Perché leggere questo articolo? La commissione di Vigilanza Rai non si è ancora formata, nonostante l’insediamento di Camera e Senato da oltre tre mesi. La trattativa è stata oggetto di veti incrociati. Ma la polemica sul videomessaggio del presidente ucraino Zelensky al Festival di Sanremo ha favorito una soluzione più celere. Così da aver un organismo parlamentare funzionante per futuri casi del genere.
Ci voleva Zelensky al Festival di Sanremo per destare il Parlamento dal torpore e ricordare il vuoto della commissione di Vigilanza Rai. L’organismo, infatti, a oltre tre mesi dall’insediamento di deputati e senatori non è ancora formato a causa di un braccio di ferro sulla presidenza ingaggiato tra Movimento 5 stelle e Italia viva. Lo stallo, tuttavia, sembra sbloccato a favore dei pentastellati. Matteo Renzi si è accontentato dell’offerta fatta al suo partito: presiedere la commissione di inchiesta sul Covid, grande cavallo di battaglia che vuole usare per attaccare Giuseppe Conte in merito alla gestione delle prime ondate di pandemia. Comunque sia, c’è un significativo cambio di passo.
Zelensky al festival, lo sprint per la Vigilanza Rai: voto già in settimana?
Così c’è chi per la Vigilanza Rai prefigura una possibile votazione addirittura già in settimana, chi invece la prevede entro la prima metà di febbraio. Il favorito a sedere sulla poltrona di presidente è l’ex ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, apprezzato a destra e sinistra per un approccio molto pacato. I rumors di Palazzo lo danno per certo. Il principale competitor resta Riccardo Ricciardi, vicepresidente del Movimento, dal piglio più battagliero. Da non scartare, però, “l’opzione donna”, ossia l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino. “Quando di mezzo ci sono i 5 Stelle non bisogna mai dare nulla per scontato”, avverte una fonte che conosce bene le dinamiche interne al partito contiano.
Zelensky al festival sblocca la commissione Vigilanza Rai
E non è solo per un’intesa politica, trovata con il bilancino tra le opposizioni che popolano Camera e Senato. La vicenda dell’intervento del presidente ucraino al Festival di Sanremo, che inizierà la prossima settimana, ha “impresso un’accelerazione”, spiega una fonte parlamentare a True-news.it. Il motivo? “Ci si è resi conto che quella casella è ancora vuota, privando la politica della possibilità di valutare le decisioni assunte dal servizio pubblico». Detto in altre parole “non si ragione con i se, solo che con una commissione nel pieno dei poteri magari sarebbe andata diversamente”. Insomma, la politica probabilmente avrebbe posto un veto. E chissà con quale esito. Di sicuro il video-messaggio di Zelensky avrebbe animato il confronto nella Vigilanza più di quanto non lo abbia fatto sui mezzi di comunicazione, su cui pure sono intervenuti leader nazionali. A cominciare dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Ma non è stato possibile, perché l’organismo parlamentare non era costituito.
Vigilanza Rai: perché così in ritardo?
Il ritardo è stato frutto delle diffidenze politiche reciproche. In un primo momento, Conte voleva legare il voto per la Vigilanza Rai ai destini del Copasir, temendo eventuali trappoloni del Partito democratico. Solo che alla fine per il comitato non si poteva indugiare oltre, dato il contesto globale delicato con la guerra in Ucraina. La funzione del Copasir è insomma centrale e non si poteva traccheggiare: è in quella sede che il Parlamento viene informato sui decreti emanati relativamente all’invio di equipaggiamento militare all’esercito di Kiev. Così l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ha ottenuto l’agognata presidenza dell’organismo. Allo stesso tempo la commissione di Vigilanza Rai è finita in congelatore: bisognava definire ulteriori equilibri di ruoli. La chiave della commissione di inchiesta sul Covid è stata preziosa per sbloccare la situazione. Ma ancora di più la polemica sul presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, “ospite” al Festival. Perché ormai è noto a tutti che all’Ariston non son solo canzonette…