Biagio Mazzotta è il nuovo presidente di Fincantieri. L’economistai fnito nell’occhio del ciclone nelle ultime settimane dopo la notizia dell’esplosione della “bolla” del Superbonus, che il governo Meloni stima esser costato oltre 200 miliardi di euro è rimasto in sella fino all’1 agosto. Giorno della sua nomina alla presidenza di Fincantieri dopo la morte dell’ex titolare della carica, il generale Claudio Graziano.
La nomina al gruppo navale rappresenta un passaggio importante per colui che è stato a lungo uno dei “boiardi” di Stato di maggior peso nella burocrazia strategica legata al Ministero dell’Economia e delle Finanze. In qualità di Ragioniere Generale dello Stato, guida la struttura tecnica del Tesoro incaricata di bollinare ogni operazione finanziaria legata alle politiche di bilancio e allo sviluppo delle iniziative di governo connesse alla Manovra.
La lunga carriera da “uomo dei conti” di Mazzotta
Nato nel 1962 a Roma Mazzotta ha iniziato la sua carriera da studioso di Economia laureandosi alla Sapienza nel 1987 e avviando, due anni dopo, una carriera che lo avrebbe condotto per oltre tre decenni a essere protagonista delle dinamiche del Tesoro.
Come altri importanti esponenti della burocrazia economico finanziaria, come Fabio Panetta e Alessandro Rivera, Mazzotta ha svolto all’interno di questi mondi di fatto l’intero corso della sua carriera professionale, che lo ha portato a essere un funzionario di prima fascia. Dal 1989 ha svolto servizio nei ruoli della carriera direttiva del Ministero del Tesoro lavorando nella Ragioneria Generale dello Stato e nel suo servizio chiave: l’Ispettorato Generale per le politiche di Bilancio.
Tale struttura si occupa della predisposizione del bilancio di previsione annuale e pluriennale dello Stato, della revisione del budget, nonché del rendiconto generale dello Stato e del consuntivo economico. In suo capo, dopo ogni manovra politica devono essere valutate le procedure di predisposizione degli atti amministrativi di variazioni al bilancio e il coordinamento delle variazioni adottate dalle amministrazioni interessate da ogni iniziativa legislativa.
Negli ultimi anni la Ragioneria e il suo Ispettorato Generale hanno avuto in capo di fatto l’elaborazione e coordinamento degli schemi di legge finanziaria, dei provvedimenti ad essa collegati e degli altri provvedimenti legislativi di finanza pubblica. In tutti questi processi il volto molto poco noto di Mazzotta è stato, da decenni, centrale.
La Ragioneria al centro della scena
Dopo la Grande Recessione e la crisi dei debiti, la vigilanza strutturale sul bilancio italiano da parte di mercati finanziari, autorità europee e osservatori internazionali ha esaltato il ruolo della Ragioneria Generale. Divenuta, negli anni, l’invisibile “regista” dei conti. Tanto che due suoi ex titolari, Vittorio Grilli e Daniele Franco, sono stati chiamati alla guida di Via XX Settembre nei governi Monti e Draghi.
Organo vigilato con attenzione dal Quirinale, nella sua funzione di fatto di “garante” del debito pubblico da ogni avventura rischiosa per il Paese, la Ragioneria ha acquisito importanza frenando spesso gli ardori di molti esponenti politici. Nel 2014 la Ragioneria Generale dello Stato fece le pulci all’agenda del governo Renzi, venendo definita “macchina dell’austerità” da Dagospia e ridimensionando piani di investimenti e riforme per 20 miliardi di euro, a partire dal piano pensionistico di Quota 96. Nel 2019 toccò al governo Conte I vedersela con i tecnici di Via XX Settembre nel pieno della discussione con Bruxelles sul deficit, in cui la Ragioneria dissuase l’esecutivo gialloverde dalla linea dura nelle trattative su reddito di cittadinanza e Quota 100.
Mazzotta, in questi anni, era al lavoro. Da luglio 2007 a febbraio 2011 ha ricoperto l’incarico di Direttore del Servizio Studi Dipartimentale (SeSD) della Ragioneria Generale dello Stato e dal 2011 al 2019 è stato l’Ispettore Generale dell’ente, ovvero il responsabile del coordinamento delle operazioni interne.
Mazzotta al vertice della Ragioneria
Mazzotta nel 2019 è stato scelto da Giovanni Tria, allora titolare del Mef nel governo gialloverde, per sostituire Daniele Franco, chiamato al ruolo di vicedirettore generale della Banca d’Italia dietro Panetta. Nel “risiko” dei boiardi che ha visto Panetta andare a Francoforte nel board Bce e Franco divenire Ministro dell’Economia e delle Finanze con Draghi, Mazzotta è rimasto per quattro anni al suo posto.
Per anni si è ritrovato a “bollinare” gli extradeficit, in un’inversione a U rispetto al passato, quando l’obiettivo divenne la risposta alla crisi economica da pandemia. Un’agenzia chiamata a leggere minuziosamente tutti i dati e a “inseguire” rigore e norme puntigliose ha subito un rilassamento durante la fase di briglie sciolte dell’era pandemica?
La crisi del Superbonus colpisce Mazzotta
Questo è quello che i critici della Ragioneria di Mazzotta sottolineano nelle settimane in cui esplode, di nuovo, la grana del Superbonus e dei costi che sarebbero stati, dal 2020 al 2022, dalle quattro alle sei volte più ampi rispetto al passato.
Mazzotta è stato blindato da Giancarlo Giorgetti dopo la nascita del governo Meloni. Ma mano a mano che la questione Superbonus è stata sempre più resa centrale nel dibattito pubblico, Mazzotta è finito al centro del mirino.
“Il nostro paese ha sforato le previsioni del rapporto deficit/Pil”, ha scritto Stefano Marrone su queste colonne. L’Italia “in manovra aveva promesso a Bruxelles di non superare il 5,3%. Arriveremo, invece, al 7,2%. Abbiamo cannato di due punti percentuali. Stando al Sole24 ore, la situazione economica è talmente poco rosea che si ipotizza una Manovra bis, fuori dalla Legge di bilancio per recuperare fondi. Promette di essere “lacrime e sangue”, ma non per i palazzinari che ancora brindano per il Superbonus”. Tutto questo è caduto tra capo e collo addosso a Mazzotta, uomo che ha attraversato quattro governi finendo nel centro del mirino.
Il caso Mazzotta e il rapporto tra politica e tecnici sui conti
Il caso Mazzotta è istruttivo su molti punti di vista. Fino a che punto arrivano i tecnici e fino a che punto lo scrutinio politico? È il grande dilemma dei conti pubblici e del loro governo. Affidato a un ibrido tra strutture istituzionali e apparati slegati dal potere partitico che rende complessa la decisione e il vaglio in fasi complesse. Sul Superbonus, ma non solo.
Il passaggio a Fincantieri
L’1 agosto il cda di Fincantieri, su indicazione dell’azionista di riferimento Cdp Equity, ha scelto Mazzotta come nuovo presidente dopo la morte di Graziano. L’economista romano ha accettato dimettendosi dal ruolo al Mef.
Come riporta Il Fatto Quotidiano, a Mazzotta “sono state conferite deleghe in materia di rappresentanza istituzionale, supervisione della security aziendale e del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi. Inoltre, il Presidente concorrerà con l’ad alla definizione delle attività di comunicazione e relazioni istituzionali, alla definizione e allo sviluppo delle strategie nazionali e internazionali e alle attività di internazionalizzazione della società”. Una nuova sfida per il grand commis che sarà lontano, questa volta, dai conti pubblici ma sempre nel perimetro delle partecipazioni pubbliche partecipate e vigilate da quel Mef che Mazzotta conosce come pochi. E che è stato croce e delizia della sua carriera.