Perché leggere questo articolo? Dalle tristi vicende della cronaca di questi giorni arriva un senso di tristezza: abbiamo perso tutti. Se c’è qualcosa che, forse, possiamo imparare dalla gogna della povera ristoratrice di Lodi è la gogna stessa. Storia, etimologia e diffusione di un castigo medievale entrato nell’immaginario e nella lingua comune.
Mettiamo le mani avanti. Tra pandori e influencer, giornalisti e pescecani, in questi prime due settimane di 2024 abbiamo già dragato l’abisso della cronaca. Non abbasseremo ulteriormente l’asticella lanciandoci in improbabili commenti. Con il recente caso della povera ristoratrice di Lodi, c’è poco da dire: abbiamo perso tutti. Se c’è una cosa che forse possiamo fare per trovare “il coraggio / per affrontare i sensi di colpa / e cancellarli da questo viaggio“, è provare a imparare qualcosa. Per esempio, partire dal termine “gogna”. Non quella mediatica scagliata dai social media contro una persona dalle spalle troppo poco larghe per resistere all’esposizione al livore o al ludibrio pubblico. Proprio la tortura medievale. Come mai si chiama cosi? E come ha fatto questo castigo medievale ad entrate nell’immaginario e nella lingua contemporanea.
Si fa presto a dire “gogna”
La gogna rappresenta il simbolo dei supplizi medievali. Più o meno tutti sappiamo visualizzarla, eppure non è uguale in tutto il mondo e nemmeno in tutta Italia. La più comune forma di gogna è probabilmente il ceppo di legno, in cui vengono infilate testa e mani del condannato di turno. Ma la gogna, nei secoli, è esistita sotto forma di grossa pietra a cui si veniva legati e un collare di ferro stretto attorno al collo.
Ed è proprio da quest’ultima possibile sembianza, che la gogna potrebbe prendere il nome. L’etimologia di “gogna” potrebbe derivare dal latino volgare “cingula“, collare. C’è però chi ritiene che potrebbe discende da gonghia (collare di ferro), oppure dal greco goggylos (rotondo). Chi propende per l’arabo gollon (grosso anello di ferro), dal quale gli spagnoli derivarono ar-golla e gli italiani prima goglia e poi gogna. Questo perchè in Italia la gogna non è stata assai diffusa, quantomeno non come strumento prediletto di tortura.
Breve storia della gogna
La più antica menzione conosciuta documenta l’uso della gogna in Europa, nell’Utrecht Psalter, intorno all’820. Il governo provvisorio del Regno Lombardo-Veneto nel 1814 sospese la pena della berlina (o gogna) per le donne e gli ecclesiastici. La gogna come pena fu abolita nel XIX secolo, ma in alcuni casi se ne è registrata ancora l’applicazione, sino all’ultimo avvenuto nel 1995 a Panama.
Tra i personaggi illustri del passato condannati all’umiliazione della gogna ritroviamo, nel 1703, Daniel Defoe, che compose per l’occasione l’ode Inno alla gogna. Nel XVIII secolo Voltaire scrisse: «Là dove manca la carità, la legge è sempre crudele». L’osservazione era valida per la sua epoca, ma rispecchiava ancor di più la situazione della giustizia in età medievale. A quel tempo i malviventi non avevano certo vita facile: lo squilibrio tra la gravità del crimine e la durezza della pena era enorme. Il carcere era semplicemente il luogo dove i prigionieri erano reclusi in attesa della sentenza decisiva, non il castigo per i delitti perpetrati, così come lo intendiamo oggi; del resto tenere un condannato in prigione per anni era giudicata un’inutile spesa.
Ma ad abbondare nel Medioevo erano le pene corporali: frustate, marchi infamanti, mutilazioni e, naturalmente, la morte, inflitta con ogni tipo di supplizio. Abituati agli orrori della guerra e all’incertezza della vita, prede di un costante senso di insicurezza, per gli uomini e le donne di epoca medievale la giustizia si basava sull’antico “occhio per occhio e dente per dente”.
L’idea di una giustizia in pubblico
Punitiva e privatistica, la pena si fondava sulla categoria etico-giuridica del taglione; era necessario pareggiare i danni derivanti dal reato, spogliando il colpevole di quei beni riconosciuti dalla collettività come valori sociali: la vita, l’integrità fisica e il denaro. La crudeltà e la spettacolarità poi assolvevano la funzione di deterrente. Infatti, uno dei pilastri della giustizia era proprio il suo carattere pubblico. Le punizioni dovevano servire di lezione al delinquente ma erano anche un avvertimento per il resto della popolazione e perciò avvenivano alla presenza della comunità, per mostrare a tutti che cosa comportava attentare all’ordine stabilito. Questa era la funzione della gogna, un collare di ferro legato con una catena a un muro o a un palo che si metteva al collo dei condannati, esposti per ore all’ingresso dei paesi o nelle piazze principali, perché subissero l’onta della vergogna pubblica.