Home Primo Piano I razzi verso Israele partono (anche) dallo Yemen: una nuova minaccia per l’Occidente?

I razzi verso Israele partono (anche) dallo Yemen: una nuova minaccia per l’Occidente?

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Perché questo articolo potrebbe interessarti? Quei missili lanciati dagli Houthi, gruppo sciita yemenita, verso Israele un giorno potrebbero essere usati per attaccare le petroliere o le navi cargo occidentali che dall’Oceano Indiano risalgono il Mar Rosso. A destare i principali sospetti, come ricordato da una fonte diplomatica a True News, è la vicinanza politica e ideologica tra gli Houthi e l’Iran. I timori riguardano anche l’Italia

Da quando è iniziato il confronto miliare tra Israele e Hamas, i razzi verso lo Stato ebraico non sono stati lanciati unicamente dalla Striscia di Gaza. Navi Usa in navigazione sul Mar Rosso e missili della contraerea israeliana, più di una volta hanno intercettato ordigni provenienti da territori più remoti. E, in particolare, dallo Yemen. Qui, spesso lontano dai riflettori, si è combattuta negli ultimi otto anni una sanguinosa guerra civile con il coinvolgimento della vicina Arabia Saudita.

Tra i protagonisti del conflitto ci sono i miliziani di Ansarullah, meglio noti con il nome della famiglia fondatrice del movimento: gli Houthi. Sciiti e vicini all’Iran, sono stati i loro missili a creare alcuni grattacapi a Israele. Ma il loro ruolo, in caso di un allargamento regionale del conflitto, potrebbe essere ancora più importante. E, dal punto di vista occidentale, inquietante. Il motivo è ben rintracciabile dalla geografia: lo Yemen è bagnato dalle acque dello stretto di Bab El Mandel, punto in cui convergono le acque dell’Oceano Indiano con quello del Mar Rosso. Punto in cui, tra le altre cose, passano le petroliere e le navi cargo dirette verso il canale di Suez e il Mediterraneo.

Il programma missilistico degli Houthi

Il gruppo degli Houthi controlla dal 2014 la capitale yemenita Sana’a. In quell’anno, complice il caos nel Paese generato dall’instabilità del governo guidato dal presidente Hadi, i miliziani hanno potuto guadagnare terreno contro l’esercito regolare. Tuttavia, i combattenti non avevano la forza per conquistare l’intero territorio nazionale. Si è quindi entrati in una fase di stallo in cui lo Yemen è rimasto sostanzialmente diviso in due parti: a nord, nella capitale e lungo parte della fascia costiera, il territorio è andato in mano agli Houthi, a sud invece sono rimaste le forze governative.

Nel marzo del 2015 è quindi entrata in scena l’Arabia Saudita. Il governo di Riad, preoccupato per l’avanzata di una milizia filo sciita (e quindi filo iraniana) a pochi passi da casa, ha unito una coalizione di Paesi del golfo per attaccare gli Houthi. Contrariamente alle aspettative però, i miliziani sciiti non hanno perso il controllo dei territori conquistati e sono riusciti a resistere alle incursioni guidate dai sauditi. Non solo, ma il gruppo sciita ha potuto insidiare il territorio di Riad lanciando missili di media gittata contro obiettivi sensibili dei Saud. A partire dagli impianti della Aramco, l’azienda saudita del petrolio.

Le capacità degli Houthi di colpire in profondità sono state sviluppate proprio subito dopo l’attacco dell’Arabia Saudita. I miliziani hanno dato vita a un vero e proprio programma missilistico, diventato negli anni sempre più efficiente. Tutto questo è stato possibile in primo luogo grazie all’alleanza con l’ex presidente yemenita Saleh. Quest’ultimo, un tempo nemico degli Houthi, si è invece schierato con loro subito dopo la presa di Sana’a. A favore degli sciiti ha messo a disposizione la sua ex guardia presidenziale, custode a sua volta dell’arsenale missilistico dello Yemen.

Gli Houthi hanno così tirato fuori dalle basi dei vecchi scud sovietici, girati negli anni ’90 dal rais iracheno Saddam Hussein a Saleh, aggiornandoli e rendendoli così pienamente operativi. Si tratta di missili per certi versi obsoleti, ma utili per creare scompiglio nel territorio avversario. Più volte gli ordigni sparati dallo Yemen non sono stati intercettati dai Patriot posti a difesa delle città saudite. Oggi si ritiene che gli Houthi abbiano oramai acquisito notevoli conoscenze nello sviluppo dei piani missilistici, circostanza in parte confermata dal lancio di ordigni intercettati a pochi passi dal territorio israeliano.

I rapporti con l’Iran

Non è un mistero che dietro gli Houthi si nasconda spesso la mano degli iraniani. Si tratta di rapporti consolidati da almeno due elementi: l’appartenenza del gruppo yemenita alla galassia sciita e il nemico comune rappresentato dall’Arabia Saudita. Almeno fino alla scorsa estate, quando un accordo mediato dalla Cina ha riavvicinato Riad con Teheran. Ma negli anni dell’attacco saudita, l’Iran ha finanziato e armato gli Houthi, vedendo nel conflitto yemenita la possibilità di attuare una guerra per procura contro la dinastia wahabita.

Oggi la milizia sciita può essere considerata come una longa manus iraniana in medio oriente, al pari degli Hezbollah in Libano o della Jihad Islamica nei territori palestinesi. “Appare possibile pensare a una mano iraniana dietro i recenti lanci di razzi da parte degli Houthi verso Israele – ha dichiarato a TrueNews una fonte diplomatica – è un modo per Teheran per far capire allo Stato ebraico e all’occidente che possono contare anche sui combattenti yemeniti in caso di guerra regionale”.

I pericoli che arrivano dallo Yemen

Ma le vere insidie relative agli Houthi non riguardano solo un possibile coinvolgimento nel conflitto israeliano. Al contrario, ci sono due elementi che potrebbero rendere il gruppo sciita molto pericoloso per tutti i vari interessi occidentali nella regione: “In primo luogo – ha proseguito su True News la fonte diplomatica – il rapporto tra Houthi e iraniani non è gerarchico e spesso il gruppo yemenita si muove in autonomia”. Il motivo è dato dal fatto che i combattenti sono sì sciiti, come gli ayatollah al potere a Teheran, ma di una corrente solo di recente considerata propriamente organica al mondo sciita: quella cioè dello zaydismo. “L’autonomia degli Houthi è un pericolo per l’occidente – ha proseguito la fonte diplomatica – perché gli stessi iraniani potrebbero perdere il controllo dei loro alleati”.

L’altro elemento riguarda la vicinanza del territorio in mano agli Houthi con lo stretto di Bab El Mandel: “Da qui passa gran parte del traffico navale legato ai rapporti commerciali tra occidente ed oriente – ha spiegato ancora la fonte diplomatica – comprese le petroliere e le navi che contengono il gas estratto dal Golfo e spedito in Europa”.

Se l’Iran volesse quindi infliggere un importante colpo economico, prima ancora che militare, all’occidente allora potrebbe armare gli Houthi. I quali, con il proprio arsenale missilistico, potrebbero quindi attaccare le navi che dall’Oceano Indiano risalgono verso il Mar Rosso. Un’insidia che potrebbe riguardare da vicino anche il nostro Paese: dallo stretto tra lo Yemen e il corno d’Africa passano le navi che dal Qatar riforniscono la rete italiana del gas. Dall’altra parte dello stretto inoltre, c’è la nostra base stanziata a Gibuti, anch’essa possibile bersaglio nel caso di un’intensificazione della tensione.