Ogni qualvolta che c’è una matassa da sbrogliare, all’interno del Movimento cinque stelle, arriva il senatore Vito Crimi. Dopo che Luigi Di Maio si dimise da capo politico del Movimento, mettendo così il grillismo nelle sue mani, era stato lo stesso senatore a far notare questo particolare. Che ha un fondo di verità, se si mettono in fila i fatti che negli anni lo hanno coinvolto nel Movimento.
Vito Crimi: il primo capogruppo al senato della storia del M5S
La storia politica di Vito Crimi, per lo meno a furor di telecamere, ha inizio il giorno stesso in cui il Movimento cinque Stelle, nel 2013, fa il suo ingresso all’interno delle istituzioni. I fatti andarono così: dopo una prima riunione “di conoscenza” tra parlamentari, Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo, si votarono a maggioranza i capogruppo. E il prescelto per guidare i senatori fu lui: candidato in precedenza alle regionali lombarde del 2010, dove aveva avuto un risultato scandente (3% delle preferenze), era riuscito ad entrare nelle liste per il Senato della Repubblica. E fu lui uno dei frontman che, in diretta streaming, incontrò il segretario del Pd Pierluigi Bersani. Colloquio durante il quale i grillini, in maniera netta, i grillini chiusero ad un’ipotesi di governo con l’allora Partito Democratico.
Composizione liste per il parlamento, quella lite tra Stefano Buffagni e la compagna di Crimi
Dopo un primo mandato da senatore fu rieletto in parlamento alle elezioni del 2018 ma nel Movimento, all’atto della composizione delle liste, scoppiò il caso legato alla sua compagna Paola Carinelli (dalla quale ha avuto due figli). La deputata milanese, rieletta come Crimi nel 2018 alla Camera, superò infatti nella graduatoria di lista (in una zona in cui non era residente) il grillino di Bresso Stefano Buffagni. Segno che l’influenza del senatore bresciano, su Rousseau e nel Movimento, era già molto forte, tanto da essere considerato ai tempi un “fedelissimo” di Davide Casaleggio. Tanto che stupisce che sarà proprio Crimi, nell’estate 2021, ad impegnarsi per estromettere Rousseau dal Movimento.
Una ferita, quella che tra Buffagni e il duo Crimi-Carinelli, che non si è mai rimarginata del tutto, tanto che i due sono sempre stati avversari interni.
Vito Crimi, da Sottosegretario alla presidenza del consiglio a viceministro dell’interno “contiano”
Da quel momento in poi Vito Crimi, primo capo dei senatori pentastellati, nei Cinque Stelle si è fatto strada. E anche nei momenti importanti, pur non brillando per carisma politico, è sempre stato chiamato in causa. Nel governo gialloverde ad esempio, con Luigi Di Maio vicepresidente del consiglio, Crimi entrò a pieno titolo nella stanza dei bottoni in quanto sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri con delega all’editoria e alla ricostruzione post-sisma nell’Italia centrale. Nel governo giallorosso, invece, fu nominato viceministro dell’interno. Nel corso di questo suo nuovo incarico, in veste anche di capo politico grillino, fu uno dei primi a convertirsi alla via del “contismo”. Tradotto? La via maestra, per il movimento 5 stelle deve essere costruire una alleanza di campo largo con il Pd. Un’alleanza di centrosinistra, insomma, che potesse avere un medio-lungo respiro.
Vito Crimi, capo politico ad interim grazie all’età
Il suo ingresso nel comitato di garanzia del M5S, è bene ricordarlo, è stato il punto di partenza da cui ha iniziato a rosicchiare posizioni nella geografia interna al Movimento. E il motivo per cui divenne capo politico “reggente” ad interim fu la sua età (del comitato di garanzia interno al Movimento cinque stelle era il membro più anziano) come previsto dallo statuto grillino. Tanto è vero che dopo le dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico, datate il 22 gennaio 2020, il suo ruolo divenne centrale ma spesso oggetto di molti malumori. Nessun iscritto infatti, a differenza di quanto accaduto per Luigi Di Maio, ha mai votato sul web per dare il via libera al suo incarico di reggente.
Governo Draghi, quel fallimento nella negoziazione politica
Caduto il Governo Conte II il Movimento entra nella grande coalizione di Mario Draghi. E nella contrattazione dei ministri del nuovo governo fu messo sotto accusa dai parlamentari grillini. Il motivo? “Non aver saputo alzare la voce” abbastanza. Di 10 ministri pentastellati presenti nel Conte II, infatti, i pentastellati con Mario Draghi hanno ottenuto solo tre dicasteri (e di basso peso): l’agricoltura per Stefano Patuanelli (unico ministro con portafoglio); le politiche giovanili per Fabiana Dadone e i rapporti con il Parlamento per Federico D’Incà. Poca roba per un partito politico che, alle elezioni del 2018, ha ottenuto il 33% dei consensi.
Dopo Davide Casaleggio, Vito Crimi tradisce anche Beppe Grillo
Arriviamo così all’ultimo scontro tra Vito Crimi e il garante Beppe Grillo che si sta svolgendo dopo la crepa tra il fondatore del Movimento e Giuseppe Conte (persona a cui Grillo aveva pensato di affidare la guida del Movimento). E in questo scontro Vito Crimi è una variabile impazzita.
Grillo, che ha rifiutato il nuovo statuto proposto da Conte, ha chiesto di dare in mano ad un comitato direttivo di 5 persone (da votare, come da statuto, sulla piattaforma web Rousseau) la gestione del Movimento cinque stelle. Ma Vito Crimi, che punta ad estromettere Davide Casaleggio (e Rousseau) dal Movimento, ha invece proposto di utilizzare SkyVote, andando contro le indicazioni di Beppe Grillo. Il quale, non è un dettaglio, è favorevole a mantenere la regola del doppio mandato.
La nomina nel comitato dei 7 saggi per tentare la ricucitura Grillo-Conte
Vito Crimi però, per cercare di riproporre la frattura tra l’ex premier e il fondatore, è stato nominato da Beppe Grillo in un comitato di sette “pacificatori”. Che si conferma sempre presente quando si parla di questioni interne. Rumors dicono che Vito Crimi, come altri parlamentari al secondo mandato, si sia convertito sulla via di Giuseppe Conte per cercare di ottenere una ricandidatura in parlamento (svincolando la regola dei “due mandati e poi a casa”). Magari salendo sul carro degli intoccabili grillini o aderendo al nuovo partito (se mai ci sarà) dell’ex premier e professore Giuseppe Conte.