Un fatto è chiaro: il Pd farà opposizione dura alle riforme prospettate dal governo. Il tavolo di ieri a Montecitorio è servito a sgombrare il campo: il faccia tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, ha confermato le distanze incolmabili, personali e politiche. Nulla di nuovo, insomma.
Solo che adesso c’è la bollinatura definitiva. La Camera era tutta agghindata per una giornata che l’ha collocata al centro dell’attenzione mediatica. La Sala della Regina ha ospitato decine di cronisti che hanno ascoltato le dichiarazioni dei leader delle varie delegazioni.
Alla Camera consultazioni presidenziali
Un “modello consultazioni” che ha provocato le ironie di un deputato del Pd: “Meloni è entrata già nel mood presidenzialista e tiene le consultazioni come il capo dello Stato”. Freddure a parte, la tensione era palpabile con una situazione abbastanza singolare: al piano terra, in aula, si parlava del decreto relativo al ponte sullo Stretto con i vari interventi che sono scivolati via senza grossa attenzione. Ma qualche rampa di scale più su, si decideva la rotta da seguire in questa legislatura.
Il vis a vis più atteso: Meloni e Schlein
La girandola di confronti ha trovato il culmine nel vis a vis più atteso, quello tra Meloni e Schlein. Chi ha presenziato all’incontro racconta di una freddezza iniziale, con le due leader che si davano del “lei”. Dopo, pian piano, c’è stato un approccio meno formale, ma tenendo bene le distanze, tranne per un saluto finale un po’ più caloroso. E, da quanto viene riportato, è emersa ulteriormente la differenza tra le due, accomunate solo dal fatto di essere donne in grado di scalare posizioni e guadagnarsi ruoli di vertice.
Riforme: la strategia del Pd di Schlein
La segretaria del Pd è uscita dall’incontro con la consapevolezza che la presidente del Consiglio tirerà dritto. “Al netto dei convenevoli non si è intravisto uno spazio per trattative politiche, loro cercano un cambiamento della Costituzione che non ci trova d’accordo”, parla una fonte molto vicina a Schlein. La sensazione è che Meloni metta sul tavolo un “premierato fortissimo”, che è tutto da decifrare. Dietro l’etichetta occorre capire cosa ci sarà. Di sicuro non il modello del cancellierato tedesco, preferito dal Pd come fatto filtrare durante la mattinata di ieri, mentre Meloni si apprestava a vedere la delegazione del Movimento 5 Stelle, capeggiata da Giuseppe Conte.
L’inner circle meloniano, a microfoni spenti, ha sottolineato la soddisfazione: “La giornata di confronti ha mostrato un governo disponibile al dialogo di fronte a un’opposizione frammentata, che andava in ordine sparso”, afferma un esponente di Fratelli d’Italia. “Alla fine – è la conclusione del ragionamento – emergerà che il Pd vuole arroccarsi su un sistema che non funziona e non garantisce stabilità”.
Riforme, tra Renzi e Meloni
Stabilità è stata la parola chiave. Nel Pd partono all’attacco: “Sembra che Meloni sia particolarmente preoccupata della stabilità del suo governo, nonostante i numeri ampi della maggioranza”. E sul punto Schlein ha chiarito la linea con i suoi: il governo “vuole usare le riforme come un diversivo”. Da qui la strategia di incalzare su “lavoro, sanità, diritti”, ha spiegato negli incontri privati con i dirigenti del suo partito. E ha la telefonata con Conte ha puntato a sminare la sensazione di un’opposizione troppo divisa.
Sulle riforme, però, la posizione è quella di smentire “l’Aventino”, come invece fa circolare Matteo Renzi per provare a incunearsi nel malcontento dei centristi e dei riformisti, scettici sulla linea Schlein. E d’altra parte i dem hanno bene in testa la narrazione che vogliono fare su Italia viva: “Renzi si è candidato a stampella del centrodestra, a cominciare dalle riforme. Con la scusa del dialogo si avvicina a Meloni”. Insomma, le riforme sono solo all’inizio. Ma hanno già pepato il dibattito politico.