Perché leggere questo articolo? Qualificatosi in Europa, il Bologna deve l’impresa agli investimenti del patron canadese. Che ora, dopo il centro tecnico, punta allo stadio.
Qualificatosi in Champions League proprio in vista della stagione nella quale la principale competizione europea per club diventerà più ricca, il Bologna scoprirà dal prossimo settembre latitudini calcistiche dimenticate, ma soprattutto il suo fatturato, nel 2025, è destinato a esplodere. Un’opportunità per l’immagine del club, proprio quando, in ottobre, si celebreranno i dieci anni dell’acquisto del club da parte dell’imprenditore canadese Joey Saputo, che – con Joe Tacopina come facilitatore dell’operazione – rilevò il Bologna in B nell’autunno 2014 dall’allora presidente Guaraldi, con un’operazione da circa 18 milioni necessaria per rilevare le azioni del club dai soci di allora (6 milioni) ed effettuare un aumento di capitale immediato. Saputo, ai tempi, disse che in dieci anni avrebbe riportato il club in Europa: obiettivo raggiunto, e da cronoprogramma. Ma quanto e come ha investito la proprietà canadese nel Bologna nel corso di questo decennio?
Le cifre e gli asset immobiliari del Bologna
Ora, posto che per Saputo, il cui patrimonio sfiorava i 5 miliardi nel 2023 (stando ai dati di Forbes), il Bologna non è il fulcro delle attività dell’impero di famiglia, la Saputo Incorporated, colosso del settore caseario, il suo impegno dall’acquisto del club a oggi è stato stimato in circa 300 milioni, tra aumenti di capitale, finanziamento soci e versamenti in conto capitale. Nel corso degli anni il club ha aumentato il proprio valore e il proprio patrimonio, anche grazie alla presenza di nuovi asset immobiliari come il centro tecnico di Casteldebole, ma ha anche visto, al netto del Covid, un rilevante aumento dei ricavi, nonostante il risultato netto sia sempre stato in perdita (nel 2019-20 per 39,5 milioni di euro, record negativo della sua presidenza).
Il bilancio 2022-23 del Bologna ha fatto rilevare una perdita di 16,3 milioni di euro, con ricavi operativi (dunque al netto delle plusvalenze nelle operazioni di compravendita dei giocatori) di 82,8 milioni, oltre 17 milioni in più rispetto all’esercizio precedente. Con un costo del lavoro di 69 milioni, l’ultimo bilancio (qui nel dettaglio), ha mostrato un margine operativo lordo positivo per 18,4 milioni di euro; il margine operativo netto, dopo aver registrato gli ammortamenti di competenza, è negativo per 13,5 milioni di euro. La perdita netta risulta così pari a 16,3 milioni contro 46,7 milioni di euro dell’esercizio 2021-22. A prescindere dagli aspetti di campo, dunque dal valore e dall’identità dei calciatori e dello staff che hanno reso possibile la qualificazione in Champions, vale la pena ricordare un paio di aspetti extra campo.
L’acquisto del centro sportivo nel 2016
Notoriamente, il Bologna si allena presso il centro tecnico di Casteldebole, intitolato dal 2001 Nicolò Galli, calciatore della Primavera rossoblù (e figlio dell’ex portiere Giovanni) con alle spalle già l’esordio in A, morto nel febbraio 2001 in un drammatico incidente stradale in città. A Casteldebole, che è anche sede del club, il Bologna è rimasto in affitto anche durante le ere segnate dalle proprietà di Corioni, Gazzoni, Cazzola e Menarini. Solo Saputo, nel 2016, ha deciso di acquistarlo (dalla Galotti SpA), inserendolo fra gli asset immobiliari del club: fu di circa 4 milioni il costo dell’operazione, contemporanea peraltro ai lavori di ristrutturazione, voluti proprio dalla proprietà canadese, un investimento nel biennio successivo di altri 6-7 milioni che ha portato all’ampliamento, con la costruzione di nuovi campi e di nuove strutture. Una scelta del genere rappresenta un’opera di consolidamento patrimoniale non banale.
Il progetto stadio
Da tempo ormai, come consuetudine italiana, il Bologna sta portando avanti il progetto-stadio, anch’esso centrale nella visione di Saputo. Il progetto risale a cinque anni fa, e solo un mese fa è arrivata l’approvazione dell’ultima variante urbanistica necessaria da parte del Comune: il Dall’Ara verrà significativamente ristrutturato, attraverso un raddoppio dei volumi (306 mila metri cubi, copertura esclusa, contro i 158 mila attuali), l’eliminazione della struttura metallica e del terzo anello costruiti per Italia 90 (a riprova di quanto, allora, certe scelte fossero già vecchie in partenza), oltre che della pista di atletica, l’adeguamento sismico della torre Maratona e una riduzione dei posti da 36 mila a poco più di 30 mila, ma tutti a sedere e coperti.
I costi? Inizialmente, nel 2019, si ragionava su 90 milioni a carico della società e 40 a carico del Comune di Bologna. Dopo la pandemia, i costi sono aumentati e si possono stimare attorno ai 200 milioni: saranno sempre 40 quelli garantiti dal pubblico, il resto toccherà a Saputo e al club. Che, prima, dovranno però costruire lo stadio temporaneo da 16 mila posti – da utilizzare durante la ristrutturazione del Dall’Ara – nell’area Caab, dove sorge anche Fico. Tempistiche tutte da definire, ma è difficile ipotizzare il nuovo Dall’Ara prima del 2029.
Le contestazioni alla dirigenza del Bologna
Logico che oggi Saputo venga considerato dai tifosi rossoblù un re Mida, ma la crescita societaria e tecnica – passo dopo passo: Di Vaio, Sabatini, Sartori, Mihajlovic, Motta – del Bologna è figlia di un lavoro paziente e non facile da parte del club. La piazza oggi in delirio, magari, dimentica i diversi striscioni di contestazione appesi a Casteldebole in questi dieci anni (l’ultimo un evocativo “Where the hell are you, Mr. President?”, dell’ottobre 2022), quando si invocava una maggiore presenza in città di Saputo – che, per ovvi motivi di business, ha epifanie bolognesi non troppo frequenti – o le croci con i nomi di Di Vaio, Fenucci e Bigon – solo quest’ultimo non è oggi più al Bologna – comparse fuori dal centro sportivo nel 2018.
Al di là dello striscione del 2022, la curva spesso ha precisato di contestare altre figure dirigenziali, non quella di Saputo, ma considerando che Di Vaio e Fenucci ne sono da tempo l’emanazione, essendo suoi uomini di fiducia, è evidente la pretestuosità dello stralcio. Ma il tifo è così: guarda al campo, alle ambizioni, al presente, e in effetti per anni il presente del Bologna è stato mediocre. Ma sono stati passi in un percorso a medio termine, in attesa di capire dove porterà il lungo, se a un consolidamento o una normalizzazione.