All’ostello dei Pellegrini di Aviles, cittadina delle Asturie dove la bellezza della città medievale si somma al caratteristico disegno urbano della città industriale, siderurgica del Novecento, l’attesa per gli esiti delle elezioni spagnole di domenica era forte. Pellegrini dalla Catalogna, dalle Baleari e dai Paesi Baschi commentavano assieme agli ospiti internazionali gli esiti del voto.
Aviles, un’anomalia rispetto al resto delle Asturi
Aviles è un’anomalia rispetto al resto delle Asturie. Qui la la tradizione operaia è forte e il Partito socialista è riuscito a sopravanzare i Popolari primo partito nazionale col 35% contro il 34 %. In controtendenza a quanto successo nel resto della regione dove il partito di Alberto Nunez Feijoo ha conquistato la maggioranza dei seggi.
Avilès, roccaforte socialista
Passeggiando per Aviles non si aveva l’idea di trovarsi in una città in pieno fermento elettorale. Anzi, proprio il fatto che i socialisti hanno sempre visto come una roccaforte la città, spettava ai popolari il compito di promuovere la pubblicità elettorale. Lo spaccato della città e del suo esito elettorale mostra una Spagna divisa tra più anime, ma in cui la politica è tornata a esprimersi al suo più alto livello: quello della connessione tra ideologia e scelte concrete.
La testimonianza di Jordi, un pellegrino catalano
Jordi, un Pellegrino catalano incontrato all’ostello è l’emblema di questo fatto. Abitante di Tarragona, ci spiega in un perfetto italiano che la sua famiglia, pur essendo fieramente autonomista, ha votato il partito socialista temendo l’ascesa al governo di Vox. Parliamo del più classico dei voti utili. E lui stesso non ha rinunciato al cammino di Santiago per un voto estivo apparso anomalo a molti spagnoli, ma si è trovato a sperare nella riconferma del governo di Pedro Sanchez. Il cui partito socialista è stato sì superato dai popolari, ma spera ancora di poter raccogliere i frutti di 5 anni di governo consolidando la coalizione con la sinistra radicale di Sumar e mirando a fare dei partiti autonomisti una volta di più le stampelle del suo governo.
Nelle Asturie conservatrici, dove si racconta che il governo di Mariano Rajoy aveva arruolato nel 2017 i poliziotti più conservatori e nazionalisti per portarli a reprimere il tentativo di indipendenza catalano, questo viene raccontato con attenzione dalle testate locali. Critiche con Vox, il partito di destra radicale, per il suo oltranzismo che a detta di molti, è costato alla destra, la possibilità di governare in autonomia.
Cosa dicono i giornali asturiani
“La Nueva Aviles”, testata locale della città, e l’edizione locale di “La Nueva Espana” aprono proprio parlando del risultato a sorpresa di Sanchez e spiegano che la somma tra gli autonomisti di sinistra di Catalogna, Canarie, Galizia, Navarra e Paesi baschi può consentire a Sanchez di consolidarsi per un nuovo mandato. Una prospettiva in larga parte sottovalutata dai nostri media che hanno ragionato guardando al numero dei seggi del singolo partito e dimenticando la peculiarità del contesto parlamentare della Spagna. Un paese dalle multiformi identità in cui tradizione conservatrice e mentalità operaia si possono saldare senza alcuna contraddizione e in cui la politica è tornata a farsi sentire come spazio di confronto ideologico. Qualcuno la chiama polarizzazione ma è la democrazia. Parlando con i pellegrini incontrati a Aviles non si percepiva un tono catastrofistico sul risultato della democrazia spagnola, anche se ha più di uno tutt’altro che sottovoce il risultato dell’estrema destra più deludente delle aspettative è parso in un certo senso rassicurante. La fiducia nella democrazia è la migliore medicina contro il suo declino. E in Spagna sembrano averlo capito.