Siamo alla fine della prima delle due giornate di campionato di Serie A dei 5000 spettatori e possiamo dire, senza ombra di dubbio e senza dover nemmeno aspettare la prossima settimana per dire che si è trattato (per dirla alla Fantozzi) di «una cagata pazzesca». In questo senso.
Le immagini le abbiamo viste tutte: spicchi di stadi vuoti, deserti, e curve affollate come sempre. E con questo abbiamo mandato a ramengo qualsiasi tentativo o desiderio di efficacia sanitaria di questa iniziativa. Un uomo di calcio ha commentato con noi le immagini degli spalti girando una dichiarazione del premier Draghi, di pochi giorni fa, quella in cui diceva «non ha senso che i nostri figli non possano andare a scuola ma poi possano fare sport o vedersi in pizzeria». Ecco, stamattina, ci ha detto questo: «Non si può andare in ufficio o in classe, al chiuso, e non poter andare con una certa distanza allo stadio, all’aperto».
E quindi non ci resta, prima di guardare al futuro, di fare un passo indietro, breve, di pochi giorni.
Al momento in cui la Lega partorisce questa idea che, ora è evidente, era solo un contentino da girare al Governo. Un’idea nata dopo la famosa telefonata di Mario Draghi a Gravina settimana scorsa in cui arrivò la richiesta di sospensione del campionato, anzi, dei campionati, in nome della crescita esponenziale dei contagi.
Richiesta a cui Gravina avrebbe più o meno risposto così: «Io sospendo i campionati ma il Governo ci dà i soldi, i sostegni. Non come nella prima ondata in cui non abbiamo visto un quattrino. Altrimenti o continuiamo o il calcio muore, ma muore per davvero».
Così ecco partorita la madre di tutte le vie di mezzo: 5000 spettatori per due settimane, tempo che calino i contagi, per poi tornare a riaprire al 50% o al 75%.
Perché di questo stiamo parlando: un ritorno alla semi-normalità. E dal punto di vista medico-scientifico il calcio non è solo. Industria, negozianti ma anche diversi dottori e professori impegnati in prima linea contro il Covid chiedono un graduale ritorno alla normalità e di considerare la variante Omicron per chi ha tre dosi di vaccino un mezzo raffreddore, se non una mini influenza. Addirittura si discute sull’opportunità di liberare in maniera definitiva i positivi asintomatici.
Una palla che il calcio vuole prendere al volo per salvarsi, per regalarci quello che resta il nostro gioco preferito. Anche perché, ormai è chiaro, lo Stato non ha nessuna intenzione di mettere le mani in tasca e versare i soldi necessari alle società per sopravvivere.
Va poi aggiunto che è l’intero mondo dello sport ad essere ad un passo dal baratro: il basket ad esempio non sa come sarà il domani. Non il dopodomani, il domani, e di alcune squadre prestigiose dalla storia unica. C’è quindi un intero mondo da salvare e quindi, se lo Stato non può farlo di tasca propria, deve lasciare lo sport libero di provare a sopravvivere.
Quindi, per cortesia, facciamo passare anche la prossima giornata da 5000 spettatori ma poi apriamo gli stadi a chi ha tre dosi di vaccino almeno al 50% se non di più se la curva dei contagi dovesse (come dicono gli esperti) calare prima della fine di gennaio.