Perché questo articolo potrebbe interessarti? Sulla poltrona di presidente dell’Irccs “San Matteo” di Pavia, il governatore della Lombardia Attilio Fontana, ha decretato la riconferma di Alessandro Venturi. Quali sono le sfide che intende affrontare nel quinquennio che l’attende è stato l’argomento di un colloquio che il manager ha avuto con true-news.it.
Alessandro Venturi è stato riconfermato presidente dell’Irccs “San Matteo” di Pavia dal governatore della Lombardia Attilio Fontana. Avvocato e dottore di ricerca in diritto pubblico, Venturi è autore di diverse pubblicazioni scientifiche in materia di diritto pubblico generale, diritto amministrativo e diritto pubblico comparato, riguardanti — queste ultime — soprattutto il tema dei servizi di pubblica utilità alla persona e alla comunità, il rapporto tra conoscenze scientifiche e diritto, il diritto dell’ambiente e il governo del territorio. Ha partecipato e coordinato numerosi progetti di ricerca cofinanziati da enti pubblici e privati. “I professionisti della salute non mancano. Ma spesso si trovano nei posti sbagliati”. L’intervista.
Professore, partiamo da un’espressione da lei utilizzata qualche tempo fa: ha sostenuto che il San Matteo mira a un “meticciato di competenze”. Intende proseguire su questa strada?
E’ un percorso avviato durante il mio primo mandato che intendo proseguire. Si dice erroneamente che mancano i professionisti della salute e non è vero, forse ce ne sono anche troppi, la verità è che sono allocati nei posti sbagliati. Quello che non si dice è che il vero problema è il sistema di formazione delle professioni sanitarie, ancora troppo rigido. Oggi quello che serve per rispondere alla domanda di salute che i cittadini esprimono richiede sempre più un meticciato di competenze, sempre più la possibilità per un medico, nel corso della sua carriera di professionista, di fare esperienze diverse con contatti con colleghi di altre discipline. Aggiungo che è necessario anche fare esperienze in strutture diverse, non c’è più l’idea di un medico che nasce e muore in un ospedale con quella specialità, oggi è necessario lavorare in gruppi multidisciplinari.
Il San Matteo già lavora in questo modo?
Sì e i risultati sono ottimi. I gruppi multidisciplinari sono diventati anche occasione per valorizzare i professionisti del territorio. Il San Matteo è un ospedale hub, poi ci sono gli ospedali di Vigevano o di Voghera. Negli ospedali si dicono che non trovano professionisti. Perché non si trovano? Perché un professionista oggi vuol lavorare in un posto dove sa che può imparare qualcosa per aumentare le sue competenze, dove ha un maestro da seguire, dove c’è una casistica complessa. Noi abbiamo coinvolto anche gli ospedali territoriali e questo consente di fatto di coinvolgere i professionisti che lavorano in quegli ospedali in un percorso di casi che consente loro di essere parte di una grande squadra. I professionisti dell’hub possono andare sul territorio dove ci sono casi complessi oppure il caso complesso viene dirottato sull’hub.
Il San Matteo è stato costruito a padiglioni nel 1932 su progetto di Camillo Golgi, ma la prospettiva è quella di avere un tutte le specialità riunite in un unico polo. C’è già qualche data?
Entro il 2030 sarà realizzato il nuovo monoblocco. E’ già stato approvato lo studio di fattibilità e indetta una grande gara europea per la progettazione. Il polo conterrà il dipartimento cardio-toraco-vascolare ad alta intensità, la pediatria, un’area dedicata alla ricerca.
Continuerete a puntare sulle aree di eccellenza del San Matteo?
Il Policlinico San Matteo ha svariate aree di eccellenza, che sono quelle per cui ha avuto il riconoscimento come Irccs. Partiamo da una grande storia dell’ematologia, legata al trapianto di organi solidi e liquidi, collegati alle leucemie e ai tumori del sangue. Un’altra area importante è quella cardio-toraco-vascolare, abbiamo una forte caratterizzazione sull’area cardiologica, sia clinica che interventistica e una storica tradizione sulle malattie infettive. Continueremo a capitalizzare le conoscenze e a utilizzarle come know how per il futuro.
Le liste di attesa sono al centro della disputa politica…
Quando si parla delle liste di attesa si parla sempre negativamente di esse e nessuno ha mai capito in realtà cosa sono. Le liste di attesa sono uno strumento essenziale di politica sanitaria che serve per graduare l’accesso al sistema sanitario e ai servizi sanitari in funzione del bisogno, dell’urgenza di quel bisogno, bilanciando una pluralità di bisogni singoli. Io sono solito dire che la salute non è un bene privato, perché bisogna garantire a tutti i cittadini lo stesso diritto. Se io arraffo prestazioni sanitarie nel 70% dei casi inappropriate è chiaro che sto togliendo qualcosa a qualcun altro che magari di quella prestazione ha veramente bisogno. La lista di attesa è uno strumento che serve per graduare l’accesso al sistema, altrimenti se fosse un sistema a offerta illimitata, sarebbe insostenibile dal punto di vista economico.
A che punto è la Fondazione per il trasferimento tecnologico a Mind?
E’ stato nominato direttore Marco Baccanti, che vanta una esperienza clinica internazionale, scelto in passato dal governo australiano per fare questo tipo di lavoro. Noi lo abbiamo scelto perché crediamo che questa fondazione possa diventare veramente il volano per trasferire l’ottima ricerca che viene fatta in Lombarda nel mercato perché questo possa generare valore, ricchezza, posti di lavoro e soprattutto nuove prospettive di cura per i cittadini-