Non siamo cattivi o offensivi se diciamo che Tortona è una città per lo più sconosciuta agli italiani (a meno che non siate lombardi in transito per la Liguria ed allora ecco che alla mente vi verrà l’uscita dell’autostrada a metà tra Milano e Genova). Forse però qualcosa da questo punto di vista è cambiato dopo le Final Eight di Coppa Italia di basket con la Bertram Tortona arrivata a disputarsi una clamorosa finale con l’Olimpia Milano. Inutile dire che la coppa è andata ai ben più ricchi milanesi ma questo non toglie nulla alla favola della “Cenerentola” arrivata con gran merito al ballo.
Un successo legato a scelte intelligenti sul mercato con i dirigenti piemontesi abili nello scovare talenti italiani stranieri per lo più sconosciuti ad inizio stagione ma in grado di fare male, molto male. Basti pensare alla semifinale con la ben più ricca, famosa e strutturata Segafredo Virtus Bologna in cui Macura nel secondo tempo ha fatto letteralmente impazzire i vari Mannion, Teodosic, Weems, Belinelli, segnando a raffica da ogni dove; o pensiamo a Mascolo che ha avuto un impatto dieci volte superiore al più quotato (chissà poi perché) Paiola; per non parlare poi delle differenze in panchina con Sergio Scariolo ed il suo palmares da coach di livello mondiale da una parte e Marco Ramondino dall’altra. Un uomo che da solo impersona come meglio non si potrebbe la figura di Cenerentola.
Scelte intelligenti, visioni, entusiasmo, un mix che Tortona ha creato e sfruttato al meglio ma di sicuro non una novità.
Chi sono le Cenerentole del basket
Perché è ormai un decennio che il mondo del basket offre storie come questa. D’altronde da dieci anni il mondo della pallacanestro italiana ha perso tutti i suoi riferimenti. C’era infatti una volta Bologna, basket City, c’erano Varese e c’era Cantù. C’era anche Roma (per non parlare di Siena) e c’era Treviso, oltre alla sempre presente Milano. Ecco, tutto questo adesso non c’è più. Dietro l’Olimpia e la Virtus il resto è vuoto, soprattutto a livello economico. Le vicende societarie di Cantù sono note a tutti; Varese lotta per non retrocedere lanciando ragazzi del vivaio e con un budget da seconda categoria; la Fortitudo ha tornata da poco nella massima serie. Insomma, è cambiato tutto.
Storie bellissime ma malessere economico
E così in questo vuoto di potere ecco che, a turno, nascono storie bellissime. Tortona infatti non è un unicum. Che dire ad esempio dei recenti successi di Venezia, grande tradizione ma budget limitato. O che dire dell’Auxilium Torino, vincitrice della Coppa Italia 2018 ed oggi scomparsa dai radar. O della Vanoli Cremona nel 2019, per non parlare di Sassari che nel 2015 si è addirittura cucita sul petto il Tricolore.
Storie bellissime, uniche, che raccontano però un malessere economico. Olimpia e Virtus (grazie alla passione e ai denari di Armani e Zanetti) vivono in un mondo a parte. Le altre giocano non per vincere, ma per sopravvivere. Spazio per le favole ce ne sarà quindi sempre di più. Ma il malessere di fondo nell’intero sistema, resta.