Manca un mese al voto che deciderà il destino politico del nostro paese. In Italia tutte le attenzioni sono focalizzate su un voto, che all’estero non sembra riscuotere tutto questo interesse. Almeno non nella “locomotiva d’Europa”. Come guarda la Germania alle elezioni italiane? Edoardo Toniolatti, cofondatore del blog collettivo Kater sulla Germania e curatore della newsletter RESET2021 sulle passate elezioni politiche tedesche, analizza con True-News.it l’attenzione che Berlino ripone al voto in Italia.
Come guardano in Germania alle elezioni italiane: c’è interesse o sono un tema che interessa pochi?
L’interesse c’è, ma è relativo. Naturalmente si trovano numerosi articoli dedicati al tema nei principali quotidiani tedeschi; ma non proprio nelle prime pagine, occupate principalmente dalle preoccupazioni legate alla crisi energetica e soprattutto dallo scandalo Cum-ex che coinvolge il Cancelliere Olaf Scholz – una storia di illeciti bancari di quando era sindaco di Amburgo.
La campagna elettorale italiana è comunque seguita dai giornali, anche se non con l’attenzione dedicata qualche mese fa alle presidenziali francesi, considerate più decisive soprattutto a livello continentale. L’importanza del voto italiano è però ben chiara, in particolare per il momento in cui arriva. Di fronte alla pandemia e alla guerra in Ucraina i Paesi europei hanno trovato una vicinanza inusuale, che potrebbe venire messa a rischio dalla vittoria di un centro-destra in cui le forze sovraniste e pro-Putin hanno molto peso, e il timore di uno sfilacciamento ulteriore dell’Unione in un momento parecchio delicato è assolutamente reale.
Quali sono le principali somiglianze e differenze tra il sistema politico italiano e quello tedesco?
La risposta a questa domanda richiederebbe un libro più che un semplice paragrafo. Ma visto che parliamo di elezioni, possiamo concentrarci su un aspetto specifico, che ha conseguenze sul sistema complessivo e soprattutto sul governo: la legge elettorale. In Germania ogni elettore dispone di due voti: una Erststimme, o “primo voto”, con cui si vota il candidato, e una Zweitstimme (“secondo voto”) che invece è riservata alla scelta del partito.
Il Parlamento Federale eletto a settembre scorso ha battuto tutti i record – con 736 deputati è il più affollato della storia tedesca. La particolare struttura del voto, e soprattutto la sua rigida proporzionalità per quanto riguarda la Zweitstimme, è una delle ragioni principali per cui le alleanze sono cruciali nel sistema tedesco, e si fanno solo dopo le elezioni. È sostanzialmente impossibile che un partito abbia la maggioranza assoluta, le alleanze sono strutturalmente necessarie e si discutono dopo il voto, quando i numeri in gioco sono chiari e definitivi. Naturalmente se ne parla anche prima del giorno delle elezioni, ma tutti sanno che fino al responso delle urne si tratta solo di parole. I fatti vengono dopo, a urne chiuse.
Vista da fuori, in che stato le sembra la politica italiana alla vigilia del voto e dopo la caduta di Mario Draghi?
Ai tedeschi Mario Draghi non dispiaceva. Al momento della sua nomina erano numerosi gli editoriali che annunciavano una svolta non solo per l’Italia, ma anche per l’Europa. Con addirittura alcuni osservatori che si lanciavano in previsioni di un nuovo Führungsduo, una nuova leadership continentale a due composta da Draghi e da Macron, con la progressiva uscita di scena di Angela Merkel. La leadership di Draghi durante la pandemia è stata apprezzata; e forse anche per questo motivo non è chiaro ai tedeschi perché sia stato fatto cadere. La responsabilità della crisi di governo è però generalmente individuata nel Movimento Cinque Stelle. Per quanto le ragioni che l’hanno portato a una tale scelta risultino per i tedeschi poco comprensibili.
In un paese come la Germania come è vista la figura di Giorgia Meloni? Anche lì si parla di “pericolo nazismo”? Che fine ha fatto AfD?
In Germania è ben nota la provenienza politica di Giorgia Meloni, descritta spesso come “postfascista” o “estremista di destra”, e la prospettiva di ritrovarsela a Palazzo Chigi desta preoccupazione. Più che di “pericolo nazismo”, però, un punto di cui si parla spesso riguardo alla coalizione di centro-destra è il ritorno di Silvio Berlusconi, nuovamente candidato: una bizzarria che i tedeschi stentano a capire, e che finisce spesso al centro di battute e gag. Per quanto riguarda AfD, il partito è sempre alle prese con durissimi scontri interni fra la corrente “moderata” e quella più radicale, con la seconda sempre più agguerrita e influente ma ancora in attesa di prendersi la leadership.
Il centrosinistra anche in Germania ha i suoi problemi, ma almeno ha vinto le elezioni. Che differenze ci sono tra SPD e il PD; e tra Scholz e Letta?
La differenza più evidente è certamente quella anagrafica: nato nel 2007, il PD è un bebè rispetto alla SPD, uno dei più antichi partiti d’Europa con una storia iniziata nel 1863. Al netto della prossimità ideologica e programmatica, abbastanza scontata – entrambi i partiti fanno parte del Partito Socialista Europeo – può essere più interessante soffermarsi sui due leader. Entrambi parte della corrente moderata (sebbene Scholz da giovane appartenesse invece all’ala di sinistra), condividono una storia di riscatto e rivincita. Letta è tornato a prendersi la guida del partito qualche anno dopo la famosa “staffetta” con cui Matteo Renzi lo sostituì a Palazzo Chigi. Una mossa che sembrava aver messo fine alle sue prospettive di carriera politica; ma anche Olaf Scholz ha attraversato una fase in cui le sue quotazioni sembravano destinate a crollare inesorabilmente.
Chi è Olaf Scholz?
Uomo di fiducia di Gerhard Schröder, del cui grande piano di riforme noto come Agenda 2010 fu uno degli autori principali, Scholz subì un primo duro colpo quando, all’inizio del 2017, la SPD scelse Martin Schulz come candidato alla Cancelleria. Molti dubitavano che l’allora capo del partito Sigmar Gabriel, la cui popolarità era bassissima, sarebbe sceso in campo. Ma l’ipotesi più accreditata era proprio una convergenza su Scholz, molto vicino a Gabriel e sindaco di una città importante come Amburgo. La scelta di Schulz, da lui piuttosto distante, venne interpretata come il desiderio da parte della SPD di invertire la rotta. Ed è significativo che nel congresso del dicembre 2017, quando Martin Schulz venne rieletto alla guida del partito, Scholz fu confermato come vice con solo il 59,2% dei voti dei delegati. Percentuale di gran lunga peggiore rispetto a quelle degli altri 5 vice eletti in quell’occasione.
Un ulteriore colpo Scholz lo subì a luglio del 2017, quando nella sua città si tenne il G20. In quei giorni la città anseatica fu devastata da proteste sfociate in scontri e violenze, con accuse pesantissime alla polizia e alle autorità comunali di non aver saputo gestire la situazione – e addirittura richieste di dimissioni rivolte al sindaco.
Due leader in cerca di rivincita?
La sua rivincita Scholz iniziò però a riprendersela quando si trattò di formare il governo, l’ultimo a guida Merkel, nel 2018. Scholz riuscì a ottenere non solo il ruolo di vice-Cancelliere, ma soprattutto l’importantissimo Ministero delle Finanze. Segno che la sua influenza nel partito, nonostante tutto, si faceva ancora sentire. Alcune scelte azzeccate durante la pandemia, soprattutto riguardo ai pacchetti finanziari di sostegno a cittadini e imprese, ne hanno poi accresciuto la popolarità in maniera così notevole che quando nell’agosto del 2020 si è trattato di scegliere il candidato alla Cancelleria il suo nome è venuto fuori naturalmente.
E lo straordinario risultato di un anno fa, con una vittoria assolutamente inaspettata e la riconquista della Cancelleria dopo 16 anni di Merkel. Hanno cementato il suo status di signore incontrastato della SPD – un partito di cui, ricordiamo, formalmente non è leader. Ma al momento non ne ha bisogno: Cancelliere e protagonista di una rimonta tanto spettacolare quanto imprevista, fra i socialdemocratici la sua parola è legge.
Probabilmente per ottenere lo stesso risultato Letta dovrebbe compiere un’impresa ugualmente gigantesca e inattesa, cioè vincere le elezioni. Secondo i sondaggi si tratta di un’eventualità remotissima. Ma non dimentichiamo che i sondaggi, poco più di un anno fa, davano la SPD al secondo se non al terzo posto. E sappiamo com’è andata.