Coraggio Pd
Non chiamateli “rottamatori”
Ai promotori di Coraggio Pd non piace essere chiamati i nuovi rottamatori. Anche se l’obiettivo è molto affine all’ormai celeberrima corrente, fondata inizialmente da Matteo Renzi e Pippo Civati, che lanciò la sfida alla vecchia dirigenza del centrosinistra. Ed è anche vero che rispetto a quella coppia – poi scoppiata per divergenze di vedute politiche e personali – manca la stessa mediaticità e probabilmente anche una dose di talento comunicativo.
Al netto dei parallelismi, agli atti resta la sfida lanciata da Brando Benifei. 36 anni, già alla seconda legislatura nell’Europarlamento e capodelegazione del Pd a Strasburgo; insieme a centinaia di coetanei o giù di lì. Si tratta in realtà di un ritorno a un suo vecchio pallino: il ringiovanimento del partito, la battaglia generazionale.
L’eredità dei Centofiori
Il progetto fu infatti tentato da Benifei nel 2018 con il movimento dei Centofiori; anche in quel caso furono promosse assemblee che promettevano la battaglia per il rinnovamento. Ci furono vari cicli di incontri. Dopo un anno è però sparito dai radar della politica; senza essersi mai realmente imposto al dibattito pubblico e nemmeno a quello interno al centrosinistra. Benifei ci riprova con un nome nuovo, ed esperienza in più, in concomitanza del momento di profonda crisi del Pd; più grave in confronto al biennio 2018-2019, durante la fine del renzismo a Largo del Nazareno.
«Per noi non è solo una questione generazionale. Si tratta di mettere in discussione alcune delle scelte politiche prese dalla dirigenza del Partito democratico di questi anni». Ha scritto Benifei sul proprio profilo Facebook.
La questione generazionale dentro il Pd
«La nostra idea è quella di proseguire con delle proposte nel percorso costituente e nel congresso del Pd», aggiunge ancora Cerroni a Truenews.it. Un cammino, secondo il suo ragionamento che si articolerà sia sul piano nazionale che su quello del radicamento territoriale. All’evento di Roma, infatti, c’erano dirigenti locali come Raffaele La Regina, segretario del Pd in Basilicata; e Tommaso Bori, segretario in Umbria dei dem e consigliere regionale.
E proprio lui non lesina parole durissime contro l’attuale leadership. «Tutto è cambiato nel mondo tranne loro che hanno fallito su tutti i fronti. Hanno voluto un Pd senza identità». Ha sottolineato, definendo il suo partito «incolore, inodore e insapore». Cerroni, su questo punto, è meno critica, annota un altro aspetto. «All’appuntamento Coraggio Pd c’era il vero Partito democratico, quello che però tante volte nei processi decisionali viene escluso». Altri nomi da segnare? Rachele Scarpa, la deputata più giovane eletta dal Pd; Gaia Romani, assessora al Comune di Milano; Lorenzo Marinone, consigliere comunale a Roma; Marco Lamperti, assessore a Monza. Il punto per il futuro è, però, come si vuole battere la classe dirigente.
Leader non candidati
Al momento non si parla di una candidatura alternativa a quelle che stanno prendendo forma. In testa Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, indicato come il grande favorito per la segreteria del Pd. «C’è sicuramente la nostra volontà di partecipare al rinnovamento della leadership», ribadisce Cerroni a True-news.it. «Ma prima di fermarci sui nomi, dobbiamo chiederci come debba essere intesa la leadership». Allo stato, insomma, sembra prevalere la prudenza, anche se alcuni rumors parlano della tentazione di Benifei&Co. di correre direttamente in nome del cambiamento. Il perimetro della battaglia è tracciato. Il Pd, secondo i coraggiosi, deve diventare il partito di una sinistra moderna, mettendo al centro il tema della giustizia sociale. Intanto bisogna fare i conti con un governo da affrontare e quindi un’opposizione da organizzare. «È necessario un coordinamento con le altre opposizioni, certo. Ma forse prima bisogna ridefinire la nostra identità», sintetizza Cerroni. Per cui in futuro, conclude la leader dei Giovani dem, «alla coalizione bisogna arrivare con un profilo del Pd».