come Leonardo e Avio pronte, alle spalle, a mettere a terra i progetti come prime contractor. Start-up e centri di ricerca pronti a potenziare ogni prospettiva operativa con la realizzazione materiale delle opere.
Per il presidente dell’Asi, Giuseppe Saccoccia, il modello deve essere quello satellite Prisma (Precursore iperspettrale della missione applicativa) mandato in orbita nel 2019. Saccoccia lo ha definito “un esempio virtuoso del coinvolgimento e della collaborazione dell’intera filiera industriale italiana, fatta di grandi, piccole e medie imprese, che vanno dal prime contractor OHB Italia, a Leonardo, responsabile dello strumento, Thales Alenia Space e Telespazio fino alle tante startup che sono e saranno coinvolte nei servizi di precisione che scaturiranno dai dati prodotti dal satellite”.
La corsa alla Luna dell’Italia
C’è poi la grande partita internazionale, che si fonda su due fronti. Il primo è quello di Artemis e della corsa alla Luna. L’Asi e la Nasa, da anni, cooperano su diversi settori programmatici. Leonardo e Thales Italia partecipano allo sviluppo dello European Service Module (Esm) della navicella Orion. C’e poi ArgoMoon, il satellite della piccola startup Argotec realizzato a Torino, che fotografa in tempo reale i moduli lunari nelle fasi di distacco.
In collaborazione con Northrop Grumman, Thales Alenia Space è inoltre impegnata nello sviluppo del modulo Habitat & Logistics Outpost (Halo).
Il fronte europeo dello spazio: Italia protagonista
Il secondo fronte è quello della partita europea dei lanciatori. Il 22 novembre Urso ha discusso con i delegati francesi e tedeschi per lo spazio, i rispettivi ministri dell’Economia, le strategie dei prossimi anni. Urso per l’Italia, Bruno Le Maire per la Francia, Robert Habeck per la Germania hanno parlato del rischio d’impresa legato al lanciatore Vega C di Avio.
Vega C sarà il lanciatore satellitare dell’ESA progettato per portare carichi leggeri in orbita terrestre bassa. Per promuoverlo, l’Italia avrà un ruolo-chiave. I tre ministri hanno firmato un documento congiunto che chiede “distribuzione di finanziamenti dell’ESA che tenga conto dei rischi assunti dal ‘prime contractor’ di Vega C”, cioè Avio, e “che garantisca il giusto ritorno all’intera filiera spaziale italiana e agli altri Stati membri che contribuiscono al successo dei due lanciatori”. Un progetto che mobilita un gruppo di imprese che arriva fino al cluster lombardo che guarda con attenzione ai nuovi fondi dello spazio. E, siamo certi, farà la fila dietro all’ufficio di Urso.