Per la seconda settimana, lo storico l’Espresso esce di venerdì. Non più di domenica, da solo. Senza La Repubblica. Un processo di divisione tra le testate partito con la cessione del settimanale al Gruppo Bfc Media da parte di Gedi. Comincia un nuovo corso per la testata ora diretta da Alessandro Mauro Rossi, già alla guida di Forbes, chiamato a tenere alto l’onore di un giornale di spessore politico e sociale.
Ma i dubbi sul successo permangono. Li evidenzia, contattato da True-News.it, Alessandro Gilioli che dell’Espresso è stato vice-direttore mentre ora dirige Radio Popolare.
Il direttore di Radio Popolare: “Non so quali obiettivi abbiano Iervolino e Rossi, quale sia il break even”
Spiega il giornalista: “L’accordo tra Gedi e il Gruppo Iervolino prevedeva un anno di abbinamento. Alla fine di questo anno, Gedi ha ritenuto che l’Espresso non fosse strategico per aumentare le vendite di domenica. Il punto è che un prodotto che esce insieme a un altro deve avere contenuti diversi. Non so quali obiettivi abbiano Iervolino e Rossi, quale sia il break even.
Sicuramente tutto ciò che va in edicola fa fatica a sopravvivere. L’abbinamento era una sorta di legame che permetteva a Repubblica e L’Espresso di rimanere a galla. In un primo momento sono andati bene: Espresso e Repubblica si sono dati manforte. Poi l’Espresso ha subito molti cambiamenti di direzione, da Cerno a Damilano. Ora lavorano ottimi giornalisti ma è molto più debole, fragile rispetto a quello di dieci anni fa. L’editore ha investito, ha aumentato la foliazione, ha recuperato il correttore di bozze, ha assunto: emerge una sorta di buona volontà. Dopo la politica di tagli e chiusure di Gedi. La buona volontà c’è“. Eppure – sottolinea Gilioli – “il prezzo è troppo alto, non venderà più di 30mila copie per uno scenario di mercato. E’ una mission impossible“.
Gilioli: “Gli Angelucci usano i giornali come strumenti di relazione per le loro cliniche”
Con Gilioli True-News.it affronta anche il tema delle recente operazione dell’editore Angelucci. Ora proprietario di Libero e del Giornale, acquistato dai Berlusconi, e in odore di comprare La Verità. Si respira l’aria – a detta di molti – di una sorta di Fox News italiana, una cordata giornalistica di centro-destra. “Angelucci è un editore particolare, non ha lo scopo di vendere i giornali ma di usarli come strumenti di relazioni all’interno delle sue cliniche. Non c’è niente da scandalizzarsi, succede in molti giornali. Che non producono più profitti autonomamente ma per interessi. Come nel caso degli Agnelli. Angelucci ha voluto creare quest’area di giornali della destra per coprire tutte le aree del centro-destra e per essere presente nei diversi territori. Dal Lazio fino alla Lombardia. Si spiega così l’operazione del Giornale”.
Giornalismo, Gilioli: “Funzionano i modelli di disinformazione disarticolata”
Operazioni che testimoniano un certo vigore del mercato editoriale ma che non coprono una crisi del giornalismo. In cerca di modelli di sostenibilità e qualità. Commenta Gilioli: “Vedo molti tentativi, molte trasformazioni veloci. In Italia la carta non appartiene solo a una generazione precedente ma rientra in una spirale incredibile tra poche copie vendute e edicole chiuse. Il cartaceo è destinato a diventare molto di nicchia. L’equivalente fatto sui tablet è stato un tentativo di portare lo stesso quotidiano, con le sue gerarchie. Ha funzionato solo in parte. In termini di raggiungimento del lettore, funzionano i modelli di disinformazione disarticolata. Lontana dalle cornici gerarchizzate.
Molto interessante l’esperimento di Chora o di altri portali online che hanno portato una ventatà di novità nelle nicchie come Il Post e Valigia Blu. E poi anche tentativi come quello vecchio stile di Tommaso Cerno. Mi sembra evidente che così com’è è il mondo dei giornali è pochissimo finalizzato a essere in pareggio. Punta alle relazioni dei loro editori”.
L’esperto: “Il Corriere della Sera sembra Gente o Oggi degli anni Settanta”
Per esempio, il Corriere della Sera, unico ad avere un editore puro, o semi puro, come Cairo, ha abbassato il target. L’ha fatto diventare un settimanale al limite del gossip, molto diverso dalle ambizioni di essere il Times. Sembra più Oggi o Gente degli anni Settanta. E’ un tentativo di sopravvivere alla crisi dell’editoria. E’ interessante vedere dove va. Il giornalismo italiano non brilla per qualità. Anche perchè, appena un giornale va male, gli editori tagliano il personale, scelta che causa un abbassamento di qualità e, di conseguenza, una perdita di copie. Non è solo un fatto generazionale“.