di Sara Greta Passarin e Francesco Floris
Virginia Raggì sì o no? Sostenere o scaricare la sindaca della Capitale? È questo il dilemma tra le file del Movimento cinque stelle. Perché si sa, se Milano è la capitale economica d’Italia, Roma è la capitale politica. E la scelta del candidato sindaco di Roma, in vista delle Comunali 2021, influenza a cascata le alleanze delle altre città che voteranno: Milano, Bologna, Torino e Napoli in primis. Il Partito Democratico e il centrosinistra, che puntano a preservare la “coalizione del Conte II”, starebbero spingendo per candidare Roberto Gualtieri. L’ex ministro dell’economia, secondo il Nazareno, è considerato un nome forte, prestigioso e capace di unire la coalizione. Peccato che Virginia Raggi, attuale sindaca di Roma, non vuole saperne di un’alleanza strutturale con il Pd e non accenna a mollare la presa.
Virginia Raggi, una “casaleggiana” al Campidoglio
Non per niente Raggi è considerata una “caseleggiana” da sempre, favorevole ad alleanze ma non “calate dall’alto” o “a tutti i costi”. Pensiero condiviso da alcuni grillini come Stefano Buffagni, Danilo Toninelli e pochi altri parlamentari, ma non dai big come Stefano Patuanelli, la romana Paola Taverna e lo stesso Beppe Grillo. Che però, domenica 21, se n’è uscito con un endorsement: “Roma ha bisogno ancora di te! Chi sta con Virginia sta con il MoVimento”. Poi non bisogna dimenticare i nemici interni. Che non mancano. Prima tra tutte quella Roberta Lombardi pioniera del patto giallorosso in Regione Lazio. E se i vertici sembrano sordi agli appelli della prima cittadina, indecisi cronici sul da farsi e su come agire, Raggi tira dritto e si appella alla base. “E’ il momento che il Movimento si esprima sulla mia candidatura – ha scritto su Facebook – basta ambiguità e giochi di palazzo. Credo che, a poco più di tre mesi dal voto, sia un atto dovuto nei confronti dei cittadini. Si dia voce alla base. Se qualcuno ha altri piani sulla città, lo dica apertamente”.
Soccorso Dibba?
Una vera e propria “bomba” lanciata al suo partito che ha raccolto nel giro di poche ore una importante sponda (seppur di un ex 5S): quella di Alessandro di Battista. Il quale dopo lo strappo grillino in parlamento (30 grillini hanno detto no a Draghi), potrebbe decidere di sostenere Raggi o creando un nuovo soggetto politico oppure impegnandosi nell’aggregare liste civiche che la sostengano facendo campagna elettorale per lei. Mossa che potrebbe creare non pochi problemi all’alleanza 5S-Pd, specie nel panorama politico di Roma (che è anche la città di Dibba). Tanto è vero che, se Raggi arrivasse al ballottaggio, potrebbe davvero giocarsela per vincere. Un modello di questo genere in realtà è già stato sperimentato nel 2017 – potremmo chiamarlo “modello Pizzarotti” – e a Parma ha funzionato. Pizzarotti, sindaco dal 2012 grazie al sostegno del Movimento 5 Stelle, è stato poi riconfermato alle comunali 2017 con l’appoggio di sole liste civiche. E in un periodo di pandemia come quello attuale, dove a livello locale le persone contano più dei partiti, a maggior ragione alle amministrative (Luca Zaia in Veneto ne è l’esempio più lampante) non è detto che una sorpresa come questa non si verifichi anche nella Capitale. E Virginia tenti il colpaccio.